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Sì all’avvocato amministratore di condominio

Cambio di fronte. L’avvocato potrà continuare a fare l’amministratore di condominio. Il Consiglio nazionale forense torna sui propri passi e con una decisione del 20 febbraio scorso mettendo fine alle polemiche di queste settimane ha dato il via libera definitivo al doppio incarico, dopo la bocciatura di poche settimane contenuta nella Faq 32.

Il quesito dell’ordine di Napoli

Il parere era stato sollecitato da un quesito posto dal Consiglio dell’Ordine degli avvocati di Napoli in merito alla compatibilità tra l’articolo 18 della legge 247/2012 di riforma dell’ordinamento professionale forense e l’esercizio dell’attività di amministratore di condominio anche alla luce della recente riforma del settore ad opera della legge 220/2012.

Amministratore mandatario con rappresentanza

La nuova posizione del Cnf parte dalla individuazione delle quattro macroaree di incompatibilità previste dalla riforma forense per dedurne che l’amministratore è un “mandatario con rappresentanza” di persone fisiche. Da ciò deriva che non agisce in proprio e non svolge attività commerciale, e così non si rientra nel primo divieto. Ma non è neppure un lavoratore subordinato e del resto il condominio è un ente di gestione privo di personalità giuridica distinta da quella dei condomini i quali infatti conservano il potere di agire in difesa dei diritti esclusivi e comuni, e via anche il secondo paletto.

E ancora, l’irriducibilità della figura del condominio allo schema societario e/o dell’impresa, è sufficiente per escludere anche il terzo impedimento quello relativo all’assunzione della qualità di socio illimitatamente responsabile, o di amministratore, di società di persone, aventi quali finalità l’esercizio di attività di impresa commerciale.

L’incompatibilità con altro lavoro autonomo

A questo punto, però, rimaneva ancora in piedi l’ultima ipotesi proprio quella che in un prima versione aveva fatto dire di “no” allo svolgimento delle due attività contemporaneamente, e cioè l’incompatibilità con l’esercizio di qualsiasi attività (diversa da quella forense) di lavoro autonomo svolta “continuativamente o professionalmente” (sono escluse ovviamente le attività espressamente consentite come quelle di carattere scientifico, letterario, artistico e culturale, di notaio, o l’iscrizione nell’albo dei commercialisti e degli esperti contabili, all’elenco dei pubblicisti e al registro dei revisori contabili, o ancora all’albo dei consulenti del lavoro).

Dunque il problema maggiore riguardava l’“attività di lavoro autonomo svolta continuativamente, o professionalmente”, ma “l’attività di amministratore di condominio si riduce, alla fine, all’esercizio di un mandato con rappresentanza conferito da persone fisiche , in nome e per conto delle quali egli agisce e l’esecuzione di mandati, consistenti nel compimento di attività giuridica per conto ed (eventualmente) in nome altrui è esattamente uno dei possibili modi di svolgimento dell’attività professionale forense”. “Sicché – prosegue il Cnf – la circostanza che essa sia svolta con continuità non aggiunge né toglie nulla alla sua legittimità di fondo quale espressione, appunto, di esercizio della professione”.

Il carattere “professionale”

Se questo è vero, osserva il Consiglio, qualche dubbio potrebbe rimanere circa il carattere “professionale”, ma a questo proposito soccorre proprio la legge di riforma del condominio che “non ha trasformato l’esercizio della relativa attività in professione vera e propria, o quanto meno in professione regolamentata, come è confermato dal fatto che non è stato istituito né un albo, né uno specifico registro degli amministratori di condominio”. Mentre il fatto che essi debbano seguire corsi di aggiornamento (articolo 25 nella parte in cui inserisce l’articolo 71 bis delle disposizioni di attuazione del Cc) non sembra sufficiente a configurare l’esistenza di una vera e propria professione.

La riconducibilità all’area del mandato

Infine, e forse questa è la parte più convincente, secondo il Cnf “anche quando il riferimento alla svolgimento in forma professionale dovesse intendersi come allusione ad un modo di esercizio di un’attività che richiede competenze, un minimo di qualificazione e rappresentante fonte reddituale, la riconducibilità dell’attività all’area del mandato e di quest’ultimo ad una modalità di esercizio della professione forense, finisce per riferire a quest’ultima il citato requisito”. Insomma i caratteri della competenza e delle professionalità inerirebbero alla figura dell’avvocato stesso giustificando l’attribuzione del mandato ad un soggetto qualificato.

Obbligo di versamenti alla Cassa

Attenzione poi perché il Consiglio ricorda che a questo punto la compatibilità “produrrà riflessi anche sul piano della disciplina fiscale e previdenziale della vicenda dovendo il relativo reddito considerarsi a tutti gli effetti di natura professionale e quindi, tra l’altro, soggetto anche a contribuzione a favore della Cassa Nazionale di Previdenza ed Assistenza forense”.
http://www.diritto24.ilsole24ore.com/gu … minio.html

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