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Lettera offensiva dei condomini: l’amministratore doveva capire di essere il destinatario

Lettera offensiva dei condomini: l’amministratore doveva capire di essere il destinatario

Alcuni condomini di uno stabile vengono condannati per aver diffamato l’amministratore: in particolare, essi avrebbero leso la sua reputazione scrivendogli una lettera, poi divulgata a tutti i condomini, con la quale chiedevano la convocazione di un’assemblea straordinaria e accusavano l’amministratore, tra l’altro, di aver illegittimamente soppresso una servitù e di aver tenuto un comportamento irresponsabile causando disagi a tutti i condomini e facendosi i propri comodi.

I condomini imputati ricorrono per cassazione.

La questione fondamentale posta all’attenzione dei giudici di legittimità riguarda la tempestività della querela presentata dall’amministratore: la giurisprudenza afferma che il termine in questione decorre dal momento in cui il titolare ha conoscenza certa del fatto – reato nella sua dimensione oggettiva e soggettiva, in modo che egli sia in possesso di tutti gli elementi di valutazione necessari per determinarsi. In generale, dunque, lo spazio lasciato alla persona offesa non può essere indebitamente compresso a danno di questa, ma neppure può essere dilatato ad opera di interpretazioni sfumate e non ancorate a criteri precisi.

Ciò premesso, la Cassazione (sentenza 12318/13) rileva che nel caso di specie i giudici di Appello hanno rigettato l’eccezione di tardività basandosi sul fatto che la ricezione della missiva da parte dell’amministratore il 4 dicembre 2004 non sarebbe stata sufficiente ad integrare la conoscenza da parte dello stesso del fatto – reato commesso, dal momento che nella lettera egli non era menzionato quale destinatario delle espressioni offensive: tale consapevolezza, infatti, sarebbe stata raggiunta solo successivamente e cioè nel corso dell’assemblea del 22 dicembre 2004.

A giudizio degli Ermellini, la motivazione è del tutto illogica, specie per quanto riguarda l’affermata impossibilità per l’amministratore di avere, prima della citata assemblea, elementi certi dai quali dedurre di essere il destinatario delle espressioni offensive: a tal proposito la stessa Corte territoriale afferma che nella lettera si faceva riferimento a una situazione datata nel tempo, risalente alla delibera del 21 aprile 2004 e pertanto già oggetto di accese discussioni.

La contestazione della manomissione della servitù di scolo, infatti, era stata oggetto di più assemblee condominiali tenute nel corso del 2004, ma i cattivi rapporti tra condomini e offeso in ordine alla soppressione di tale servitù non sono stati oggetto di approfondimento in sede di istruttoria, nonostante le ripetute richieste difensive: per questi motivi la Cassazione annulla la sentenza impugnata e quella di primo grado per mancanza della condizione di procedibilità.
http://www.lastampa.it/2013/07/08/itali … agina.html

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