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Interazione tra impianti privati e parti comuni

Interazione tra impianti privati e parti comuni

L’art. 1122 bis c.c. è una norma del tutto nuova, in vigore solo dal 18 giugno 2013 e non prevista nel vecchio ordinamento. Essendo collocata quale appendice dell’art. 1122 c.c. la norma, si delinea quale sua disposizione speciale che disciplina opere del tutto particolari con un proprio iter procedurale. Il soggetto, autore delle opere, non è individuato nel condomino come nell’art. 1122 bensì nella figura dell’ "interessato".

Tale curiosa espressione sembra porre il dubbio di un ampliamento nella individuazione delle categorie di soggetti destinatari della norma quanto alle sole opere descritte nel primo comma (impianti non centralizzati per la ricezione radiotelevisiva e per l’accesso a qualunque altro genere di flusso informativo, anche da satellite o via cavo). Per le opere descritte al comma secondo (impianti per la produzione di energia da fonti rinnovabili destinati al servizio di singole unità del condominio), infatti, la norma riconduce l’interessato al titolare della proprietà individuale.

Pare confermare il sospettato ampliamento soggettivo contenuto nel primo comma il fatto che esso non precisi come avviene invece al secondo comma che gli impianti siano destinati al servizio delle singole unità del condominio. D’altronde la Riforma prevede in modo esplicito in un’altra norma che opere particolari possano essere fatte da un non condomino.
Il secondo comma dell’art. 1120 dispone che le innovazioni di cui alle opere di produzione di energia mediante l’utilizzo di impianti di cogenerazione, fonti eoliche, solari o comunque rinnovabili possano essere fatte non solo dal condomino ma anche da "terzi" che conseguano a titolo oneroso un diritto reale o personale di godimento del lastrico solare o di altra idonea superficie comune.

Appare pertanto ipotizzabile che gli impianti non centralizzati per la ricezione radiotelevisiva e per l’accesso a qualunque altro genere di flusso informativo, anche da satellite o via cavo di cui al primo comma dell’art. 1122 c.c., nella logica della riforma, possano anche non essere destinati al servizio delle unità immobiliari ma anche di altre porzioni, eventualmente anche di terzi. Rammentiamo che il condominio già conosce l’eventualità che terzi possano essere interessati ad utilizzare delle porzioni comuni nel campo degli impianti dei flussi informativi e delle comunicazioni.

Si pensi alla casistica generata dalle locazioni dei lastrici solari ai gestori di telefonia mobile.
Gli impianti di cui al primo comma, precisa la norma, sono impianti non centralizzati e dunque nella normalità dei casi, si tratta di impianti destinati al proprietario individuale.
La ratio della norma è volta a precisare i limiti che gli interessati devono osservare nella realizzazione degli impianti. Così, gli impianti non centralizzati per la ricezione radiotelevisiva e per l’accesso a qualunque altro genere di flusso informativo, anche da satellite o via cavo, ed i relativi collegamenti fino al punto di diramazione per le singole utenze, devono essere realizzati in modo da recare il minor pregiudizio alle parti comuni e alle unità immobiliari di proprietà individuale.

Il primo limite precisato dall’articolo, è che l’installazione sia realizzata in modo da recare il minor pregiudizio alle parti comuni. Trattasi di limite sconosciuto alla vecchia normativa e di non facile applicazione. Il fatto che la norma fissi il solo limite del minor pregiudizio con riferimento alle installazioni che possano incidere sulle parti comuni, significa che il legislatore ha inteso l’art. 1122 come disposizione speciale rispetto all’art. 1102 c.c. che regola in generale l’uso delle parti comuni da parte del condomino.
L’interessato potrà pertanto realizzare l’impianto di cui al primo comma utilizzando anche parti le comuni dell’edificio senza dover osservare i limiti di cui all’art. 1102 c.c. ma i diversi limiti dell’art. 1122 bis.

Il "minor pregiudizio" quanto all’uso delle porzioni comuni costituisce un limite meno stringente rispetto a quelli generali dell’art. 1102 c.c. che sono il divieto di alterare la destinazione del bene e il divieto di impedire agli altri partecipanti di farne parimenti uso secondo il loro diritto. La porzione comune potrà pertanto essere usata per la apposizione di antenne satellitari anche qualora non sia destinata a tale funzione e qualora la sua destinazione tipica venga parzialmente sacrificata così come potrà essere parzialmente sacrificato il pari uso degli altri condomini.

Il minor pregiudizio sta a significare che, per quanto riguarda l’installazione degli impianti del primo comma, i condomini non interessati possano subire anche un sacrificio, purchè esso sia il minore possibile e che dunque non sia significativo o grave.
Di fronte ad una grave compromissione della destinazione del bene comune o del pari uso degli altri condomini sarebbero destinati invece ad operare ancora i limiti di cui all’art. 1102 c.c..
Il secondo limite è costituito dall’esigenza che l’installazione rechi il minor pregiudizio anche alla proprietà individuale. Si può ipotizzare un pregiudizio alle proprietà individuali allorchè parti dell’impianto vengano installate nelle loro vicinanze. In tal caso riteniamo che la norma vada interpretata nel senso che l’interessato non sia tenuto ad osservare le norme sulle distanze legali di cui agli artt. 873 e seg. c.c. ma ad osservare distanze tali da recare appunto il minor pregiudizio alla proprietà esclusiva degli altri condomini, da valutarsi secondo il caso concreto.Come è noto esiste contrasto in giurisprudenza sul fatto se negli edifici in condominio debbano osservarsi le norme sulle distanze legali o se piuttosto esse non possano trovare applicazione a causa della peculiare normativa del condominio stesso.
Qualora l’installazione determini un pregiudizio significativo, il proprietario esclusivo potrà comunque reagire e pretendere che l’impianto non venga realizzato.
Il terzo limite è il rispetto del decoro architettonico, lo stesso richiesto dall’art. 1120 c.c. in tema di innovazioni.

Per quanto riguarda gli impianti di cui al secondo comma, la norma prevede invece in maniera specifica il luogo ove essi possano essere realizzati.
Gli impianti per la produzione di energia da fonti rinnovabili destinati al servizio di singole unità del condominio possono essere realizzati o sul lastrico solare e su ogni altra idonea superficie comune e sulle parti di proprietà individuale dell’interessato.
Quando l’installazione degli impianti di cui al primo ed al secondo comma renda necessaria la modificazioni delle parti comuni. L’interessato deve promuovere un particolare iter procedurale. Il terzo comma dell’art. 1122 bis stabilisce infatti che in tale caso l’interessato deve darne comunicazione all’amministratore indicando il contenuto specifico e le modalità di esecuzione degli interventi.

A questo punto la norma dispone che l’assemblea possa prescrivere adeguate modalità alternative o imporre cautele a salvaguardia della stabilità, della sicurezza o del decoro architettonico dell’edificio. Quindi, avvenuta la comunicazione dell’interessato, l’amministratore ha l’obbligo di convocare l’assemblea al fine delle deliberazioni di cui sopra che, secondo il comma terzo, saranno prese con la maggioranza di cui all’art. 1136 comma quinto.La deliberazione non è prevista dalla norma come condizione di procedibilità o di legittimità della installazione.

L’assemblea ha infatti solo il potere di deliberare degli opportuni accorgimenti (può prescrivere modalità alternative o imporre cautele), ma se non lo fa o l’amministratore non la convoca, l’interessato potrà certamente eseguire le opere.
Riteniamo sia possibile anche un intervento ex post dell’assemblea qualora in concreto vi sia il fondato timore che l’installazione non salvaguardi la stabilità, la sicurezza o il decoro architettonico. L’assemblea non potrà invece vietare le installazioni ancorchè comportino semplici modificazioni delle cose comuni, purchè siano rispettati i limiti della norma (minor pregiudizio alle cose comuni ed alle unità immobiliari di proprietà individuale, rispetto della stabilità, sicurezza e del decoro architettonico). Naturalmente qualora le modificazioni siano di così vasta portata da costituire innovazioni dovrà invece applicarsi l’art. 1120 secondo comma.

Per i soli impianti di produzione di energia da fonti rinnovabili, a servizio delle unità immobiliari, (fotovoltaico per la produzione di acqua calda per uso personale e non per la produzione di energia elettrica, poiché essa è destinata alla rete pubblica e non a servire per le singole unità) il comma terzo prevede che l’assemblea possa ripartire l’uso del lastrico solare. La ripartizione del lastrico potrà avvenire "a richiesta degli interessati" e "salvaguardando le diverse forme di utilizzo previste dal regolamento di condominio o comunque in atto" come precisa la norma.

La predetta disposizione mira a disciplinare l’utilizzo del lastrico o di altra superficie utile qualora vi siano più interessati e si ponga la questione appunto di ripartirne l’uso in relazione al numero degli impianti che si intendano installare. Il limite relativo alla salvaguardia delle diverse forme di utilizzo previste dal regolamento o in atto sta a significare che l’installazione dell’impianto potrà eventualmente comprimere le varie destinazioni ma non sopprimerle del tutto. La norma non regola tuttavia come vada risolto il conflitto eventuale se le richieste di installazione dovessero risultare superiori alla possibilità di ripartizione e sfruttamento della parte comune. Riteniamo in tal caso che possa rivivere quella giurisprudenza elaboratasi in tema di parcheggi e che in situazioni di impossibilità di un pari godimento promiscuo della parte comune ha ritenuto valide le deliberazioni dell’assemblea che garantivano comunque un godimento indiretto, attraverso ad esempio il corrispettivo derivante dalla locazione del bene (Cass. n. 22435/2011).

Certo è che, se nessun interessato chieda l’intervento dell’assemblea per la ripartizione dell’uso della parte comune o se comunque questa non provveda a deliberare la sua ripartizione, ogni avente diritto potrà installarvi l’impianto una volta rese le comunicazioni di rito di cui al primo comma ed una volta rispettati i limiti ivi previsti.
Il comma 3 dell’art. 1122 bis, disponendo non un obbligo di ripartizione ma una mera facoltà in capo all’assemblea si conforma come eccezione a quanto disposto agli artt. 1102 e 1120 ultimo comma c.c..

L’interessato infatti, in caso di mancata ripartizione dell’uso della parte comune da parte dell’assemblea, potrebbe installare l’impianto anche se venisse astrattamente pregiudicato il pari uso potenziale degli altri condomini e anche qualora la parte comune stessa venisse resa inservibile anche ad uno degli altri partecipanti.
Il quarto comma pone un dovere a carico dei proprietari delle unità immobiliari di consentire l’accesso dell’interessato alle stesse ove ne sorga la necessità per la progettazione e l’esecuzione delle opere. La disposizione costituisce una specificazione dell’art. 843 c.c. in materia di vicinato.
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