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I politicanti e il decreto interpretativo

Cari amici,

Provo un disgusto particolare quando i nostri politicanti si aggiustano i loro affari modificando le leggi a loro piacimento.

Noi poveri cittadini, che le leggi siamo obbligati a rispettarle, perchè mai dovremmo accettare che “lor signori” aggiustino le loro disattenzioni con non meglio definiti “decreti interpretativi”.

La legge è vigente solo per chi è costretto a rispettarla?

Questo “andazzo” di farsi la legge da se, in Italia, è un antico costume che attraversa tutta la penisola.

Anche chi si straccia le vesti in televisione, di solito, protesta in modo interessato, al fine di promuovere i propri interessi di potere.

Perchè mai dovrei recarmi ancora a votare?

C’ è qualcuno degno di rappresentarmi?

…non so!

Il Sole 24 ore

In un Consiglio dei ministri durato appena mezz’ora, ma rinviato più volte nel corso del pomeriggio di venerdì, è stato approvato l’atteso decreto interpretativo per cercare di superare il caos delle liste del Pdl in Lazio e Lombardia.

Il provvedimento è stato dettato dalla «straordinaria necessità e urgenza», per consentire il regolare svolgimento delle consultazioni elettorali per il rinnovo degli organi delle regioni a statuto ordinario fissate per il 28 e 29 marzo 2010. Il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi si è detto soddisfatto per la collaborazione tra le istituzioni per garantire a tutti il diritto di voto. «Gli organi della giustizia amministrativa – ha spiegato il ministro dell’Interno, Roberto Maroni – sulla base di unainterpretazione univoca della legge potranno decidere serenamente se accettare o no i ricorsi».

Il provvedimento approvato dal Consiglio dei ministri, ha infatti precisato il titolare del Viminale in una conferenza stampa al termine della seduta dell’Esecutivo, è un decreto legge «di interpetazione autentica» di alcune disposizioni del procedimento elettorale, in particolare dell’articolo 9 e 10 della legge 108/1968. Nel corso della giornata erano circolate diverse bozze. Poi si è abbandonata la strada del decreto innovativo, che sarebbe intervenuto sulla normativa vigente, accantonando così la soluzione prospettata giovedì sera al capo dello Stato Giorgio Napolitano.

Ha ribadito più volte Maroni: «Nessuna modifica alla legge elettorale, nessuna modifica alle procedure elettorali in corso, nessuna riapertura dei termini, nessuna riammissione in termini. Mettiamo a disposizione della magistratura amministrativa uno strumento per l’interpretazione della legge. Non è il governo che decide queste cose, l’unico organo che può decidere è il Tar». Maroni ha anche detto di aver sentito di «la presidenza della Repubblica, che si è riservata di valutare il contenuto del decreto». Nella notte Napolitano, pur conservando dubbi sul provvedimento, lo ha firmato appunto sulla considerazione che si tratta di un decreto interpretativo e non innovativo. Sabato il provvedimento, ha assicurato il ministro, «sarà pubblicato in Gazzetta».

Dopo le voci che si erano rincorse per tutto il pomeriggio, mentre era in corso il Consiglio dei ministri,Berlusconi aveva confermato l’orientamento con una telefonata alla convention elettorale in Puglia del Pdl: «Speriamo di poter ritornare a dare il diritto di voto anche ai nostri elettori del Lazio e della Lombardia».

Il comunicato di fine seduta segnala che il Cdm si è appositamente riunito in via d’urgenza, approvando un decreto legge che mira a consentire lo svolgimento regolare delle consultazioni elettorali per il rinnovo degli organi delle Regioni a statuto ordinario, fissate per il 28 e 29 marzoprossimi. Viene ribadita la necessità di assicurare il pieno esercizio dei diritti di elettorato attivo e passivo.

Per questo, spiega la nota di palazzo Chigi, il Consiglio ha condiviso l’esigenza di garantire i valori fondamentali della coesione sociale, presupposto di un ordinato svolgimento delle competizioni elettorali. «A questo fine, pertanto, il decreto legge detta alcuni criteri interpretativi di norme in materia di rispetto dei termini per la presentazione delle liste, di autenticazione delle firme e di ricorsi contro le decisioni dell’Ufficio centrale regionale».

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