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Sarà più difficile rimuovere le barriere architettoniche

Sarà più difficile rimuovere le barriere architettoniche

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Il 18 giugno è entrata in vigore la legge di riforma delle regole di coabitazione in condominio. Tra le novità, c’è una disposizione che cambia le percentuali di accordo necessarie a prendere decisioni su lavori di rimozione delle barriere architettoniche. Il sito del Corriere la spiega così: «Con le nuove norme [la rimozione] richiede 500 millesimi e metà degli intervenuti; prima bastava un terzo del condominio e un terzo dei millesimi». La sostanza è che diventa più complicato deliberare in favore della rimozione di un gradino, dell’installazione di un corrimano o dell’allargamento di una porta. Tra tutte le riforme a costo zero possibili in questo momento, a occhio e croce questa ci sembra tra le meno urgenti, e guarda caso è invece tra le prime a essere applicata. Peraltro il condominio è spesso uno dei contesti in cui si sperimentano i peggiori esempi di mancata solidarietà tra persone vicine; ha senso introdurre una norma che tenda a isolare ancora di più chi, come le persone con disabilità, già vive una delicata situazione per cui dovrebbe godere a prescindere di una maggiore tutela?

Non bisogna pensare solo alle persone in carrozzina quando si parla di disabilità, bensì anche agli anziani con difficoltà di deambulazione, o a chiunque si rompa un braccio o una gamba. La disabilità è anche temporanea, parziale. E un gradino può diventare una montagna. L’Associazione nazionale amministratori condominiali e immobiliari (Anaci) si è già espressa: «Questo è un danno -ha detto Francesco Burrelli, vicario nazionale dell’associazione-. Una delle critiche che Anaci fa è che le persone più disagiate, quelle che hanno bisogno di più aiuto, quelle che hanno bisogno di più voce devono essere tutelate. Quelle maggioranze noi chiederemo di abbassarle». Gli interventi non riguardano poi solo le persone residenti stabilmente, perché anche un inquilino temporaneo ha il diritto di accedere alle diverse aree dello stabile senza sforzo o aiuto esterno.

Un altro fatto grave è che si continuino a costruire edifici che non rispettano le norme di accessibilità universale. I problemi non stanno tanto nelle strutture antiche situate nei centri storici, dove spesso l’intervento sarebbe impossibile o troppo invasivo, quanto in quelle edificate negli ultimi decenni. Secondo Daniela Orlandi, architetto ed esperta per il sito dell’Inail SuperAbile.it, «In una paese dove dal 1989, anno di emanazione della legge 13, continuiamo a vedere realizzati stabili non conformi a queste normative è ancora più negativo questo passo indietro. I contenziosi condominiali per le opere di abbattimento o superamento delle barriere saranno più frequenti e la persona disabile avrà più difficoltà a far valere un proprio diritto. Quello che si chiede è un po’ di chiarezza: una deroga esplicita -e non tacita, come invece prevede il nostro ordinamento giuridico- a garanzia dei diritti delle persone con disabilità».

Inoltre, per finire, con questo innalzamento si fa passare un’idea sbagliata, ossia che l’intervento di adeguamento sia una concessione, e non un diritto che si sostanzia. Se poi la maggioranza non si raggiunge la legge è molto chiara: sarà il condomino con difficoltà motorie a dover provvedere a proprie spese ai lavori e alla successiva manutenzione. Ma poi cosa farà, metterà un cancelletto davanti alla rampa per usarla solo lui?
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