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Conflitto di interessi: quando il condomino non può votare in assemblea

Si sente spesso parlare di conflitto di interessi anche con riferimento alle assemblee di condominio: ma quando davvero si verificano tali ipotesi?

Si ha conflitto di interessi tutte le volte in cui un condomino ha un interesse proprio in conflitto – anche solo potenziale – con quelli del condominio e potrebbe, di conseguenza, decidere per il proprio interesse piuttosto che per quello della collettività dei proprietari [1].

Ad esempio: c’è conflitto di interessi se il condomino che abbia un’impresa edile voti in assemblea l’affidamento dei lavori di ristrutturazione in proprio favore. Così anche nel caso in cui si debba decidere sulla causa da avviare contro un condomino.

Cosa deve fare il condomino in conflitto di interessi?
Certamente astenersi dal voto. Diversamente può ben essere escluso dal diritto di voto sullo specifico punto (e non su tutto l’ordine del giorno dell’assemblea).

Che succede se il condomino non si astiene?
Se il condomino, nonostante il conflitto di interessi, vota ugualmente, la delibera dell’assemblea non è automaticamente nulla, ma può essere annullata solo se sussistono i tre seguenti presupposti:

– il voto del condomino in conflitto è stato determinante per l’assunzione della delibera: in altre parole, se anche senza il suo voto la decisione dell’assemblea sarebbe stata la stessa, la delibera non è viziata;

– il condomino aveva un effettivo interesse personale;

– il condominio ha subito un danno.

Come si calcolano le maggioranze in caso di conflitti di interesse?
È dubbio se i condomini in conflitto di interesse debbano essere ricompresi o meno nel conteggio collettivo, a prescindere dal fatto che si astengano o meno dal voto. La Cassazione ritiene che vadano compresi nel conteggio anche i condomini potenzialmente in conflitto con l’interesse collettivo [2].

Questo orientamento è stato ribadito proprio questa mattina sempre dalla Suprema Corte [3]. Dunque (a differenza di quanto avviene nelle assemblee delle società), anche i condomini in conflitto d’interesse con la delibera devono essere conteggiati ai fini delle maggioranze previste per l’assemblea in rapporto a tutti i partecipanti e al valore dell’intero edificio.

Esiste comunque anche un orientamento contrario – sostenuto dalla stessa Suprema Corte in passato – secondo cui, esattamente come accade nelle società di capitale, chi è in conflitto d’interesse rispetto alla delibera non deve partecipare al voto: nel condominio, dunque, bisognerebbe defalcare i relativi millesimi delle maggioranze reali e personali previste per la votazione. In pratica, la Cassazione aveva affermato che l’esistenza di un conflitto di interessi tra il singolo condomino e il condominio dovesse comportare l’esclusione a monte, dal calcolo dei millesimi, delle carature attribuite al condomino configgente [4]. Una tesi, però, che oggi non è stata ritenuta congrua.

Ciò significherà che la delibera condominiale, adottata tenendo comunque conto delle quote spettanti ai condomini in conflitto di interessi, e quindi semmai anche mediante la loro espressione di voto, per non aver costoro optato di astenersi, sarà impugnabile se risulti in concreto diretta al soddisfacimento di interessi extracondominiali, in danno del condominio; ricordando sempre, tuttavia, che il sindacato del giudice sulle delibere condominiali deve limitarsi al riscontro della legittimità di esse e non può estendersi alla valutazione del merito, ovvero dell’opportunità, e al controllo del potere discrezionale che l’assemblea esercita quale organo sovrano della volontà dei partecipanti.

[1] Cass. sent. n. 11254/1997.
[2] Cass. sent. n. 22234/2004.
[3] Cass. sent. n. 19131/15 del 28.09.15.
[4] Cass. sent. n. 17140/2011, 10683/2002 e 6853/2001.

http://www.laleggepertutti.it/97752_con … -assemblea

 

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