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Rane e gabbiani denunciati per disturbo della quiete pubblica

 

Cari amici,

Sulla pagina Web del Corriere di oggi leggo che dei turisti protestano ufficialmente per il rumore notturno causato da rane e gabbiani.

Mi sforzo di immaginare i volti di queste persone, le quali con serietà denunciano che non possono dormire perchè gli animali notturni fanno rumore (e fin quì li potrei anche capire), ma poi arrivano alla conclusione che le autorità dovrebbero intervenire per risolvere il problema cacciando gli animali che disturbano il sonno.

Perchè alcuni soggetti sono diventati così indifferenti alla natura, così che credono di non farne più parte?

Siamo così abituati a giudicare il mondo dal nostro punto di vista, che arriviamo a conclusioni assurde, simili al celebre aforisma:

Giovanni fischia, tutti i treni fischiano, quindi Giovanni è un treno.

Credo che sia necessario tornare alla natura e a Dio, ed inoltre è opportuno mettere in relazione la vita degli uomini e della natura in modo che possiamo ritrovare armonia ed equilibrio.

A proposito di armonia tra Dio e il creato, vi propongo una storiella che può aiutare a capire:

Un monaco, disturbato nella sua preghiera dall’ insistente gracidio di una rana, spazientito, le intimò il silenzio.
E poichè egli era un santo, di colpo la rana tacque e con essa tutti gli abitatori dello stagno.
A quel punto, nel profondo silenzio così stabilito, una voce interiore sussurrò al monaco:
“E chi può mai dire se il gracidio della rana non sia gradito a Dio quanto il tuo salmodiare?
Come spiegheresti altrimenti che Dio stesso l’ abbia inventato?”
Pentito del suo scatto di impazienza, e pensieroso, il monaco invitò allora la rana a riprendere il suo concerto, e l’ aria fu piena del gracidare di tutte le rane dello stagno.
Quelle voci sembravano arricchire il silenzio della notte e, per la prima volta nella sua vita, il monaco si sentì in armonia con l’ intero universo.
E capì finalmente che cosa significasse pregare.

Corriere della sera

ROMA – La rana, in fondo, faceva soltanto il suo mestiere di rana. E ogni notte gracidava saltellando nel torrentello ligure. Ma i residenti del vicino condominio non apprezzavano l’accompagnamento sonoro al loro riposo e hanno cominciato a tempestare di telefonate di protesta il Comune di Alassio. «Qui non si può più dormire, fate qualcosa». Il più incivile ha preso a sassate l’anfibio, salvato dalla Protezione animali. «Ora la rana sta bene e l’abbiamo trasferita 200 metri più su» spiega Gianni Buzzi, vicepresidente dell’Enpa di Savona. «A molti turisti stranieri invece quel suono piaceva perché concilia il sonno». E comunque bastava aspettare qualche giorno. Finita la stagione degli amori, al ruscello sarebbe tornata la quiete.
Il fatto è che gli italiani, storditi e assordati dai rumori cittadini, ormai non riescono più a

Una cicala
Una cicala

convivere con quelli della natura, i rumori bianchi. Conferma Buzzi: «Quante chiamate riceviamo a inizio estate dai milanesi o dai torinesi che riaprono la seconda casa in Liguria e trovano sul balcone un nido di gabbiano». Anche lui dotato di ugola robusta, capace di strida acutissime. «Per evitare il peggio, spesso dobbiamo spostarli». La notte di Ferragosto una signora inquieta ha chiamato il commissariato di Tarquinia chiedendo un pronto intervento contro la cicala che friniva sull’albero di fronte alla sua finestra, denunciandola per disturbo della quiete pubblica. «Il nostro sistema nervoso si abitua ai rumori frequenti, li cataloga e noi di fatto smettiamo di ascoltarli», spiega l’otorino Massimo Delle Piane. «Quelli naturali ci sono diventati estranei, perciò ci allarmano e disturbano il sonno».
Secondo il professor Michelangelo Iannone, dell’istituto di Scienze neurologiche del Cnr, «nel caso della rana più che la frequenza probabilmente era la potenza del suono a dare fastidio». Ovvero i decibel sprigionati. «Nel nostro cervello, quando avvertiamo un rumore acuto, si attiva un meccanismo interno di allarme e si diffonde il monossido di azoto, un gas che ha un’azione eccitatoria e ci sveglia. Il gracidio o il canto di un gallo, per chi non è abituato a vivere in campagna, possono risultare inquietanti come un cane che abbaia o una sirena». Comunemente suoni come il vento o la risacca del mare sono considerati rumori «bianchi»: costanti, di sottofondo, favorirebbero il sonno. «Il verso della rana non rientra nella categoria. Noi ci addormentiamo con alcune frequenze, ma dipende molto dalla sensibilità soggettiva».

 

Un gruppo di rane (Ap)
Un gruppo di rane (Ap)

Assolve la specie Fulco Pratesi, presidente onorario del Wwf Italia: «La raganella verde è carina, il rospo smeraldino ha un trillo così bellino, la più rumorosa è la rana toro, ma non ce la vedo, vicino ad Alassio». Difende le voci agresti: «Io sto in campagna e tutte le mattine alle 4 c’è il gallo che canta, mi sveglia sì, però lo adoro» e condanna piuttosto «quelle moto orrende con la marmitta sfondata». I disturbatori della notte, elenca, possono essere le civette, gli allocchi, le tortore dal collare (quelle che fanno «uhh-uhh» vicino alle nostre finestre) e soprattutto, di mattina presto, i gabbiani. «Una vera piaga, di cui sono responsabile». Lo racconta spesso: «Era il 1973, trovai una femmina zoppa di gabbiano, che allora in giro non ce n’erano. La portai allo zoo di Roma, nella vasca delle foche. Si riprese. Un maschio di passaggio si innamorò e misero su famiglia».

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