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Delibera di spesa, delibera di riparto ed impugnazione

Delibera di spesa, delibera di riparto ed impugnazione
Per contestare il criterio di ripartizione di una spesa è necessario impugnare la delibera che stabilisce il criterio e non quella che la dispone, se differenti.

Avv. Alessandro Gallucci scrive…

Nel caso in cui l’assemblea di un condominio decida di effettuare una determinata spesa, che non viene contestata nel merito dai condomini, e solo successivamente deliberi il piano di ripartizione da utilizzare, oggetto di contestazioni, è quest’ultima decisione quella che dev’essere impugnata.

Questa, in estrema sintesi, la soluzione cui è giunta la Corte d’appello di Roma con una sentenza, la n. 105, resa il 9 gennaio 2013.

La decisione si fa notare in quanto ribadisce un principio importante: solamente dal momento in cui sorge un interesse ad impugnare decorrono i termini di cui all’art. 1137 c.c.

Ciò, naturalmente, sempre se il vizio che si intende far valere comporti l’annullabilità e non la nullità della delibera.

Prima di entrare nel merito della decisione citata vale la pena ricordare brevemente la differenza tra le due tipologie di vizio delle deliberazioni condominiali.

Nullità e annullabilità delle delibere

Si tratta dei due vizi da cui possono essere affette le decisioni assembleari.

La legge, tranne un caso specifico (cfr. art. 1117-ter c.c.), non menziona questa distinzione: insomma si tratta della classica diversificazione effettuata dalla dottrina e dalla giurisprudenza.

C’è voluta una sentenza delle Sezioni Unite della Suprema Corte di Cassazione per mettere ordine sull’argomento.

Per lunghissimo tempo, ad esempio, è stato dubbio se l’omessa convocazione all’assemblea di un condomino comportasse la nullità o l’annullabilità della successiva delibera.

Nel 2005, le Sezioni Unite con la sentenza n. 4806, propendendo per quest’ultima ipotesi (poi confermata dalla così detta riforma del condominio), affermarono che sono da ritenersi nulle le delibere prive degli elementi essenziali, con oggetto impossibile o illecito (contrario all’ordine pubblico, alla morale e al buon costume), con oggetto che non rientra nella competenza dell’assemblea, che incidono sui diritti individuali, sulle cose, sui servizi comuni o sulla proprietà esclusiva di ognuno dei condomini o comunque invalide in relazione all’oggetto.

AssembleaDi contro […] sono da ritenersi annullabili le delibere con vizi relativi alla regolare costituzione dell’assemblea, quelle adottate con maggioranza inferiore a quella prescritta dalla legge o dal regolamento condominiale, quelle affette da vizi formali in violazione di prescrizioni legali, convenzionali, regolamentari attinenti al procedimento di convocazione o informazione in assemblea, quelle genericamente affette da irregolarità nel procedimento di convocazione, quelle che richiedono maggioranze qualificate in relazione all’oggetto.

L’assemblea delibera di vietare ad un condomino l’uso di una parte comune?

La delibera è nulla.

L’assemblea nomina l’amministratore con una maggioranza inferiore rispetto a quella prescritta dalla legge?

La delibera è annullabile.

Qual è la differenza?

Nel primo caso le decisioni assembleari sono sempre impugnabili, ossia contestabili senza limiti di tempo; nel caso delle delibere annullabili bisogna rispettare gli stretti tempi (trenta giorni) previsti dall’art. 1137 c.c.

Passato questo termine non è più possibile contestare il vizio della decisione assembleare.

In buona sostanza, sebbene per prudenza sia sempre bene mantenersi nel termine di cui all’art. 1137 c.c. è evidente l’enorme differenza tra una deliberazione nulla ed una annullabile.

Individuazione della delibera da impugnare

C’è poi un altro problema: chi intende contestare una decisione assembleare deve esser certo che la delibera che impugna è quella che contiene l’effettiva decisione in contestazione.

Nel caso risolto dalla Corte d’appello di Roma, un condomino impugnava una delibera che aveva ripartito una spesa decisa con una precedente deliberazione.

Si supponga che la delibera di adozione della spesa fosse di gennaio e quella di ripartizione di maggio.

Il condomino aveva interesse a contestare solamente il criterio di ripartizione, a suo modo di vedere errato, e non la spesa in sé.

Il Tribunale di Roma aveva rigettato la domanda poiché riteneva l’impugnante fuori termine: non era la seconda delibera che doveva essere contestata, ma la prima, ossia quella di adozione della decisione di effettuazione della spesa, e rispetto ad essa s’era fuori termine.

Il condomino non ha condiviso questa decisione e l’ha impugnata.

In appello i giudici gli hanno dato ragione.

La Corte d’appello ha ritenuto giusta la decisione del condomino d’impugnare la seconda delibera (quella di scelta del criterio di ripartizione) e non la prima (quella di mera deliberazione di spesa).

Ciò perché, dicono i giudici capitolini, soltanto al momento della seconda deliberazione è sorto l’interesse ad impugnare la ripartizione delle spese dei lavori; nella prima delibera, infatti, non era contenuto nessun rimando, nemmeno implicito ad un qualche criterio di ripartizione (App. Roma 9 gennaio 2013 n. 105).
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