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Crack della cina

Crack della Cina

Si moltiplicano i segnali che inducono a pensare a un possibile crack della Cina.

E’un’eventualità plausibile secondo Lei? Se sì, quali sono le ragioni?

“La Banca Mondiale ha ipotizzato un possibile crack cinese per il 2030.

Quindi non nell’ immediato ma addirittura tra 18 anni.

In realtà un rischio crack in Cina esiste, e in tempi molto più vicini in ragione di una serie di fattori:

Lo sgonfiamento della bolla immobiliare, la forte flessione del settore industriale anche per effetto della stretta creditizia decisa l’anno scorso, che ha spinto molte aziende a rivolgersi alla cosiddetta finanza grigia cioè all’usura.

Il risultato, è che molte di queste imprese hanno chiuso e gli industriali sono scappati all’estero, lasciando voragini di debiti.

C’è poi il blocco causato dalla recessione europea, che ha colpito le esportazioni cinesi, soprattutto c’è un debito pubblico che non è del 17% come ci si aspettava, ma che per effetto del debito delle amministrazioni locali è salito all’81% del Pil.

Quindi la situazione cinese è molto seria e il rischio che possa esplodere una crisi potrebbe palesarsi già l’anno prossimo.

Il report della Banca Mondiale non è credibile, perché è fatto dagli stessi che non hanno previsto la crisi del 2008 in casa loro, immaginiamoci quanto valga una previsione a 18 anni sulla Cina, di cui molti dati sono sconosciuti o imprecisi o falsificati.

In realtà, questo report è un tentativo della Banca Mondiale, sostanzialmente degli Stati Uniti, di influenzare il congresso del Partito Comunista Cinese.

Sostenendo un’ala piuttosto che un’altra, e non è un caso che questo sia successo nell’immediatezza della visita di Xi Jinping negli Stati Uniti.

L’uscita della Banca Mondiale quindi è da leggere come un’operazione politica. – Crack della Cina

Il rischio di crack in Cina invece è reale, ma non nel 2030. I tempi sono molto più ristretti.”

Quali effetti avrebbe un crollo cinese sull’economia mondiale e sulle aziende italiane presenti nel Paese?

“In primo luogo ci sarebbe un effetto sistemico a livello mondiale perché crollerebbe la domanda aggregata.

Le faccio un esempio: tutta la siderurgia cinese, che è una delle voci importanti dell’economia, va avanti su importazioni dall’Australia, quindi se si bloccasse la Cina crollerebbe immediatamente l’economia australiana.

Sarebbe un colpo durissimo, in questi anni molti investimenti finanziari sono stati fatti in dollari australiani perché era una moneta solida, anzi addirittura in rivalutazione.

Questo avrebbe poi un effetto di rimbalzo sull’economia giapponese, avrebbe ovviamente un effetto sulle nostre aziende in Cina che si troverebbero in difficoltà.

Avrebbe un effetto generale anche sugli Stati Uniti. In realtà, il rischio di contagio sarebbe sistemico.”

grandeindio:
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