Cari amici, gli Stati Uniti sono in bancarotta.
A volte riesco a trovare articoli che riescono a spiegare la realtà, al di là della propaganda che ci propinano come “analisi tecnica”.
Di seguito segnalo volentieri un articolo tratto da Wall Street Italia, che descrive in modo brillante la situazione finanziaria degli Stati Uniti, di cui ho già pubblicato diversi articoli.
Non c’ è nulla di nuovo sotto il sole, a parte la chiarezza del linguaggio.
Gli Stati Uniti sono in bancarotta.
Devono cambiare strada radicalmente sulla scia di ciò che noi in Europa stiamo cercando di riformare (Aumento delle tasse, riforma del sistema pensionistico, riduzione del deficit di bilancio dello stato).
Ciò che ancora non si ammette chiaramente, è che la nostra economia finanziaria è fondata sul debito.
Questo non ce lo possiamo più permettere.
I rubinetti della finanza mondiale non potranno restare aperti per sempre, alimentati dalla politica delle banche centrali che privatizza il valore finanziario degli Stati per alimentarsi.
Questa truffa legalizzata ruba valore finanziario allo stato.
Infatti, attribuisce debiti pubblici da pagare con le tasse al fine di mantenere in equilibrio le istituzioni finanziarie private.
E’ questo il motivo di fondo che, anno dopo anno, impoverisce la gran massa della popolazione.
La quale, di fatto, viene privata di potere d’ acquisto per pagare debiti statali contratti per mantenere in equilibrio il sistema finanziario privato.
Questo non è soltanto un problema americano!
In futuro, tra venti, trent’ anni, di questo passo lo stato non avrà i soldi per pagare le pensioni che oggi stanno maturando.
E quando non si hanno i soldi per pagare non ci sono alternative: Non si paga!
Pertanto, detto in parole semplici, abbiamo l’ esigenza di cambiare le regole del gioco che redistribuisce il valore finanziario, perchè non è più sostenibile.
Wall Strett Italia
Inutile temere sul futuro dell’economia americana.
Gli Stati Uniti sono già in bancarotta.
La dichiarazione è forte e non vuole certo gettare panico tra gli operatori.
Ma val la pena capire le basi del ragionamento di colui che lancia l’allarme (a dire il vero, non e’ il solo) dalle colonne di Bloomberg: Laurence J. Kotlikoff, professore di economia alla Boston University.
L’idea chiave è la seguente: il deficit di bilancio Usa è 15 volte superiore a quello ufficiale.
Una possibile soluzione per rimettere ordine passa attraverso quattro mosse, purche’ siano radicali e riguardino tasse, settore della salute, sistema pensionistico e comparto finanziario.
Andiamo con ordine, partendo da una nota del mese scorso del Fondo Monetario Internazionale sulle politiche economiche degli Stati Uniti.
Nel sommario di questo rapporto annuale, ricorda Kolikoff, c’era l’invito alla classe politica a una stabilizzazione fiscale attraverso aggiustamenti “piu’ ampi dei costi stimati”.
Un esempio: “chiudere il deficit richiede un aggiustamento fiscale permanente del 14% del Pil Usa su base annuale”.
Insomma, per ripianare tale deficit, frutto della differenza tra spese e ricavi programmati per il futuro, secondo il professore di economia, sarebbe necessario un immediato e permanente raddoppio di redditi personali e tasse federali e aziendali.
Un simile aumento delle tasse porterebbe gli Stati Uniti a un surplus del 5% del Pil quest’anno invece di un deficit del 9%.
Parafrasando la nota del Fmi, Kolikoff suggerisce che gli Usa hanno bisogno di una bella fetta di surplus per un bel po’ di anni per poter pagare le spese di bilancio.
E più si aspetta per porre rimedio alla situazione fiscale attuale più la stessa peggiorerà.
Il disavanzo fiscale calcolato dal professore della Boston University e’ 15 volte superiore a quello ufficiale: $202 mila miliardi.
Si tratta di una discrepanza “non sorprendente:
Riflette ciò che gli economisti chiamano “labeling problem”.
E’ un po’ come se tutto dipendesse da che cosa prendere in considerazione per ottenere un determinato dato.
“Il Congresso e’ stato molto attento negli ultimi anni ad etichettare i suoi passivi in modo tale da tenerli al di fuori dal proprio bilancio e così farà nel futuro” ha spiegato Kolikoff.
Perchè la cifra è cosi’ ampia?
Semplice, spiega l’economista: negli Usa ci sono 78 milioni di baby boomer che, quando saranno tutti in pensione, riceveranno benefici in termini di Social Security, Medicare e Medicaid.
Tutti programmi statali il cui costo supererà il Pil pro capite: $4 mila miliardi all’anno.
“L’economia americana potrà anche crescere da qui a 20 anni ma mai così tanto da poter gestire costi di questa portata anno dopo anno”, ha scritto su Bloomberg il professore.
“Questo è il risultato dell’applicazione di una sorta di Schema Ponzi che va avanti da 60 anni:
Prendere risorse dalla popolazione più giovane per darla a quella più vecchia”.
E, citando Herb Stein, presidente dello staff degli economisti alla Casa Bianca ai tempi di Richard Nixon, Kolikoff avverte: “ciò che non può andare avanti verrà fermato”.
Il punto è che lo si fermerà troppo tardi e con modalità non piacevoli.
Tre le possibilità:
“Ingente sforbiciata dei benefici legati al pensionamento dei baby boomer, incremento astronomico delle tasse ed enorme quantità di moneta da stampare da parte del governo per coprire i buchi nei propri conti”.
Insomma, un piano lacrime e sangue che non solo ricorda la situazione greca, peggio.
Povertà, tasse, costo del denaro e inflazione cresceranno.
Una strada “terribile” da percorrere senza se e senza ma, perchè gli “Stati Uniti si trovano in una situazione fiscale peggiore della Grecia”.
L’economista conclude criticando i keynesiani convinti che stimoli fiscali ulteriori non inficerebbero la capacità di gestione del deficit stesso.
“Il nostro paese è finito”, è la perentoria conclusione.
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