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Ascensore installato a mezzo metro dal balcone del condomino

Non lede il diritto di proprietà l’ascensore installato a mezzo metro dal balcone del condomino

Dott. Emanuele Mascolo scrive…

Corte di Appello di Roma sentenze del 07.10.2013 n. 5270

L’ introduzione di innovazioni volte al superamento delle barriere architettoniche deve solo essere compatibile con il non deprezzamento del valore delle singole unità abitative e non ledere diritti dominicali. E’ quanto a deciso la Corte di Appello di Roma nella Sentnenza del 07.10.2013 n. 5270 di cui ci occuperemo.

Il quadro normativo. L’articolo 1120 del codice civile, al comma 2, lettera b, prevede, riguardo le innovazioni, che i condomini, con la maggioranza prevista dall’articolo 1136, comma 2, del codice civile, possono disporre " le opere e gli interventi previsti per eliminare le barriere architettoniche, per il contenimento del consumo energetico degli edifici e per realizzare parcheggi destinati a servizio delle unità immobiliari o dell’edificio, nonché per la produzione di energia mediante l’utilizzo di impianti di cogenerazione, fonti eoliche, solari o comunque rinnovabili da parte del condominio o di terzi che conseguano a titolo oneroso un diritto reale o personale di godimento del lastrico solare o di altra idonea superficie comune." Ai sensi dell’articolo 1136, comma 2, del codice civile, come modificato dalla Legge numero 220/2012, " sono valide le deliberazioni approvate con un numero di voti che rappresenti la maggioranza degli intervenuti e almeno la metà del valore dell’edificio."

Il caso analizzato. E’ stata appellata innanzi alla Corte di Appello di Roma, la Sentenza del Tribunale di Roma numero 21204/2006, con la quale veniva respinta la domanda giudiziale dei proprietari di un immobile, avverso il condominio e tutti i condomini, poichè ritenevano che il proprio appartamento, avesse subito un deprezzamento in seguito alla installazione dell’ascensore e, con la quale, io giudici di prime cure, condavvano gli attori alla refusione delle spese processuali verso tutti i convenuti.

I proprietari dell’immobile appellavano la Sentenza del Tribuna le di Roma, ritenendo che, nel respingere la domanda, non si era tenuto conto della documentazione allegata in atti, " dalla quale emergeva che l’impianto, installato su volontà di tre soli condomini, non era stato realizzato a regola d’arte ed era difforme dal progetto, e che ciò era stato constatato dalla Polizia Municipale successivamente alla ctu cui si era fatto riferimento nella sentenza, ed anzi che la stessa ctu espletata in sede cautelare aveva evidenziato alcune difformità di ordine urbanistico." Inoltre, l’altro motivo di impugnazione, è quello secondo cui, non si è tenuto conto, in primo grado, della valutazione del valore immobiliare eseguita da una agenzia immobiliare dalla quale emergeva un deprezzamento e, ancora, per non aver tenuto conto che tali innovazioni non erano state autorizzate dall’assemmblea e ciò del tutto in contrasto con il Regolamento di condominio, quanto poi al fatto che – secondo gli appellanti – " che la introduzione di innovazioni volte al superamento delle barriere architettoniche doveva essere compatibile con il non deprezzamento del valore delle singole unità abitative;" e ancora, che "l’ installazione era avvenuta a soli 56 cm. dal balcone degli attori, con violazione della loro privacy, essendo la cabina a vetri."

La decisione. La Corte di Appello di Roma con Sentenza numero 5270 del 07.10.2013, ha rigettato l’appello, ritenendolo nel merito infondato, poichè, la doglianza secondo cui il giudice del primo grado non abbia tenuto conto della documentanzione della Pubblica Amministrazione è irrilevante, perchè eventuali sanzioni per l’abuso urbanistico, dovevano essere comminate dalla stessa Pubblica Amministrrazione. In Sentenza poi, tra le motivazioni si legge: " quanto alla sua idoneità ad incidere sul valore commerciale dell’apparta mento di proprietà degli attori odierni appellanti, è sufficiente osservare che nessuna censura attinge in termini idonei e convincenti il giudizio espresso nella decisione impugnata. Non può trascurarsi di osservare che vi è carenza di interesse a vedere accertato un danno del genere dedotto e a pretendere un risarcimento laddove, in concreto, il soggetto che proponga la domanda non dimostri di voler disporre del bene (vendendolo ovvero cercando di ricavarne una rendita), e, dunque, di non poterne trarre le utilità pregresse. Ma seppure volesse prescindersi da tale aspetto, e ciò in base ai rilievo che sul punto non si è dibattuto in primo grado, così che il tema non può essere introdotto in questa sede, tuttavia la stessa conclusione della perizia, è di tale genericità e approssimazione da non poter essere tenuta in alcun conto al fine di trarne elementi di prova di un decremento di valore effettivo." Infine, la Corte di Appello si rifà ai precedenti giurisprudenziali, ritenendo che " l’ introduzione di innovazioni volte al superamento delle barriere architettoniche deve solo essere compatibile con il non deprezzamento del valore delle singole unità abitative e non ledere diritti dominicali."

I precedenti. In particolare, la Sentenza della Corte di Cassazione nunero 15552 del 2013, ribadisce il principio secondo cui, "l’indagine volta a stabilire se, in concreto, un’innovazione determini o meno alterazione del decoro architettonico di un determinato fabbricato è demandata al giudice di merito, il cui apprezzamento sfugge al sindacato di legittimità." (Cass. n. 15552/2013) Nel 2012, la Corte di Cassazione, ha stabilito, con Sentenza numero 18334, che "la tutela del decoro architettonico è stata apprestata dal legislatore in considerazione della diminuzione del valore che la sua alterazione arreca all’intero edificio e, quindi, anche alle singole unità immobiliari che lo compongono. Pertanto, il giudice del merito, per stabilire se in concreto vi sia stata lesione di tale decoro, oltre ad accertare se esso risulti leso o turbato, deve anche valutare se tale lesione o turbativa determini o meno un deprezzamento dell’intero fabbricato, essendo lecito il mutamento estetico che non cagioni un pregiudizio economicamente valutabile o che, pur arrecandolo, si accompagni a un’utilità la quale compensi l’alterazione architettonica che non sia di grave e appariscente entità. In tale ottica va verificato il pregiudizio al decoro architettonico di un ascensore collocato nell’atrio dell’edificio, e non all’esterno di esso, ed il pregiudizio all’uso o godimento delle parti comuni." (Cass. n. 18334/2012)

Sempre nel 2012 la Cassazione ha sostenuto che, " ai sensi dell’art. 1120 c.c., comma 2, infatti, devono ritenersi vietate non solo le innovazioni che, ancorchè adottate con le maggioranze qualificate di cui all’art. 1136 c.c., compromettano il pari uso e il concorrente diritto degli altri partecipanti nell’utilizzazione della cosa comune, ma anche quelle che pregiudichino la proprietà esclusiva dei singoli condomini" ( Cass. 12930/2012), ed è questo il precedente a cui si rifà la Sentnenza della Corte di Appello di Roma in commento.

Infine, sul concetto di decoro architettonico, l’orientamento consolidato della giurisprudenza è quello secondo cui " va valutato, ai sensi dell’art. 1120 c.c., comma 2, con riferimento al fabbricato condominiale nella sua totalita’ (potendo anche interessare singoli punti del fabbricato purche’ l’immutazione di essi sia suscettibile di riflettersi sull’intero stabile) e non rispetto all’impatto con l’ambiente circostante." (Cass. 1286/2010)
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