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La costruzione dei flauti

In una situazione di penuria, di scarsità, a chi dare un flauto?

Darlo a chi l’ ha prodotto? Nel senso che se lo tiene, è suo, lo ha fatto lui; ci guadagna, lo vende.
Su questo modello si costruiscono tutte le economie liberali: ognuno deve trarre beneficio da quello che produce.

Oppure l’ altra tesi: lo dobbiamo dare a chi lo sa suonare, perchè chi lo sa suonare valorizza una sua capacità e, nello stesso tempo, permette agli ascoltatori di godere di questa capacità? In questo caso è due volte utile: utile al soggetto e utile come bene collettivo, perchè il proprietario non lo suona e se lo do a chi non lo sa suonare, non valorizza le sue capacità e e fa otturare le orecchie a quelli che sentono.
Questo è il modello utilitarista.

Oppure bisogna darlo a chi non ha nessun oggetto, che è nella totale penuria, perchè anche se non lo sa suonare lo potrà usare per giocare, perchè bisogna fare uguaglianza, ci vuole equità, e in qualche modo bisogna cominciare? Diamolo all’ indigente, magari lo imparerà a suonare.
Questo è il modello egualitario welfarista.

Ma Aristotele fa qualcosa che le tradizionali teorie economiche non fanno: dare lo strumento per valorizzare non il soggetto che lo suona, nè l’ ascoltatore che lo ascolta, ma per valorizzare le capacità immanenti al flauto in quanto oggetto, perchè merita per quel che è, strumento da suonare, d’ esser suonato bene.

Quindi non l’ interesse individuale, ma il rispetto per la cosa; darlo per rispettare le qualità del flauto, non per il risultato.

E questa è l’ ecologia; il rispetto per qualsiasi ente perchè, valorizzando qualsiasi ente, noi preserviamo i beni della terra.

Perchè soltanto quando noi metteremo gli uomini e le cose nelle condizioni di esprimere quello che nella natura è già precontenuto, allora avremo valorizzato la natura, che non è altro che la dimensione del nascere, del generare, del produrre, del sanare, del conservare, e, alla fine, del sapere morire.

Bisogna essere persuasi che la pretesa di liberarci dalla morte, infliggendola agli altri non ci salva dalla morte e distrugge il mondo.

Nel sapersi consegnare non c’ è una fine, ma c’ è la capacità di una rigenerazione infinita della vita attraverso la vita.

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