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Le parti comuni necessarie

Le parti comuni necessarie

Il 18 giugno entra in vigore la nuova riforma del condominio. Riprendiamo l’esame delle principali novità previste all’interno dell’art. 1117 del Codice civile.

Al punto 1) della nuova formulazione dell’art. 1117 c.c. sono espressamente elencati alcuni elementi architettonici quali i “pilastri” e “le travi portanti”, in aggiunta alle fondazioni ed ai muri maestri: anche in questo caso la novella interviene per adeguare alla realtà la disciplina e comprende nell’elenco le componenti strutturali delle più moderne costruzioni.
L’integrazione può a prima vista essere giustificata da una necessità di restiling della terminologia concernente la struttura degli edifici, ma ad una più attenta analisi si giunge a conclusioni diametralmente opposte: da un lato, infatti, va sempre rammentato che l’elencazione di cui alla norma è meramente esemplificativa, pertanto può trovare maggiore e più dettagliata esplicazione nei singoli rogiti o nei regolamenti di condominio; sotto altro profilo, poi, l’ampliamento potenziale operato dal nuovo legislatore sembra invece prestarsi a dar luogo al sorgere di possibili contestazioni tra i condomini.
Si pensi al caso in cui il costruttore/venditore riservi in proprietà esclusiva solo ad alcuni condomini “i pilastri” che, proprio perché strutturali all’edificio, non perderebbero la loro identità di “parte” comune.

Analoghe considerazioni possono farsi per la “facciata”, ulteriore elemento entrato a far parte dell’elencazione delle parti comuni ed espressamente indicata come tale nel testo riformulato dell’art. 1117 c.c.: l’averlo ricompreso appare pleonastico, giacchè tale elemento è una parte indispensabile per l’esistenza stessa dell’edificio e necessariamente comune, al punto che, se così non fosse, il proprietario esclusivo sarebbe tenuto a rispettarne la destinazione obiettiva in favore dell’intero condominio.

La condominialità di tale elemento comporta notevoli conseguenze sia sul piano della tutela dei diritti di ciascun condomino in relazione all’aspetto dell’edificio (decoro architettonico), sia in relazione all’uso della stessa (per apporvi targhe, insegne) e sia infine perché nella stessa si inseriscono porzioni di proprietà esclusiva, come i balconi.

Il concetto di facciata, al di là della sua definizione di carattere architettonico, è stato delineato dalla giurisprudenza attraverso numerose pronunce che hanno sancito principi ormai consolidati sia in ordine alla natura della facciata, sia in relazione alla tutela di tale parte comune e sia, infine, in merito alla definizione delle singole parti di cui si compone, con particolare riguardo ai balconi.
È la parte più esterna dell’edificio, quella cioè che appare nel suo insieme ad un soggetto che si pone di fronte ad un caseggiato: come efficacemente esprime il termine stesso, è l’immagine (il viso/la faccia) dell’edificio.

Si deve ritenere che con l’espresso inserimento della facciata nell’elencazione dei beni comuni il nuovo legislatore abbia inteso tutelare la facciata in modo diretto, cessando di considerarla solo nei casi in cui il condomino o l’assemblea ne faccia un uso illegittimo, compromettendone l’aspetto esteriore con interventi che incidono sulle sue principali caratteristiche.
È proprio la facciata che principalmente caratterizza l’edificio condominiale e imprime allo stesso un certo decoro architettonico, termine che è stato definito dalla giurisprudenza come l’estetica del fabbricato data dall’insieme delle linee e delle strutture ornamentali che connotano lo stabile stesso e imprimono una determinata, armonica fisionomia.

La Legge 220/2012, sotto tale profilo, si è limitata dunque a recepire un principio ampiamente consolidato in giurisprudenza in quanto la facciata, rientrando nella categoria dei muri maestri, al pari di questi, costituisce una delle strutture essenziali ai fini dell’esistenza stessa dello stabile unitariamente considerato, sicché, nell’ipotesi di condominialità del fabbricato, ai sensi dell’art. 1117 n. 1), c.c., ricade necessariamente fra le parti oggetto di comunione fra i proprietari delle diverse unità immobiliari che lo compongono e resta indifferentemente destinata al servizio di tutte tali unità immobiliari, con la conseguenza che le spese della sua manutenzione devono essere sostenute dai relativi titolari in misura proporzionale al valore delle rispettive proprietà.

Va infine evidenziato, invece, che è stata persa un’occasione per fare chiarezza su quegli elementi che compongono la facciata, finestre e balconi, che hanno dato luogo a numerose questioni su cui si è formata copiosa giurisprudenza: l’argomento è stato però volutamente ignorato dalla Riforma, dopo che in uno dei tanti disegni proposti la facciata era stata prevista tra le parti comuni in uno con “l’insieme degli elementi architettonici e decorativi dei balconi”.
Il vuoto normativo continuerà ad essere colmato da una più che mai oscillante giurisprudenza che lascia non pochi dubbi interpretativi e, soprattutto, applicativi.

Fonte: Avv. Mariagrazia Monegat – Avvocato in Milano
Assocond-Conafi
http://news.attico.it/2013/06/13/riform … ecessarie/

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