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Cosa si potrebbe fare con 47 miliardi di Euro?

L’Italia si gioca 47 miliardi l’anno
Il mercato della fortuna è cresciuto dell’11% Aumentano Gratta&Vinci, Superenalotto e slot

Cari amici,

La notizia del giorno, è che lo scorso anno noi italiani abbiamo “buttato” poco meno di 47 miliardi di Euro, nella speranza di “vincere”!

Io non ho mai “investito” nel mercato della fortuna, ma da sempre mi interessa questo fenomeno sociale, che in Italia è straordinariamente diffuso.

Cosa convince la gente a “buttare” così tanti soldi in cambio della “speranza” di vincere tanti soldi?

…non so!

A volte mi chiedo come potrebbe essere utilizzata questa cupidigia, per promuovere benessere sociale e redistribuzione del valore finanziario.

I soldi “carpiti” in cambio di montepremi “esagerati”, si potrebbero spendere per obiettivi chiaramente identificati e magari “vicini” alle Comunità Residenziali.

Ad esempio, si potrebbe studiare una lotteria cittadina per costruire una nuova mensa in un asilo.

Il vincitore si porterebbe a casa il suo “gruzzolo”,e, in più, il capitale raccolto sarebbe utilizzato a fin di bene!

Lo Stato potrebbe agevolare queste iniziative “private” che unirebbero una sana economia relazionale con lo spirito “egoista” che spinge la gente ad “investire”, nella speranza di guadagnare sempre di più.

Da questo punto di vista, il giocatore accanito di Slot machine è paragonabile a chi “gioca” in borsa.

Ambedue sono spinti dalla fame di “guadagno”.

La società, da un punto di vista molto pragmatico, si può immaginare come un’ enorme pollaio, con tutti i cittadini che chiocciano e schiamazzano cercando di “beccarsi” a vicenda per mangiare di più degli altri.

Anche il cosiddetto “mercato”, se lo si vede in questa prospettiva, diventa molto più semplice da studiare, se si immaginano le “galline” (ossia i consumatori) che sono spinti dalle pubblicità e dal marketing verso questo o quel “mangime”.

La società è “chiusa in gabbia” e non riesce a vedere più il cielo!

Siamo come tante galline ammassate, troppo occupate a litigare per il nostro piccolo spazio per riuscire a vedere come potremmo unire le nostre forze per vivere meglio!

Buona domenica!

      “Un uomo trovò un uovo d’ aquila e lo mise nel nido di una chioccia.
      L’ uovo si schiuse contemporaneamente a quelle della covata, e l’ aquilotto crebbe insieme ai pulcini.
      Per tutta la vita l’ aquila fece quel che facevano i polli del cortile, pensando di essere uno di loro.
      Frugava il terreno in cerca di vermi e insetti, chiocciava e schiamazzava, scuoteva le ali alzandosi da terra di qualche decimetro.
      Trascorsero gli anni, e l’ aquila divenne molto vecchia.
      Un giorno vide sopra di sè, nel cielo sgombro di nubi, uno splendido uccello che planava, maestoso ed elegante, in mezzo alle forti correnti d’ aria, muovendo appena le robuste ali dorate.
      La vecchia aquila alzò lo sguardo, stupita.
      “Chi è quello?” chiese.
      “E’ l’ aquila, il re degli uccelli”, rispose il suo vicino.
      “Appartiene al cielo. Noi invece apparteniamo alla terra, perchè siamo polli”.
                           E così l’ aquila visse e morì come un pollo, perchè pensava di essere tale.

Corriere della sera

Risparmiamo sui vestiti, la cena fuori (per chi può) si trasforma in pizza, i viaggi (sempre per chi può) si riducono a viaggetti e anche gli spiccioli dimenticati nelle tasche hanno adesso una certa dignità. Eppure contro il logorio della crisi moderna c’è un settore che continua a infilare un boom dietro l’altro, alla faccia del nostro povero Pil intristito da quel sinistro e continuo segno m e n o . S u p e r e n a l o t t o , Gratta&Vinci, scommesse varie, macchinette al bar: quella dei giochi è l’unica industria che in Italia non ha problemi di fatturato, ed è ora al terzo posto in assoluto, dietro ad Eni e Fiat.

I dati ufficiali non ci sono ancora, ma le stime di fine 2008 parlano di una raccolta complessiva di poco meno di 47 miliardi di euro. Il 2 per cento del Pil, la ricchezza prodotta in Italia in un anno. Più o meno il valore del mercato dell’auto in Italia, cioè tutto quello che spendiamo, da Aosta a Palermo, per comprare una macchina nuova. Solo che, a differenza del mercato dell’auto, quello della fortuna è cresciuto dell’11 per cento rispetto al 2007. E per il neonato 2009 si prevede un altro aumento, l’8 per cento: un po’ meno è vero, ma si tratta sempre di invidiabili tassi da economia cinese.

Toglietemi tutto tranne la mia lotteria. Non è una sorpresa: da sempre quando i tempi si fanno cupi cresce la voglia di tentare la sorte. Tutto va a rotoli e allora tanto vale cercare il colpaccio invece di stare lì a faticare giorno per giorno come una formichina. Comportamento poco calvinista e, forse, anche poco razionale ma diffuso e non solo da noi. Non basta la spiegazione sociologica, però, perché questa è una crescita che viene da lontano. Rispetto al 2003 il totale delle somme giocate è triplicato: da 15 a 47 miliardi.

Crescita costante, anno per anno. Con buona soddisfazione dello Stato che, quando noi entriamo in ricevitoria, sorride più di tutti: quest’anno, grazie al prelievo fiscale sulle giocate, l’erario ha silenziosamente incassato quasi 8 miliardi di euro. Poco meno del famoso tesoretto che sembrava in grado di salvare le sorti del Paese e fece litigare partiti, sindacati e industriali. Boom dunque, ma boom in parte virtuale. E questa è una buona notizia. Il volume del gioco pulito cresce anche perché cala il numero di quelli che scommettono in nero. Lo Stato, spinto da senso di responsabilità ma pure dal desiderio di far cassa, ha dichiarato guerra al gioco clandestino. Nel 2008 il numero delle slot machine taroccate che la Guardia di finanza ha messo sotto sequestro è aumentato del 44 per cento. Sempre l’anno scorso sono stati ritirati oltre tre milioni di biglietti per lotterie caserecce e Gratta&Vinci illegali, più del doppio rispetto all’anno precedente.

Per capire la dimensione del gioco in nero, basta dire che ogni giorno vengono registrati un milione e mezzo di tentativi di collegamento con i siti internet di scommesse oscurati perché non autorizzati.

Più controlli sul gioco illegale ma anche più possibilità di gioco in regola con la legge. I Monopoli di Stato, che in Italia danno in concessione tutti i giochi, hanno infatti capito il business e moltiplicato le offerte sul tavolo verde. Al punto da mettere in difficoltà i vecchi giochi di una volta. Ed è proprio questo il granellino di sabbia che potrebbe inceppare un ingranaggio apparentemente perfetto.

Rischia di sparire, ormai, il Totocalcio che quest’anno ha perso il 23 per cento come volume di giocate e rispetto al 2003 ha visto sfumare più della metà del suo giro d’affari. Messe male anche le scommesse sui cavalli che arretrano del 16 per cento.

Schedina e sala corse sembrano senza speranza in un mondo che, anche nei giochi, campa solo di internet e tecnologia. Il guaio è che rischiano di trascinare nella fossa le due strutture che tengono in piedi con i loro ricavi: il Coni, Comitato olimpico nazionale, e l’Unire, che si occupa di allevamento dei cavalli nel nostro Paese. In un colpo solo meno atleti alle Olimpiadi e la fine di una tradizione vecchia di secoli? Per evitare questa doppia sciagura si è mossa la politica. All’Unire servono 150 milioni di euro, al Coni 140: dove trovare i soldi?

L’ultima Finanziaria ha aumentato dal 12 al 13,4 per cento il prelievo fiscale sulle scommesse delle cosiddette new slot. Sono quelle macchinette che si vedono nei bar, ispirate ai vecchi videopoker che, clandestini e spesso anche truccati, hanno rovinato schiere di poveracci. Adesso vengono controllate dai Monopoli, prevedono vincite (e perdite) limitate, hanno raggiunto quota 320 mila. E, incredibilmente, coprono quasi la metà delle mercato totale dei giochi con una raccolta di 20 miliardi di euro. Forti di questi numeri i gestori delle new slot hanno deciso di scioperare contro l’aumento della tassa. Perché magari non se ne accorgerà nessuno, ma il rischio è che pur di salvare Coni e Unire le vincite diventino un pochino meno ricche perché un’altra piccola parte del montepremi viene dirottata verso le tasche dello Stato.

Il 13 gennaio le new slot incroceranno idealmente le braccia. Un piccolo segnale, per carità. Ma potrebbe non finire qui. Dice Maurizio Ughi, presidente di Snai spa, una delle principali aziende che in Italia si occupano di scommesse: «Quando si è costruito il sistema dei giochi, lo Stato ha detto: mi accontento di un prelievo modesto così incoraggio il comparto legale e metto fuori gioco l’illegalità. Ora però, con l’aumento del prelievo fiscale si dà un segnale contrario».

Il fondato sospetto è che, sbaragliata la concorrenza clandestina, lo Stato voglia mettere a frutto il banco e guadagnare di più. Magari correndo il rischio di uccidere una gallina dalle uova d’oro. Oppure di far aumentare di nuovo il gioco in nero.

Le stime per il marcato clandestino parlano di un giro d’affari di 2 miliardi di euro, nel 2003 erano molti di più, almeno cinque volte tanto. Ad invertire la virtuosa tendenza basterebbe poco. Ogni italiano spende in media 800 euro l’anno tra Lotto, slot e affini. Prima posizione al mondo e non è detto che sia un primato. Secondo l’ultimo sondaggio realizzato dal Coordinamento nazionale gruppi per i giocatori d’azzardo, ad avere la passione per il gioco è l’82 per cento degli italiani (78%, secondo Eurispes). Praticamente tutti. Di questi una parte non piccola, 1 milione e 300 mila, sono a rischio dipendenza. Giocano cioè più di tre volte alla settimana, spendendo almeno 600 euro al mese. Sono proprio loro quelli che cadono più facilmente nelle mani del gioco nero.

Lorenzo Salvia
02 gennaio 2009

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