Quale utilizzo del locale caldaia in condominio?
Il locale centrale termica va considerato un volume tecnico.
Esso è definito come vano o spazio strettamente necessario a contenere e consentire l’accesso alle apparecchiature degli impianti tecnici al servizio dell’edificio (idrico, termico, di condizionamento e di climatizzazione, di sollevamento, elettrico, di sicurezza, telefonico, ecc.).
L’assemblea, dottrina e giurisprudenza sono concordi sul punto, è l’organismo strutturale, naturale e insopprimibile nell’ambito della gestione condominiale.
Anche il condominio minimo deve essere gestito dall’assemblea composta dai due partecipanti, solo urgenze o ricorso giudiziale per il caso di stallo.
È all’assemblea che spetta, in prima e in ultima istanza, assumere le decisioni sull’utilizzo del locale caldaia, ivi comprese le modalità d’uso.
Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha chiarito la questione sulla proprietà locale caldaia in ambito condominiale.
Il caso riguardava la rivendicazione di proprietà esclusiva di tale vano da parte di un condomino.
La Corte ha ribadito che il locale caldaia, in quanto volume tecnico, si presume bene comune ai sensi dell’art. 1117 c.c.
Per vincere tale presunzione, non è sufficiente un regolamento unilaterale del costruttore, ma è necessario un ‘titolo contrario’ presente nel primo atto di vendita che ha dato origine al condominio.
In assenza di tale prova, il locale resta di proprietà condominiale.
È all’assise condominiale che è attribuito per legge il potere principale di stabilire modalità e regole d’uso dell’utilizzo del locale caldaia, purché ciò non incida negativamente sui diritti dei condòmini.
Regolamentare l’uso, quindi, vuol dire predisporre una disciplina in favore di tutti e mai un divieto contro qualcuno.
L’assemblea, rispettando le indicazioni di legge, specie le misure di prevenzione incendi, può consentire l’uso come deposito, eventualmente vietando il deposito di specifici beni e materiali, ma non può impedire a uno specifico condòmino di farne quell’uso.
Locali centrale termica dismessa, i poteri dell’amministratore
Come detto in precedenza, in prima istanza è l’assemblea a decidere sulle modalità d’uso del locale centrale termica.
Un ruolo certamente non secondario, concorrente o suppletivo, e di responsabilità è posto in capo all’amministratore di condominio.
Il mandatario dei condòmini, in virtù di ciò che dispone l’art. 1130 c.c. è tenuto a:
eseguire le delibere assunte dall’assemblea, avendo inoltre il compito di far osservare il regolamento condominiale (art. 1130 n. 1 c.c.);
curare la disciplina dell’uso delle cose comuni e quindi fruizione dei servizi nell’interesse comune, al fine di assicurare il miglior godimento a ciascuno dei condomini (art. 1130 n. 2 c.c.).
Indicate queste prerogative e quindi responsabilità, ne discende che sia l’amministratore a:
dover valutare se e come l’assemblea abbia disciplinato l’uso dei locali centrale termica dismessa, se l’abbia fatto tramite una semplice delibera o se esistano clausole regolamentari e quindi curarne l’osservanza;
valutare se vi sia un uso di fatto consolidato nel tempo legittimo ed esercitabile;
comunque, in concorrenza ovvero in mancanza di questi elementi, dettare di propria iniziativa una disciplina dell’uso di questo vano tecnico che, inserendosi nell’ambito delle norme ovvero della prassi esistente, abbia la funzione di garantire quanto specificamente chiarito dal n. 2 dell’art. 1130 c.c. se del caso, anche attivandosi per impedire condotte illegittime.
Le decisioni dell’amministratore considerate illegittime possono essere contestate, giusta quanto disposto dell’art. 1133 c.c., con ricorso all’assemblea ovvero all’Autorità Giudiziaria, in tal caso previo esperimento del tentativo di mediazione.
Locali centrale termica dismessa, le prerogative dei singoli condòmini
Valutiamo, infine, ma solamente in termini di elencazione, l’ipotesi di uso individuale, cioè il diritto d’uso locali centrale termica dismessa che ciascun condòmino ha, indipendentemente o in concorso con le disposizioni collettive.
Il codice civile e non, pone in capo al condòmino uno specifico diritto d’uso di questo spazio comune, ma più in generale il diritto di utilizzare le cose comuni.
Il riferimento è l’art. 1102, primo comma, c.c., che recita:
Ciascun partecipante può servirsi della cosa comune, purché non ne alteri la destinazione e non impedisca agli altri partecipanti di farne parimenti uso secondo il loro diritto.
A tal fine, può apportare a proprie spese le modificazioni necessarie per il migliore godimento della cosa.
È una regola dettata in relazione alla comunione in generale, che trova applicazione pure per il condominio in quanto l’art. 1139 c.c. rimanda alle norme sulla comunione, se compatibili, per la regolamentazione degli aspetti non specificamente normati.
A ben leggere, nessuna norma di cui agli artt. 1117-1139 c.c. specifica quali siano i diritti d’uso dei singoli rispetto alle cose comuni.
La Cassazione e dei giudici di merito (la giurisprudenza) l’hanno interpretata affermando che l’uso da parte del singolo, oltre ai limiti indicati espressamente dall’art. 1102 c.c., non deve nuocere alla sicurezza e alla stabilità dell’edificio, nonché alterare il decoro dello stabile.
Esempio:
Il locale centrale termica dismessa quasi sempre può essere utilizzato come deposito di materiali inerti; diverso il caso di materiali infiammabili, per ragioni connesse alla prevenzione degli incendi.
Gli usi considerati illegittimi possono essere contestati con diffida e in caso di perseveranza posti al vaglio dell’Autorità Giudiziaria al fine di ottenere la loro cessazione.
Gli ermellini, censurando la violazione in cui è incorso il giudice di appello considerando sufficienti a provare la proprietà esclusiva gli atti di acquisto degli originari attori, hanno affermato che “al fine dell’esatta individuazione della condominialità o meno dei detti beni non andava considerato il suddetto atto ed il titolo di acquisto dei resistenti, ma – al contrario – l’atto costitutivo del condominio al fine precipuo di considerare l’esclusione o meno di determinati beni da quelli per i quali vi è presunzione di legge di appartenenza al condominio medesimo” (Cass. 30 aprile 2014 n. 9523).
Insomma è alla nascita della compagine che si fa chiarezza sulla natura condominiale o meno delle parti dell’edificio.
Utilizzo del locale caldaia parzialmente in uso, quali spese e responsabilità?
In un locale comune sono collocate nove caldaie al servizio di altrettanti appartamenti, solo due delle quali ancora funzionanti, i quanto in seguito a trasformazione a gas, sette condomini hanno installato le relative caldaie nei rispettivi appartamenti.
Si chiede se allo stato attuale l’amministratore è sempre responsabile del rispetto della sicurezza per gli impianti (locale caldaia) o è esclusiva competenza dei due proprietari delle caldaie ancora in esercizio?
Le spese (per impermeabilizzazione del solaio) per i lavori di manutenzione dei locali sono sempre a carico di tutto il condominio o dei solo due attuali utilizzatori?
Risposta:
Il locale caldaie, anche se ora contiene solo due caldaie funzionanti, non ha perso per questo la connotazione di bene comune.
Di conseguenza la responsabilità della sicurezza resta in capo all’amministratore in quanto, appunto, il locale è di proprietà comune.
Anche per quel che riguarda gli obblighi di manutenzione le spese sono a carico di tutti, a prescindere dal fatto che utilizzino o meno il locale in questione in base al principio stabilito dall’art. 1118 del Codice civile secondo il quale “Il condomino non può sottrarsi all’obbligo di contribuire alle spese per la conservazione delle parti comuni, neanche modificando la destinazione d’uso della propria unità immobiliare”. (22 novembre 2013)