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E’ reato sbirciare i redditi degli altri?

Redditi online, indaga la procura
Indagine per verificare se la pubblicazione abbia creato pregiudizio per i contribuenti. Arresto per chi usa i dati

Cari amici,

La vicenda della cosiddetta “fuga” dei dati riguardanti i nostri redditi nel Web, sta assumendo dei contorni da “commedia all’ italiana”.

Già ogni personaggio che goda di un qualche “potere” si straccia le vesti, annuncia denunce, indaga sui “colpevoli”.

E’ interessante che non si riesca a veder pubblicato neanche il nome di un solo funzionario!

Come sempre il motto è: Gli utili vanno agli imprenditori valorosi, …le perdite invece devono essere socialmente distribuite.

C’ è qualcosa di sbagliato in questo modo di pensare “contorto”, che fa dell’ ignoranza un valore, della demagogia un modo di comunicare!

Ma quando potremo sentirci liberi di fare e di pensare??
Fino a quando saprò sopportare tutta questa gentaglia che mi vomita sentenze dalla televisione, e mi costringe a sentirmi povero e solo??

E tutti a sbirciare le vite “famose” degli altri, invece di rendere unica e degna di essere vissuta la propria vita!

Abbiamo proprio bisogno di buone notizie!

Corriere della Sera

ROMA – La Procura di Roma ha aperto un fascicolo processuale nella vicenda riguardante le pubblicazioni on line dei redditi dei contribuenti italiani. Il procuratore aggiunto, Franco Ionta, procede per il reato di violazione della privacy.

L’OBIETTIVO – Obiettivo dell’indagine è verificare se la pubblicazione dei dati possa aver creato pregiudizio per i contribuenti. Venerdì il Codacons aveva annunciato l’invio di denunce a 104 Procure italiane affinchè si indagasse sulla vicenda, chiamando in causa lo stesso viceministro dell’Economia, Vincenzo Visco. L’inchiesta, che tuttavia al momento è contro ignoti, è tesa anche ad accertare chi ha dato la disposizione ad agire in tal senso.

LA PROCEDURA – L’apertura del fascicolo comporta che anche il direttore dell’Agenzia delle Entrate, Massimo Romano, sarà sentito nelle prossime ore dagli uomini della polizia postale. Il primo passo investigativo, infatti, sarà quello dell’identificazione di tutte le persone che in qualche modo hanno avuto a che fare con la pubblicazione delle liste. E tutti, dunque anche il direttore, saranno successivamente sentiti in qualità di persone informate sui fatti, con l’obiettivo di capire come e da chi è stata disposta la pubblicazione. Una volta raccolte le testimonianze, la polizia postale invierà un rapporto alla procura di Roma e spetterà poi ai magistrati definire se indagare qualcuno e se procedere ad eventuali sequestri di materiale e di attrezzature tecniche.

RISCHIO ARRESTO PER CHI USA I DATI – Le conseguenze giudiziarie potrebbero non essere limitate a chi ha diffuso i dati via web, sempre che sarà accertata l’esistenza di un reato. Sarà perseguito penalmente, rischiando anche la galera, chi userà i dati finiti in circolazione in modo improprio. È quanto assicurano gli investigatori che si stanno occupando della «fuga» delle denunce pubblicate su Internet. Si tratta di una violazione gravissima, evidenziano, che riguarda anche chi trasferisce dati all’estero, espressamente vietati dalla legge sulla privacy, per non parlare di chi si scambia i dati con il sistema peer-to-peer. L’articolo 167 della legge, quello che sanziona il trattamento illecito dei dati, al comma 2 recita: «Salvo che il fatto non costituisca più grave reato, chiunque, al fine di trarne per sè o per altri profitto o di recare ad altri un danno, procede al trattamento di dati personali in violazione di quanto disposto, è punito, se dal fatto deriva nocumento, con la reclusione da uno a tre anni».

MARTEDI’ RIUNIONE DEL GARANTE – È stata intanto fissata per martedì 6 maggio la riunione del Garante della privacy dedicata alle dichiarazioni dei redditi finite sul web. Francesco Pizzetti, ha chiesto all’Agenzia delle entrate una relazione completa per lunedì 5 maggio sul come e perché sia nata l’iniziativa di pubblicare o dati fiscali degli italiani. Mentre venerdì era stato la stesso Garante ad ammettere che un volta finiti nella Rete i dati erano divenuti ingovernabili.

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