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La tolleranza al rischio, semplicemente, evapora

 

Cari amici,

I mercati finanziari sono dominati dall’ egoismo e dall’ indifferenza.

Il movimento degli operatori è motivato dalla ricerca di profitti immateriali, ossia non legati all’ economia reale.

E’ importante ricordare molto bene che i responsabili dell’ andamento delle quotazioni di borsa internazionali sono pochissimi, in confronto di tutti coloro che partecipano direttamente o indirettamente al processo produttivo della ricchezza mondiale.

Si può benissimo parlare di oligarchia finanziaria inconsapevole, in quanto gli operatori di borsa raramente pensano loro stessi come “casta” che sfrutta le logiche finanziare per dominare l’ economia mondiale.

Questa situazione, al giorno d’ oggi, si può scoprire con facilità, perchè gli operatori finanziari sono diventati allergici al rischio che deriva dallo svolgimento della loro attività.

Il periodo delle vacche grasse per loro è finito, però loro non vogliono accettarlo.

Visto dall’ ottica dell’ economia reale, il debito che è stato creato dai processi finanziari degli ultimi 20 anni è divenuto insostenibile, e quindi virtualmente inesigibile.

Gli USA, la Grecia, la Spagna, e gli altri paesi più indebitati del mondo non hanno la possibilità di rimborsare i propri debiti che hanno contratto nei confronti dei mercati finanziari.

Le banche centrali di tutto il mondo non potranno continuare a stampare moneta senza alcun riferimento oggettivo sulle attività economiche reali.

Prima o poi questa situazione arriverà ad un punto di rottura, e si verificherà un’ inflazione galoppante globale (dal dollaro all’ Euro), che riporterà i debiti in una giusta prospettiva di riferimento con l’ economia reale.

Detto in termini più semplici, i debiti pubblici dei paesi indebitati, a seguito dell’ inflazione, si ridurranno di conseguenza, e ritorneranno ad essere proporzionali all’ economia reale delle società che questi debiti li devono pagare.

Resta da domandarsi perchè le società che non hanno creato i debiti, se li ritrovano lo stesso pesantemente addosso.

….ma questa è un altra storia!

Wall Street Italia

Confortati in qualche modo dalla chiusura al rialzo che Wall Street è riuscita ad archiviare lo scorso venerdì, i listini azionari europei hanno avviato la settimana tentando la strada dei guadagni.

Ma l’incertezza è palpabile e nessuno si fa false illusioni.

A dimostrare il forte momento di tensione che attanaglia gli investitori di tutto il mondo non sono infatti solo la turbolenza e la volatilità che assillano i listini azionari e il mercato dei cambi. Indicazioni più che chiare del brutto momento che il sentiment in generale sta vivendo arrivano infatti – e come poteva essere altrimenti – anche dal mercato del credito.

Tali indicazioni sono decisamente negative, come fa notare Bloomberg in un suo articolo.

Basti pensare che, molto probabilmente, le vendite dei corporate bond chiuderanno il mese di maggio con la peggiore performance in un decennio; e che i rendimenti relativi stanno balzando al ritmo più elevato dai tempi – e la sola parola fa accapponare decisamente la pelle – del collasso di Lehman Brothers.

Il motivo alla base di questa situazione è il solito e porta il nome di crisi di fiducia o di avversione al rischio.

In un contesto in cui si parla ogni giorno dei debiti europei e in cui a essere agitato ovunque è lo spettro dei Piigs, la fiducia degli investitori non riesce, infatti, a imporsi con convinzione.

I dati di Bloomberg indicano così che le stesse società hanno emesso nel mese di maggio obbligazioni per un valore di 47 miliardi di dollari, in calo rispetto ai 183 miliardi di dollari di aprile e al minimo dal dicembre del 1999.

Contemporaneamente, l’indice Global Broad Market compilato da Bank of America Merrill Lynch, segnala come la fiducia dei potenziali sottoscrittori di bond è talmente malconcia che il rendimento extra che viene assicurato ai detentori dei bond – ovvero il differenziale in più rispetto ai rendimenti dei titoli di stato – si appresta a registrare la crescita maggiore dall’ottobre del 2008. (appunto, i tempi del crollo di Lehman).

I numeri parlano chiaro.

L’indice mostra che, al momento, i rendimenti sui corporate bond si attestano in media a un valore superiore di 188 punti base rispetto ai rendimenti assicurati dai titoli di stato; il differenziale è dunque cresciuto in modo sostenuto dai 142 punti base toccati lo scorso 21 aprile, e la velocità del rialzo è stata per l’appunto la più elevata dall’ottobre del 2008 (quando l’incremento fu di ben 108 punti base).

A essere più penalizzati, continua Bloomberg, sono soprattutto i junk bond emessi negli Stati Uniti: in questo caso gli spread sono arrivati a salire questo mese di 141 punti base fino a quota 702.

William Cunningham, responsabile delle strategie del credito e della divisione di ricerca dell’unità di investimento di State Street a Boston, parla così in una intervista a Bloomberg di una “crisi di liquidità” e continua: “Non è inconcepibile immaginare una situazione in cui i mercati si comportano in questo modo, in cui a essere sotto pressione è la liquidità e in cui la tolleranza al rischio, semplicemente, evapora, soprattutto in Europa”.

Gli fa eco Peter Chatwell, strategist dei tassi di interesse di Credit Agricole Corporate and Investment Bank di Londra. “Stiamo assistendo a una intensificazione dell’avversione al rischio e anche a un allargamento dell’avversione al rischio nelle varie categorie di asset”.

E uno specchio di tutto ciò è lo stesso Libor per i prestiti in dollari a tre mesi che, lo scorso 21 maggio, ha testato il massimo dal 24 luglio. Un record che conferma la nuova riluttanza delle banche a erogare prestiti.

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