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L’ economia è come la politica, o la fai o la subisci

Cari amici,

Non è facile capire la realtà economica, se mancano gli strumenti di informazione adeguati.

Ed oggi l’ informazione a mio giudizio è confusa.

Si parla molto di debito, e molto poco di debitori.

Il cosiddetto “mercato” appare una realtà intoccabile, che comanda la politica dei governi, e condanna i cittadini a subire una politica che taglia le spese sociali.

Eppure il mercato è gestito da enti finanziari, i quali dovrebbero essere soggetti alla politica.

Ecco che, pertanto, è necessario fare chiarezza: anzittutto è opportuno affermare che l’ economia e la politica non hanno nulla in comune con la giustizia sociale.

L’ economia e la politica, in pratica, sono competizioni tra soggetti con interessi diversi e contrapposti, e si oppongono in una trattativa serrata a somma zero (ossia quello che si mangia uno, l’ altro non se lo mangia).

In questa prospettiva, diventa chiaro il perchè in assenza di leggi certe e di una politica sociale condivisa, chi è ricco assume una posizione predominante nei confronti di chi è più povero.

Ed ecco che diventa anche chiaro che la questione del debito pubblico non riguarda solo i paesi debitori, ma anche i creditori che posseggono questi titoli che sempre più assomigliano a montagne di cartaccia senza valore.

Il caso della Grecia è emblematico; fallita ormai da molti mesi, ci si ostina a tirare avanti nella speranza che “qualcosa” succeda, qualcuno metta i soldi, e così le banche creditrici non falliscano.

Gli Stati potrebbero facilmente risolvere la situazione, nazionalizzando le banche fallite, proteggendo i risparmiatori, e togliendo dal mercato i banchieri inetti, che si sono messi in situazioni rischiose contando sull’ aiuto insperato di banche centrali e stati.

Invece questo non succede, e tutto ll peso dei debiti ritorna sui soggetti più deboli e poveri: i cittadini, che pagano o con l’ aumento delle imposte, o con la riduzione delle spese sociali.

Ma i cittadini i soldi per pagare i debiti pubblici non li hanno: non li hanno i greci, non li abbiamo noi italiani, e non li hanno neanche gli americani.

Siamo tutti sulla stessa barca! Si tratta di un problema politico che ormai interessa la cittadinanza mondiale!

La protesta degli indignados, infatti, è mondiale, ….e tutti trattano questi argomenti di giustizia economica.

C’ è bisogno di trovare sbocchi politici alla protesta, perchè altrimenti si corre il rischio di una deriva violenta.

Per questo motivo, soprattutto, invoco che si faccia in fretta la riforma elettorale che consenta ai cittadini di scegliere direttamente i rappresentanti eletti per fare le leggi.

Abbiamo un enorme bisogno di rimettere la politica sotto controllo dei cittadini!

Il Sole 24 ore

Una ristrutturazione radicale del debito greco attraverso un haircut, cioè un taglio consistente del valore nominale dei titoli in possesso dei creditori. La ha evocata nei giorni scorsi l’ex numero uno della Fed Alan Greenspan. Ma ora ne ha parla anche un’esponente di spicco delle autorità dell’eurozona: Jean Claude Juncker.
In un’intervista alla rete televisiva austriaca ORF il presidente dell’Eurogruppo ha infatti fatto capire che detentori di titoli di Stato della Grecia potrebbero subire perdite anche superiori al 60 per cento rispetto al valore nominale dei bond. Alla domanda se l’Unione europea stia discutendo di un “haircut” del debito greco compreso tra il 50 e il 60%, Juncker ha infatti replicato: «Discutiamo di una cifra superiore».

Ci troveremmo insomma di fronte a una ristrutturazione ben più dolorosa rispetto a quella dell’accordo di luglio. Il compromesso su Atene prevedeva infatti un coinvolgimento “volontario” dei privati attraverso il cosiddetto rollover del debito che comportava un “haircut” del 21% dei bond greci.
In giornata Guy Schuller, portavoce di Juncker, ha gettato acqua sul fuoco parlando di un «un malinteso». Tuttavia fonti governative europee, citate da France Presse, confermano che si sta discutendo di un haircut del 50 per cento per i titoli di Atene.
Juncker peraltro continua a sostenere che, anche con un taglio sul valore dei bond della Grecia superiore al 60 per cento, non ci si troverebbe in una situazione di fallimento. «Bisogna fare di tutto per evitare una bancarotta di un paese dell’area euro», ha detto.
Resta quindi l’equivoco di fondo sul coinvolgimento dei privati nel salvataggio di Atene. È un fallimento o no? Sì secondo le agenzie di rating che da subito hanno bollato da subito questa operazione come una ristrutturazione mascherata. No per le autorità europee che si fanno scudo della “volontarietà” dell’adesione dei creditori al piano per sostenere che, quella di Atene, non è una bancarotta vera e propria.
Resta irrisolto poi il nodo sui credit default swap, i derivati che assicurano sul rischio fallimento. Se fosse default le banche emittenti di Cds sarebbero costrette a pagare corposi risarcimenti. Chi però decide se per Atene è scattato il crack o meno non sono le agenzie di rating, nè tantomeno le autorità europee ma le banche stesse (in palese conflitto di interesse ndr.) attraverso la Isda. L’associazione internazionale su swap e derivati riunisce tutti gli operatori del settore (825 tra banche, fondi e società finanziarie in tutto il mondo) ha sempre sostenuto che l’accordo dello scorso luglio (che prevede il cosiddetto rollover del debito ndr.) non farebbe scattare l’obbligo di risarcire i titolari di cds.

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