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Caduta del muro di Berlino; Vittoria dell’ internazionale

Oltre il Muro, la festa della libertà
La capitale tedesca rievoca la ritrovata unità ma esalta allo stesso tempo il suo dinamismo

Cari amici,

Che cos’ è la libertà?

Vi sentite “liberi” nel sistema del cosiddetto “libero” mercato?

….ripeto, …cos’ è la libertà?

Cosa farà una “libera” volpe, chiusa in un “libero” mercato, in mezzo a tante “libere” galline?

Sento molto parlare di soldi, e troppo poco di persone!

Tutto è in vendita, ma solo a condizione che non si guardi troppo al contenuto!

Una volta il cosiddetto “popolo della libertà” doveva fare i conti con un’ altra ideologia totalizzante: Il comunismo!

Per quanto ideologica, il partito comunista rappresentava una speranza per milioni di persone sfruttate da un sistema ingiusto e immorale.

Oggi il capitalismo ha vinto!

Il muro di Berlino è stato abbattuto!

Pertanto per i poveri non c’ è più una “speranza” politica.

Per me, che essendo italiano, respiro una cultura cattolica, la speranza rimane scritta a chiare lettere nel vangelo:

“Guai a voi, ricchi, perchè avete già la vostra consolazione” (Ossia vi tenete per voi la troppa ricchezza che avete “vinto” al mercato, non la condividete con chi non ha nulla, siete egoisti e vi vantate di esserlo).

Oggi, in questa giornata così significativa, ci vogliamo fare questa domanda:

Come fare a far diventare “norma” una ripartizione del valore finanziario che non sia iniqua valutazione capitalistica del potere, ma bensì riconoscimento del valore umano, sociale e naturale di tutti?

A mio giudizio, è necessario ripensare al “mercato” in una logica di potere, e non di regole!

La logica di mercato, infatti, si sviluppa nella lotta tra chi perde e chi guadagna.

Chi “guadagna” di solito è già ricco, intelligente, ammanicato con i poteri forti, influente verso il diritto che dovrebbe essere imparziale, …ossia imbattibile!

Chi “perde” invece, di solito non ha nulla, al di là della propria vita, da accampare come diritto.

L’ unico vantaggio che possiede il “perdente” è la compagnia della stragrande maggioranza della popolazione mondiale; pertanto ha il potere di organizzarsi per cercare di costruire un mondo più giusto ed abitabile.

E questo non è “comunismo”, ma bensì ribellione “contro” il capitalismo!

Corriere della sera

BERLINO — In queste ore Berlino si sente unica, speciale come capita a chi sa di essere sotto gli occhi del mondo. E tutta la Germania è in festa per celebrare i vent’anni di una data della quale finalmen­te non si deve vergognare. An­zi, una delle date più belle del drammatico Ventesimo Seco­lo: il 9 novembre 1989, quan­do cadde il Muro e si trascinò all’inferno Cortina di Ferro, co­munismo, Guerra Fredda. Og­gi saranno in città decine di leader politici: quasi tutti i go­vernanti europei, il presidente russo Dimitri Medvedev, la se­gretario di Stato americana Hil­lary Clinton. Non ci sarà Ba­rack Obama, che ha preferito un viaggio in Asia. Ma impor­ta poco: sarà soprattutto una festa di popolo, quello che la notte di vent’anni fa lasciò alli­bito il mondo quando iniziò ad attraversare la frontiera da Est a Ovest.

Il cuore delle celebrazioni sa­rà la Porta di Brandeburgo, simbolo della divisione in due dell’Europa per almeno qua­rant’anni. Lì, il Muro cadrà di nuovo: più di mille parallelepi­pedi di polistirolo alti due me­tri e mezzo, dipinti da artisti ma soprattutto da giovani stu­denti, sono stati installati da due giorni, pronti a cadere ver­so sera in un effetto domino che passerà per il Reichstag, la Porta di Brandeburgo, il me­moriale all’Olocausto e arrive­rà nella Potsdamer Platz. Il Mu­ro passava di lì e questi sono simboli potentissimi della sto­ria che respira ogni giorno chi cammina per la città. La spinta alla prima pietra del domino la darà Lech Walesa: all’estre­mo opposto, a ricevere l’ulti­ma tessera, ci sarà il presiden­te della Commissione europea José Manuel Barroso.

La capitale tedesca oggi glo­rifica implicitamente anche se stessa. La più colpita tra le cit­tà europee dalla combinazione della tragedia nazista e del regi­me comunista che l’ha divisa in due per 28 anni, inizia final­mente a trovare la sua identità, molto più che nell’anniversa­rio del decennale, quando era ancora un cantiere sociale e po­litico. Oggi non è solo una del­le capitali del mondo: è soprat­tutto la più diversa, sul confi­ne tra l’Occidente e la steppa russa, cancello delle culture eu­ropee più originali, meta dei giovani, degli artisti poveri e di chiunque disperato va in cer­ca di un simbolo di libertà. La festa di oggi si chiama appun­to Festa della Libertà.

Dopo il grande domino, si terrà una catena umana, poi un concerto alla Porta di Brandeburgo, diretto da Daniel Barenboim con l’in­tervento di Klaus Maria Brandauer. Poi, i fuochi d’artificio a chiusura di alcune giornate che hanno visto un grande concerto degli U2, la catena di fazzoletti annodati, simbolo di lacrime, addii e divisioni, il restau­ro dei graffiti sulla porzione più lun­ga di Muro rimasta in piedi, la East Side Gallery. Non è che i politici, ricevuti da Angela Merkel, oggi ascolte­ranno solo la musica. Tra loro parleranno di Iran e Afghani­stan. E vorranno mandare mes­saggi planetari. Ma da Berlino ne esce uno che non appartie­ne ad alcun uomo o donna di governo: come ha detto il sin­daco Wowereit, questa città racconta che i Muri possono cadere, ovunque e non impor­ta quanto siano alti.

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