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Fao, i paesi "ricchi" e i paesi "poveri"

Vertice Fao, la delusione delle Ong
“Solo parole, servono 44 miliardi”

Il Papa: “Non è più possibile accettare opulenza e spreco” di fronte ad un dramma planetario che vede morire ogni giorno 17 mila bambini: uno ogni cinque secondi”

Cari amici,

Quando pensiamo alla Globalizzazione, a volte dimentichiamo di definirla.

Per questo, quando arrivano notizie che trattano di economia “globalizzata”, laddove intere popolazioni non sono libere di fare economia a modo loro, ma bensì sono costrette a confrontarsi con il nostro modello produttivo, notiamo che la povertà dilaga.

E’ evidente che il nostro modello economico non distribuisce il valore finanziario in modo equo, perchè la popolazione mondiale è sempre più suddivisa tra pochissimi molto ricchi, e moltitudini di poveri e affamati.

Questa biforcazione tra “ricchi” e “poveri” ci riguarda tutti, perchè il divario si sta allargando sempre di più, e ormai insidia concretamente anche la cosiddetta “classe media” della opulenta società occidentale.

Ormai non possiamo più far finta di nulla!

E’ necessario denunciare con forza che la globalizzazione della circolazione delle risorse finanziarie e delle merci, se non è accompagnata dalla globalizzazione dei diritti dei lavoratori e delle regole di circolazione del denaro e delle merci, serve soltanto a gettare un ombra minacciosa e sconosciuta sui traffici illegali e sulla sopraffazione economica dei più poveri.

Dobbiamo cominciare a ripensare seriamente al mondo che vogliamo costruire, e a come costruirlo.

Soltanto così potremo influenzare la politica e favorire il cambiamento consapevole della nostra società.

La repubblica

ROMA – “Alla fine di questa giornata, quando saremo ancora qui, oltre 17 mila bambini saranno morti di fame. Ne scompare uno ogni cinque secondi. Sei milioni in un anno”. Ha scelto parole raggelanti il segretario generale delle Nazioni Unite, Ban Ki-Moon, per dare inizio al Vertice mondiale sulla sicurezza alimentare della Fao, che s’è aperto a Roma.

Nel palazzo di viale delle Terme di Caracalla si svolge l’ennesimo confronto tra capi di Stato e di governo – ne sono arrivati una sessantina, assenti i Paesi ricchi – sulla tragedia planetaria della fame nel mondo, che ha ucciso – solo nel 2009 – un miliardo e duecento milioni di persone. Una verità che atterrisce, ma che lascia ancora indifferente la maggioranza di quella parte del mondo ricco, principale responsabile degli immorali squilibri sociali ed economici che ci sono in questo mondo.

Eppure, da “… E’ arrivato il momento di rimboccarci le maniche…” di Berlusconi a “Ci vuole più impegno per debellare la povertà… ” le frasi vuote e scontate non sono mancate. E’ mancata invece un’assunzione di responsabilità tangibile, quanto meno per avviare un processo di cancellazione di questa piaga. I capi di Stato e di governo hanno approvato la dichiarazione in cinque punti con gli impegni per un’azione globale contro la fame.

Le richieste di Diouf. Tuttavia, il documento non dice una parola rispetto alla richiesta del direttore generale della Fao, il senegalese Jacques Diouf, che stamane ha chiesto 44 miliardi di dollari da destinare allo sviluppo agricolo e alle infrastrutture nei Paesi poveri. Aggiungendo anche che ”i fondi per la Fao risultano ridotti di un 22% rispetto ai livelli del 1994 e del 32% rispetto al personale impiegato”.

Poi sono arrivate le parole del Papa, che ha parlato di “egoismo” aggiungendo che: “Non è più sopportabile assistere ad opulenze e sprechi “. E sono arrivate anche quelle di Gheddafi: “L’assenza qui dei Paesi ricchi è un segno della scarsa volontà di risolvere il problema della fame”. Parole che hanno fatto eco a quelle del direttore della Fao, mentre il traffico di Roma andava in tilt e si animavano le proteste degli agricoltori e delle Ong davanti al palazzo.

Benedetto XVI. “Non è possibile continuare ad accettare opulenza e spreco, quando il dramma della fame assume dimensioni sempre maggiori!”. Con questa esclamazione Benedetto XVI ha concluso il suo discorso. Un discorso che era cominciato con un’analisi della situazione economica mondiale: “La comunità i
internazionale sta affrontando una grave crisi economico finanziaria. Le statistiche testimoniano la crescita del numero di chi soffre la fame e a questo concorrono l’aumento dei prezzi dei prodotti alimentari, la diminuzione delle disponibilità economiche delle popolazioni più povere, il limitato accesso al mercato e al cibo”.

Per favorire un adeguato approvvigionamento alimentare a tutte le popolazioni del pianeta, “è necessario contrastare il ricorso a certe forme di sovvenzioni che perturbano gravemente il settore agricolo, la persistenza di modelli alimentari orientati al solo consumo e privi di una prospettiva di più ampio raggio e soprattutto l’egoismo, che consente alla speculazione di entrare persino nei mercati dei cereali, per cui il cibo viene considerato alla stregua di tutte le altre merci”, ha aggiunto il Papa nel suo discorso.

Fra le cause all’origine della grave crisi alimentare mondiale, non c’è solo l’aumento demografico, ma anche l’eccessivo e sconsiderato uso delle risorse ambientali, un legame importante fra cambiamenti climatici mondiali e questione alimentare. E poi: “I metodi di produzione alimentare impongono un’attenta analisi del rapporto tra lo sviluppo e la tutela ambientale. Il desiderio di possedere e di usare in maniera eccessiva e disordinata le risorse del pianeta è la causa prima di ogni degrado dell’ambiente”.

La proposta di Barroso. Il presidente della Commissione europea José Barroso ha proposto un “sistema di allarme rapido”, basato su dati scientifici, per la sicurezza alimentare. Nel suo discorso ha puntato l’attenzione sul nesso tra sicurezza alimentare, sicurezza mondiale e lotta contro il cambiamento climatico. “Un mondo dove un miliardo di persone sono affamate – ha detto – è non solo una macchia sulla nostra coscienza collettiva, ma anche una crescente minaccia per la sicurezza mondiale. Come la lotta contro il cambiamento climatico, anche la lotta contro la fame non può aspettare: dobbiamo riuscire a dimezzare la fame nel mondo entro il 2015, secondo quanto previsto dagli obiettivi di sviluppo del millennio”.

Giorgio Napolitano. Il capo dello Stato ha inviato un messaggio: “Questa drammatica realtà, aggravata ulteriormente dalla crisi economica e finanziaria, non può lasciare indifferenti. Proprio la crisi economica e finanziaria insegna che ricchezza e benessere hanno valore se largamente ed equamente distribuiti. La comunità internazionale deve impegnarsi per porre le basi di uno sviluppo sostenibile e diffuso”.

Silvio Berlusconi.
“L’anno scorso in questa sede – ha detto il presidente del Consiglio – il direttore generale della Fao chiese di passare dalle parole ai fatti: per quanto mi riguarda ho preso per buono questo invito, e messo al centro del G8 dell’Aquila il problema dei soldi da trovare”. Proprio all’Aquila, ha ricordato il premier, è stato lanciato un programma da 20 miliardi di dollari per i prossimi tre anni. “Ora – annuncia – c’è da lavorare perché ogni Paese si assuma questo impegno in modo preciso, con date e modalità, affinché questi soldi possano andare ad aiutare gli agricoltori, soprattutto i piccoli agricoltori ed implementare la produzione generale nel mondo, ciò che dovremmo fare tutti insieme durante questo vertice”.

Muammar Gheddafi. Nel suo lungo discorso, il leader libico, dopo aver segnalato l’assenza dei Paesi ricchi nel summit, ha aggiunto che “la situazione più drammatica in Africa è quella delle sementi, monopolizzate da imprese diaboliche”. E ancora: “Dobbiamo smantellare questo monopolio, la Fao deve farlo in ogni Paese”.

Il colonnello ha poi lanciato un allarme, parlando da presidente dell’Unione Africana: “In Africa, investitori stranieri stanno rastrellando i terreni agricoli trasformandosi in nuovi latifondisti, contro i quali dobbiamo lottare”. Le emergenze ambientali nel continente sono molte e Gheddafi, nel suo intervento, ha ricordato quella del Lago Ciad, a rischio di prosciugamento, così come rischiano di prosciugarsi i bacini idrici del Senegal e il Delta del Nilo.

Hosni Mubarak. Se i Paesi ricchi non accettano di rivedere le “politiche protezioniste che hanno causato il maggior danno al settore dell’agricoltura nei Paesi in via di sviluppo il problema non si può risolvere”, ha detto il presidente egiziano Hosni Mubarak. C’è poi il capitolo degli interventi d’emergenza per fornire aiuti alimentari “in modo urgente ed efficace alla categorie più bisognose: e ribadisco il riferimento alla deteriorata situazione umanitaria nella Striscia di Gaza, come conseguenza dell’assedio continuo di Israele”.

Ignacio Lula. Per il presidente brasiliano il modello del suo Paese è il più adatto a sconfiggere la fame: “La più terribile tra le armi di distruzione di massa”, ha detto. Un modello vincente, perché è servito a sconfiggere la denutrizione nel Paese più vasto dell’America Latina e perché, dopo, ha messo le proprie conoscenze a disposizione degli altri Paesi. Sono state le determinazioni politiche che ci hanno permesso di raggiungere ottimi risultati con una forte rete di previdenza sociale e incentivando l’attivazione di programmi per l’agricoltura familiare, componente essenziale di questa strategia”.

Soprattutto “il Brasile ha trasferito senza condizioni la tecnologia di punta che ha influenzato la nostra agricoltura e condividiamo le nostre politiche con gli altri”. Ma il ruolo delle Nazioni Unite e della Fao, ha aggiunto, “è decisivo”. La constatazione amara, ha aggiunto, è che però “la metà delle risorse che i leader mondiali hanno investito per salvare le banche, renderebbe possibile eliminare la fame in tutto il mondo. E questo dimostra che la lotta resta ancora marginale nelle priorità politiche globali”.

Gianni Alemanno. “Nel documento finale del vertice sono confermati gli obiettivi di dimezzamento degli affamati nel mondo entro il 2015. Manca però una chiara indicazione dell’impegno finanziario. Una mancanza a cui si deve porre rimedio. Al di là dell’assenza dei leader mondiali, che disturba – ha detto il sindaco di Roma – c’è il problema di fondo di avere la garanzia che i 20 miliardi di euro stanziati nel G8 arrivino realmente ai produttori agricoli, cioè a coloro che devono combattere il dramma della fame”. Secondo il primo cittadino della capitale, occorre muoversi su tre linee: il riconoscimento della dignità degli agricoltori, una maggiore consapevolezza del problema e una politica che si comporti in maniera retta. Alemanno ha precisato che la città di Roma ha preso a cuore questo impegno ed è orgogliosa di ospitare il vertice.

Le ONG. I militanti delle Ong, riuniti sotto una tenda davanti alla Fao, hanno protestato contro le multinazionali “che utilizzano il cibo come mezzo di speculazione”. “Circa l’80 per cento delle persone che soffrono la fame vivono nelle zone rurali, ma la politica della Fao è quella di concentrarsi sulle multinazionali”, è la denuncia di Henry Saragih, coordinatore generale de ‘La Via Campesina’, movimento internazionale dei piccoli agricoltori. Davanti alla loro tenda, i militanti hanno messo in scena una sorta di rappresentazione teatrale, dove incarnano i piccoli produttori dell’America Latina e dell’Africa, vessati dalle multinazionali.

Le Organizzazioni Non Governative si dicono insoddisfatte dal piano in “cinque punti” varato a Roma, denunciano le “troppe omissioni” del testo ufficiale e lanciano la campagna “Ok, il prezzo è ingiusto”. Il rapporto “Fame di Cambiamento” rivela che esiste una gamma di possibilità per fermare la malnutrizione, causa di danni irreversibili allo sviluppo fisico e cognitivo dei bambini, sin dal loro concepimento al compimento del secondo anno di vita.

Nei Paesi in via di sviluppo, l’11% dei bambini è malnutrito già da prima della nascita, poiché la crescita viene compromessa dall’alimentazione scarsa delle loro madri. David Mepham, direttore di Save The Children ha rivelato che in molti Paesi poveri solo il 5% dei bambini ha una dieta diversificata, mentre il resto non riesce ad avere il sufficiente apporto di vitamine, utili per il loro sviluppo fisico e cognitivo.

Più di metà dei bambini che vivono in questi Paesi basa la propria nutrizione sulla combinazione al massimo di tre diversi alimenti e non riesce pertanto ad avere una dieta equilibrata. “Sappiamo come combattere la fame dei bambini e sappiamo quanti fondi sono necessari per farlo, ma si continua a non dare all’alimentazione la giusta importanza e tutto ciò deve cambiare – continua Mepham – Auspichiamo che alla fine di questo summit, ci sia un serio impegno a dire basta alla fame: è scandaloso che i leader mondiali stiano trascurando un problema così grande e la cui risoluzione è così ovvia”.

Gli agricoltori. Gli agricoltori del Sud Italia hanno dato vita ad un corteo, dopo essersi radunati in piazza San Giovanni in Laterano a Roma per protestare contro la crisi dell’agricoltura. Hanno percorso via Emanuele Filiberto – chiusa al traffico – per arrivare poi in Piazza Vittorio, all’Esquilino, dove hanno protestato per tutto il pomeriggio. “Noi agricoltori stiamo diventando dei pezzenti – ha detto un manifestante – perché non riusciamo a comprare neanche il pane che noi produciamo”.

I circa 600 tra piccoli produttori, contadini e pescatori arrivati da oltre 70 paesi per dare vita al Forum Parallelo della società civile, hanno ripreso molti degli argomenti del presidente brasiliano nella loro protesta sotto una tenda davanti al Vertice. “Abbiamo bisogno di una vera riforma agraria globale – ha detto Henry Saragih, coordinatore generale de La Via Campesina – perché l’80% degli affamati sono piccoli produttori di cibo e ancora non hanno avuto il piacere di ricevere, oltre che parole, azioni concrete”.

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