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MORATTI-GAY: IL SOLITO PASTICCIO ALL’ITALIANA

Andiamo con ordine. Il Sindaco (rigorosamente al maschile, per un curioso paradosso le antifemministe più viscerali rifiutano con convinzione ogni adattamento di genere), il Sindaco di Milano, Letizia Moratti, rifiuta il patrocinio al festival gaylesbico. È la prima volta in 21 anni: nemmeno il suo predecessore Albertini, già soavemente ironico sul Pride (da antologia l’esternazione: “A questo punto propongo l’orgoglio onanista, sono sicuro parteciperebbero in tanti”) aveva osato tanto. Ma da un anno a questa parte l’aria, già infida e velenosa, si è fatta più tracimante, truculenta, oppressiva. A suonare la grancassa, come al solito, quel Papa che la destra italiana ha eletto come campione di un’intolleranza camuffata alla meno peggio da “difesa dei valori tradizionali”. Dal Convegno di Verona in poi è stato un crescendo di fulmini, saette, maledizioni, anatemi, subito fatti propri dai nostri politicanti di entrambi gli schieramenti, ma del tutto compatti appunto a destra. Il Family Day – con gli applausi al pluridivorziato re del consumismo e a un devoto concubino con nome quantomeno imbarazzante per un padre di famiglia – l’ha confermato.
Possiamo condividere le parole di Barbara Pollastrini: “Insensibilità culturale, prima che politica”. Ma solo nella misura in cui il sindaco Moratti, come tutto il suo schieramento, della cultura diffida. Anzi, le sta proprio sull’anima. Come affermava Qualcuno tempo fa, la cultura affievolisce gli animi, li svirilizza, rallenta l’efficienza, insomma fa diventare tutti un po’ omosessuali. Il problema, tuttavia, è a monte. Immaginiamo bene cosa deve aver pensato la Moratti. Le è bastato leggere quell’aggettivo, “gaylesbico”, per ritenere che dovesse necessariamente trattarsi di una porcheria, indegna di una città sana ed efficiente come Milano. Si sa: gli omosessuali, per natura, sono perversi e immorali, l’”eclissi di Dio”, i rovinafamiglie, insomma i responsabili di tutto il male del mondo dalle Guerre Puniche in poi. Dunque, niente patrocinio. Ovvio, no?
Cosa in realtà celi il gran rifiuto lo spiega però assai bene il suo assessore, Carlo Masseroli. Il cui teorema non fa una piega: “Gli omosessuali non hanno delle famiglie costituite [anche perché, quando tentino di costituirsene una, i paladini dell’Ordine alla Masseroli glielo impediscono con tutti i mezzi necessari, n.d.A.] , e si possono permettere un tenore di vita superiore alla media[…]. E allora perché dovremmo finanziarli?”. Chiarissimo. Dopo aver esortato il Comune a impegnarsi piuttosto a “manifestazioni culturali in difesa della famiglia”, ecco l’illuminante conclusione: “Io non ho nulla contro gli omosessuali, ma il loro festival è una cosa che già esiste, anche senza l’etichetta di Palazzo Marino. Troverei assurdo che il Comune diventasse il rappresentante del mondo gay”. Qui siamo di fronte a un salto di qualità.
Che Masseroli consideri gli omosessuali dei vitaioli debosciati che trascorrono la loro pigra e peccaminosa esistenza fra party, moda, vip ed erre frocia, e non possano anche essere operai, spazzini, bancari, pizzicagnoli o magari disoccupati, a questo punto non ci sorprende più. Sappiamo bene che non è lui che ce l’ha con gli omosessuali, sono quelli che sono finocchi. Ma colpisce la chiosa finale. Che i contribuenti milanesi sappiano: il Comune rappresenta soltanto gli eterosessuali, immaginiamo regolarmente sposati e con prole. Anzi, uno dei suoi esponenti trova “assurdo” rappresentare il mondo gay. Mi sento allora di lanciare un appello ai cittadini GLBT: poiché il vostro Comune trova “assurdo” rappresentarvi, trovo io altrettanto “assurdo” che continuiate a pagargli le tasse. Moratti, Masseroli & compagnia bella vadano a chiederli alle operose famigliole etero per cui si battono e che trovano decoroso rappresentare. E magari, invece di lanciare astratti e insulsi proclami, gli rimedino anche un lavoro passabile, ché di chiacchiere la gente, omo o etero che sia, si è rotta le scatole.
Sono certa che uno sciopero fiscale sortirebbe risultati assai più significativi di impennate e indignazioni e cortei. E allora forse il nostro piccolo Torquemada, il nostro assessore Masseroli, vedrebbe con occhio diverso quei ricchi spendaccioni sodomiti. Magari li corteggerebbe pure. Cosa non si fa per i danée, vero, assessore?…
Post scriptum. Leggo che Francesco Italia, direttore di Gay.tv e grande sponsor della “signora Moratti”, si dichiara “molto addolorato” per il diniego di quest’ultima. Non è la prima volta che s’addolora, mi pare. Eppure l’immarcescibile golden boy casca dalle nuvole: “Consideravo la mia candidatura un segnale di apertura al nostro mondo, mi sembra [gli sembra!, n.d.A.] che le cose stiano cambiando”. Come se, prima di queste sortite, la destra italiana fosse stata sempre tenera, rispettosa e solidale con i gay, come se non si fosse mai udito parlare, da parte sua, di “culattoni, meglio fascisti che froci, peccatori, deviati” e chi più ne ha più ne metta. Come se il loro capo, non più di un mese fa, non avesse sghignazzato davanti ai monzesi che “i gay stanno tutti dall’altra parte”. Italia, evidentemente, di tutto quanto non ha mai sentito parlare, o, se lo ha sentito, ha fatto spallucce, ché tanto non toccava il suo “particulare”, il dorato mondo di vetrine in cui pochi privilegiati, di tutte le provenienze e di tutti i gusti sessuali, sguazzano felici e trasognati. Poiché, alla fine, è questo il vero problema degli Italia e dell’Italia intera: i brutti, i cattivi, gli sfigati, i poveracci, i froci e le lesbicone – quelli non griffati, intendo – sono sempre gli “altri”. A noi basterebbe badare al nostro orticello. Sentendoci, tutt’al più, “molto addolorati”.

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