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…salverà il mondo. David Helfgott a Bresso

Melbourne, Sydney, New York, Roma… Bresso. Queste le tappe della tournée internazionale di David Helfgott.

Milano ha tanta buona musica, non si offenderà se stavolta gliene rubiamo un po’, ha pensato Mirko Zeppellini, produttore italiano del pianista, che non ha dimenticato le radici bressesi; noi, la sua via Gluck.

"Rubare" David è stato, del resto, estremamente facile e così scivoloso. David, aulente e fisico a un tempo, non chiede in fondo che questo, lasciarsi prendere e darsi in dono, come cibo eucaristico. Tutto in lui è eclettismo, deformità, percorso interrotto, scroscio adamantino. E’ barocco e tornitruante come i suoi Rachmaninov, i suoi Liszt, le sue composizioni squisite e scintillanti. Concentra in sé la quintessenza del meticciato spirituale: la bellezza della diversità, di quei diversi (folli, disabili, anziani) che per due sere, nella parrocchia San Carlo, non si è stancato di cercare, abbracciare, cullare al termine di ogni esibizione.

La indossa, quella diversità: in quel suo corpo dinoccolato, su cui splende come coperta una camicia indiana che lo rende straordinariamente simile ad Allen Ginsberg. Un capolavoro "beat", nel senso proprio: battuto. E battuto, David lo è stato molto, dalla vita, dal suo stesso sangue. Battuto come ora batte i tasti del pianoforte, materiale quanto le sue mani sono fresche e diafane, corolle d’un candido pensiero, e ininterrotto fluire, nel lamento ancestrale e nel borborigmo di antiche persecuzioni, che accompagna il transito di note stellate. Solo, e tutto d’un colpo, senza fiato, immanente ed eterno, perché deve esprimere tutto di sé, in quell’istante supremo e irripetibile. E sotto le sue dita, si sventaglia un canto corale, una richiesta moltiplicata per mille, un’invocazione dal fondo verso gli spazi superni.

David è un pianista ebreo. Si è esibito in una chiesa cattolica. I proventi del concerto aiuteranno l’associazione Feminenza, che tutela i diritti delle donne musulmane in Africa Nera, e l’ospedale di suor Ernestina Akulu, che in Uganda combatte il flagello dell’Aids. In barba all’astrazione e alla purezza, questa è verità.

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