Pd e Pdl insorgono contro Travaglio: “Inaccettabili le sue accuse a Schifani”
Il giornalista interviene a “Che tempo che fa” di Fazio: «Schifani frequentava mafiosi». La Rai si dissocia, è bufera
Cari amici,
Mi piace Marco Travaglio, perchè mette la sua faccia e dice (e soprattutto scrive) chiaramente ciò che pensa.
Leggerò senz’ altro il suo ultimo libro: Se li conosci li eviti.
In calce all’ articolo ho provveduto a copiare dal sito di Antonio Di Pietro la scheda che si riferisce al nostro rappresentante Schifani.
Non so se le notizie pubblicate sul libro di Travaglio siano vere, ma è certo che sono chiare ed evidenti!
E’ da un po’ che ho perso il senso comune in ciò che vedo sui telegiornali e leggo sui giornali.
Ogni personaggio da aria alla pancia ed esprime opinioni di cui molte volte conosce pochissimo.
E il bello è che il tutto avviene in un clima di solennità e di “rispetto delle regole”.
Uno urla insulti, un’ altro accusa di “relazioni mafiose”, un altro ancora si straccia le vesti perchè è stato detto, ma non afferma se ciò sia vero o falso.
Tutto gira come una giostra intorno ai compari che si contendono il potere, ed io mi sento un po’ stupido a vedere questo spettacolo che mi riguarda, e che mi grava addosso senza che io riesca in qualche modo a sostenerlo.
Ciò che mi chiedo è se sono il solo a sentirmi così
La Stampa
ROMA
Renato Schifani? «Ora lo applaudono tutti, ma è un uomo che ha avuto rapporti con noti mafiosi e con persone poi condannate per mafia». Marco Travaglio torna a colpire, e lo fa a «Che tempo che fa», ospite di Fabio Fazio. Dal centrodestra partono subito le polemiche, e sono durissime.
Insorge il Pdl
Il più pronto è il capogruppo del Popolo delle libertà al Senato, Maurizio Gasparri: «Le offese al presidente Schifani troveranno la giusta risposta nelle sedi giudiziarie». E ancora: «Il problema investe i vertici della Rai e in particolare il direttore generale (Claudio Cappon, ndr), il cui mandato per fortuna cessa tra venti giorni. La vergognosa utilizzazione diffamatoria della Rai non può proseguire e di questo devono rendersi conto anche i consiglieri in scadenza ma ci auguriamo non scaduti in termini morali».
Il direttore di Rai Tre Paolo Ruffini si dissocia
Travaglio ha accusato il presidente del Senato rispondendo a una domanda di Fazio su chi decidesse la gerarchia delle notizie. «I politici», ha risposto Travaglio, spiegando che l’elezione di Schifani è stata applaudita e ha preso il sopravvento su altre notizie date da giornalisti elevati dalle istituzioni ad eroi. Già nella serata di ieri il direttore di Rai Tre Paolo Ruffini si è dissociato dalle affermazioni di Marco Travaglio «e bene ha fatto Fabio Fazio – ha detto – a dissociarsi anche lui immediatamente». «In un malinteso concetto di libertà – ha precisato Ruffini – Travaglio ha gratuitamente offeso la seconda carica dello Stato. L’esercizio della libertà di opinione non può mai sconfinare nell’offesa personale».
Finocchiaro: «Inaccettabile che possano essere lanciate accuse così gravi»
E anche dal Pd si levano pareri contrari al giornalista. Anna Finocchiaro critica la condotta di Travaglio: «Trovo inaccettabile che possano essere lanciate accuse così gravi, come quella di collusione mafiosa, nei confronti del presidente del Senato, in diretta tv su una rete pubblica, senza possibilità di contraddittorio». Antonio Di Pietro rilancia invece le accuse di Travaglio, pubblicando sul suo sito la “carta d’identità” di Schifani tratta dal libro del giornalista “Se li conosci li eviti”.
La scheda di Schifani:
Schifani Renato Giuseppe (FI)
Anagrafe: Nato a Palermo l’11 maggio 1950.
Curriculum: Laurea in Giurisprudenza; avvocato; dal 2001 capogruppo di FI al senato; 3 legislature (1996, 2001, 2006).
Segni particolari: Porta il suo nome, e quello del senatore dell’Ulivo Antonio Maccanico, la legge approvata nel giugno del 2003 per bloccare i processi in corso contro Silvio Berlusconi: il lodo Maccanico-Schifani con la scusa di rendere immuni le “cinque alte cariche dello Stato” (anche se le altre quattro non avevano processi in corso). La norma è stata però dichiarata incostituzionale dalla consulta il 13 gennaio 2004. L’ex ministro della Giustizia, il palermitano Filippo Mancuso, ha definito Schifani “il principe del Foro del recupero crediti”, anche se Schifani risulta più che altro essere stato in passato un avvocato esperto di questioni urbanistiche. Negli anni Ottanta è stato socio con Enrico La Loggia della società di Villabate, Nino Mandalà, poi condannato in primo grado a 8 anni per mafia e 4 per intestazione fittizia di beni, e dell’imprenditore Benny D’Agostino, poi condannato per concorso esterno in associazione mafiosa. Secondo il pentito Francesco Campanella, negli anni Novanta:
il piano regolatore di Villabate, strumento di programmazione fondamentale in funzione del centro commerciale che si voleva realizzare e attorno al quale ruotavano gli interessi di mafiosi e politici, sarebbe stato concordato da Antonio Mandalà con La Loggia. L’operazione avrebbe previsto l’assegnazione dell’incarico ad un loro progettista di fiducia, l’ingegner Guzzardo, e l’incarico di esperto del sindaco in materia urbanistica. In cambio, La Loggia, Schifani e Guzzardo avrebbero diviso gli importi relativi alle parcelle di progettazione Prg e consulenza. Il piano regolatore di Villabate si formò sulle indicazioni che vennero costruite dagli stessi Antonino e Nicola Mandalà [il figlio di Antonino che per un paio d’anni ha curato gli spostamenti e la latitanza di Bernardo Provenzano, nda], in funzione alle indicazioni dei componenti della famiglia mafiosa e alle tangenti concordate.
Schifani, che effettivamente è stato consulente urbanistico del comune di Villabate, e La Loggia hanno annunciato una querela contro Campanella.
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