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«I soldi? Già spesi tutti per le case» E spuntano altri amma

«I soldi? Già spesi tutti per le case» E spuntano altri ammanchi

Come i cerchi nell’acqua, l’affaire Restera si allarga di ora in ora, di porta in porta coinvolgendo nuovi condomìni e nuovi inquilini in aree ben diverse del comune di Treviso, segno che l’immobiliare di Roberto Artuso e della moglie Cristina Caodaglio era riuscita a tessere una rete vasta quanto lo è oggi la lista dei trevigiani che stanno scartabellando nei bilanci di casa.

«È un oceano», commenta un tecnico che di queste cose se ne intende, avendo lavorato su altri ammanchi lasciati in passato da altri amministratori. E un addetto ai lavori si lascia sfuggire: «Siamo di fronte a un meccanismo impressionante, un effetto domino che ricorda altri casi recenti, ma con cifre minori».

I campanelli d’allarme si diffonono in ogni zona della città. È il caso di due dei condomini del complesso di via Pisa, grande ambito residenziale a due passi dal centro e vicino al grattacielo già noto per i grossi guai economici.

Lì, oltre una ventina di famiglie alcuni mesi fa hanno scoperto che i soldi depositati nel conto corrente del palazzo erano stati usati per altre spese, per parare altri debiti condominiali, sparendo di fatto dalla disponibilità del palazzo che si è ritrovato in debito con il servizio idrico per più di 15 mila euro.

Immediata la cacciata di Artuso, sfiduciato, e l’incarico a un nuovo studio d’amministratori che oggi ha passato tutti i documenti ai legali. «Noi come l’abbiamo presa? Più di revocare il mandato che potevamo fare? Abbiamo deciso di non pagare più, i soldi li avevamo già versati», spiegano dalla scala 28, «se poi sono stati usati per altri affari di chi ha mal gestito la partita…».

Una storia come quella di tanti altri condomìni gestiti dalla Restera, nel cui portafogli giravano i soldi di tanti, tantissimi inquilini, cifre che venivano incassate e poi – pare – gestite all’occorrenza spostatandole a seconda del bisogno dal condominio X all’Y, allo Z e ad altri ancora.

Peccato però che inevitabilmente i capitali non bastassero mai, né per le bollette né per saldare le fatture dei lavori che i condòmini avevano già pagato.

Possibile? Perchè finivano? Ma soprattutto dove?

Artuso e Caodaglio, dopo aver già affermato di avere la coscienza a posto, per bocca del loro legale Rossella Martin ribadiscono: «Non vi è stato alcun illecito profitto, i soldi sono già stati spesi tutti per le esigenze dei condomini, non li abbiamo utilizzati per spese private, viaggi, vizi o altro».

Per se stessi, dicono, non hanno utilizzato nulla. Ma ai condòmini che ora si sono visti tagliare l’acqua, a quelli che non hanno più gas, e a quelli che non trovano più soldi nel conto del palazzo, spiegare tutto come «mala gestio» non va giù: «Il conto non torna», dicono. E il problema si allarga.

Dopo Ghirada, Fiera, Santa Bona, San Zeno e ora via Pisa si aggiunge alla lista degli immobili anche un palazzo a Santa Maria del Rovere dal cui conto sarebbero stati prelevati soldi senza spiegazione. Anche qui la partita è finita in mano ai legali che attendono l’esito dell’udienza di metà ottobre in tribunale, quando Artuso e Caodaglio saranno davanti al giudice per gli ammanchi del residence Parco Ducale e Chiodo, lo scandalo emerso nel 2012 ed ora in aula.

E suona l’allarme anche a Santa Maria del Sile, lo stesso quartiere di Artuso, che risiede quasi a metà via fra San’Angelo e Canizzano. Siamo in via Bramante, nei condomini al civico 1 e 3 di Ater: al numero 1 A e 1 C (sembra immune «solo» la scala B) è arrivata la lettera dell’Ats che sollecita pagamenti degli arretrati.

E già si parla di quasi 5 mila euro da saldare. Ma si trema – e non per il clima, che anzi in questo avvio di ottobre è clemente – al numero 3, dove da giugno sono cominciati sospetti e timori: basti dire che l’azienda che ha rifatto il tetto non ha rimosso l’impalcatura.

«Credo avanzino fra i 40 e i 50 mila euro, dicono che Artuso abbia saldato un 10 per cento dell’importo, e basta», si lascia sfuggire uno degli inquilini, «ma dobbiamo essere grati all’impresa: quando ha capito che noi non c’entravamo, e che siamo tutti anziani pensionati, ha detto subito che non si sarebbe rivalsa su di noi».

Anche qui, nel giro di un mese, due assemblee condominali convocate d’urgenza da Ater potranno forse sollevare il velo sugli ammanchi. (a.p. – f.d.w.)
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