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La croce di Cristo

don Paolo Curtaz scrive…

Tutto di Dio, Gesù difende il Padre contro la visione gretta e approssimativa che ne abbiamo.

Ma non bastano i miracoli (ambigui), nè la tenerezza (fragile), nè la predicazione (controversa) degli anni di vita pubblica.

Gesù arriva alla fine dei suoi intensi tre anni con un pugno di mosche in mano: L’ umanità non ha capito.

I suoi discepoli, preziosi e amati, sono fermi alla contraddizione del potere e della gloria e inchiodati al proprio (evidente) limite; i capi religiosi ne avvertono la forza destabilizzante; la folla segue il vento della moda.

Gesù non ha alcuna possibilità di farcela, la sua scommessa è persa.

Non è servito, non è bastato, non è sufficiente tutto l’ amore che ha donato.

Forse aveva ragione l’ avversario, là nel deserto: troppo ingenuo questo modo di operare.

Davvero Dio pensava di trattare con gli uomini alla pari? Di aprire il loro cuore col sorriso?
Di presentarsi vulnerabile?

La scelta da fare, ormai, è una sola: andarsene, rinunciare, gettare la spugna.

Occuparsi – chissà – di un altro mondo. Oppure…

Oppure lasciarsi travolgere, sparire, morire.

Lasciare che le tenebre vincano, lasciare che le cose prendano la loro piega, osare.

Osare fino a morire appeso ad una croce, fino all’ eccesso.

Altro è dire “Dio vi ama!”, altro morire.

Altro dire: “Il Padre vi perdona!”, altro pendere, nudo, da un palo.

Una cosa parlare, un’ altra morire. Urlando.

Una cosa predicare, un’ altra vivere fino in fondo ciò che si è predicato.

Capiranno gli uomini? O Dio sarà uno dei tanti sconfitti della storia, dimenticati?

La posta in gioco è immensa: l’ esistenza stessa di Dio.

Quanti crocefissi sono morti nella storia antica?
Cinquecentomila?
Un milione?
Di quanti di loro ricordiamo il nome e la vita?
Di nessuno.

Il rischio che Dio corre in quell’ ultimo gesto è quello di scomparire per sempre.

L’ uomo avrebbe continuato a immaginarsi Dio con un volto identico ai propri desideri e alle proprie paure.

Gesù accetta, rischia, si dona.

Forse sarà tutto inutile, come insinua l’ avversario nell’ orto degli ulivi.

Forse.

L’ agonia di Gesù, nell’ orto degli ulivi, l’ agonia che lo fa sudare sangue, è tutta lì, in quella scelta.

Non nel dolore che Gesù deve affrontare, non nel senso di abbandono da parte dei suoi, no.

Francamente; conosco persone che hanno sofferto molto di più e molto più a lungo di Gesù.

Io credo che il dolore, inaudito, che Gesù prova, nasca dal dubbio dell’ inutilità della sua scelta definitiva.

L’ avversario, che torna ora che è giunta l’ ora, cerca di scoraggiarlo: “E’ tutto inutile”.

Inutile; non vedi che ti stanno venendo a prendere per arrestarti?

Inutile; i tuoi stanno dormendo, non hanno capito la gravità della situazione.

Inutile; l’ uomo non cambierà mai.

Gesù accetta, corre il rischio, si dona. Morirà.

Lì, appeso alla croce, Dio è evidente, inequivocabile, non vi è alcuna possibilità di ambiguità.

Il cuore della passione di Cristo è l’ amore, non la violenza.

Gesù muore affidando al Padre il proprio cuore, e donando a noi lo spirito.

Dio è evidente; osteso, mostrato, nudo.

Dio è così, amici; arreso.

A noi, ora, la prossima mossa.

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