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Fazio è un furbacchione e mi piace!

Fazio: Travaglio? Lo inviterei ancora
«La tv non può escludere nessuno, no a liste di proscrizione»

Cari amici,

Mi piace come Fazio è capace di fronteggiare le domande in modo intelligente e democratico.
Il giornalismo è un mestiere difficile, e non solo in Italia.

Certo è che per avere la libertà di Fazio è necessario anche avere i numeri di Fazio!
Se un programma non raggiunge determinati ascolti, diventa difficile “giocare” al giornalista indipendente.

D’ altra parte è anche vero che tutti i giornalisti “fanno finta” di essere liberi e di “fare il verso” a chi ci riesce ad essere libero davvero!

Ma cosa vuol dire per un giornalista “essere libero”??

E’ questa la domanda che non trova risposta! E’ facile essere liberi “di sponda” come Fazio, il quale si limita a sorridere sornione mentre il cannone di turno spara ad alzo zero.

Molto difficile invece è decidere di essere un cannone! Cioè smettere di chiedere il permesso, e raccontare la “verità” per come si è scoperta da fonti attendibili e verificabili.

….E se poi lor signori si offendono, allora si va in tribunale e si decide se la verità può essere spacciata per diffamazione!

E’ proprio vero! La libertà costa e si paga!

La stampa

JACOPO IACOBONI
Se uno mi chiedesse qual è la morale di questa storia risponderei così: dopo aver fatto le dovute scuse, non vorrei che da un singolo incidente – come ne possono capitare a chi lavora con uno strumento tanto delicato com’è la parola – si traesse lo spunto per limitare la libertà d’espressione». Sono passati due giorni dall’intervista a Marco Travaglio e dal finimondo che ne è nato. Fabio Fazio ha letto tutto, ascoltato le reazioni, chiesto scusa e, ieri, cercato di vivere una giornata come le altre, scandita dai soliti ritmi di lavoro a Milano, già a pensare alla prossima puntata della sua trasmissione. Ovviamente però gli si affacciano – e gli vengono rivolte – mille domande, in queste ore.

Ha mai pensato che invitare Travaglio poteva far nascere tutto questo?
«Travaglio è venuto altre tre volte, è un giornalista che vende migliaia di libri, va nei teatri, scrive sui giornali. È evidentemente molto interessante dal punto di vista televisivo».

Tuttavia viene ormai vissuto dai suoi nemici come una provocazione vivente, c’è chi la accusa sostenendo che chiamarlo è stato di per sé provocatorio.
«Per quel che mi riguarda, c’è provocazione se c’è premeditazione, dunque disonestà; e noi ovviamente non avevamo premeditato nulla. La cosa che mi dispiace di più sono le teorie del complotto che ho sentito in queste ore: noi lavoriamo in una stanzetta a Milano, a pranzo andiamo in trattoria con gli autori, con Antonio Cornacchione. Parliamo, discutiamo e mangiamo. Tutto qui. L’idea che si immagini sempre il complotto, la trama, fa invece pensare che non possa esistere la normalità; è come se non si riuscisse a concepire che in Italia c’è chi lavora autonomamente».

Non è che Travaglio aveva già deciso l’attacco che avrebbe sferrato?
«Io credo che neanche Travaglio avesse premeditato nulla. Devo davvero ribadire che, nel mio modo di sentire, tutelare la libertà d’espressione di chi c’è è speculare alla tutela dei diritti degli assenti. Le opinioni sono totalmente legittime, l’offesa non lo è. Più in generale, per quanto mi renda conto che quel che dico possa sembrare impiegatizio, credo che le vicende della vita delle persone siano spesso complicate e, ad essere assertivi, non sempre si fa la cosa giusta. È il mio modo di essere e la cifra del nostro programma».

Il pubblico come ha reagito, ha ricevuto mail, di sostegno, di protesta?
«Non ho letto niente. Ma la mia sensazione è che queste vicende probabilmente incidano meno di quello che pensiamo sui telespettatori».

Alcuni però sono convinti che questi incidenti avvengano sempre solo a danno del centrodestra. Come risponde?
«Vede, questa stessa domanda presuppone che chi fa il mio mestiere lavori per la politica o addirittura per i partiti. È come se qualcuno pensasse che le nostre azioni fossero calcolate per ledere o, peggio ancora, per aiutare la politica. Noi non siamo dipendenti della politica. Semmai questo è un atteggiamento proprietario che ha la politica nei confronti dei cittadini. Lavoro per il pubblico. E per la Rai»

Invitate Travaglio ma non, poniamo, Buttafuoco.
«Ma la connotazione del programma non è politica, è culturale. Poi è ovvio che ogni conduttore abbia dei gusti o una sua cifra. Ogni programma ha un suo marchio e un suo stile, credo sia la somma dei programmi che deve garantire la pluralità e la differenza».

Però le reazioni politiche sono state trasversali, dal Pdl al Pd. Pensa che qualcuno stesse cercando il casus belli?
«Ecco, proprio io non posso accreditare la teoria del complotto. Diciamo che il cda della Rai è in scadenza, dunque il momento è delicato».

Per caso l’ha chiamata Schifani?
«No, penso che abbia cose più urgenti da fare».

Fazio, lei inviterebbe di nuovo Travaglio?
«Per quel che mi riguarda, questa è una domanda che non deve neanche esser posta: la tv è inclusiva e non può escludere nessuno. La cultura delle liste di proscrizione è quanto di più distante ci sia da me. Ho già detto, mi dispiace molto per quanto è accaduto, però credo che per tutti sia preferibile una tv con qualche incidente ma tanta libertà d’espressione, piuttosto che una tv senza incidenti ma per niente libera».

 

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