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Riforma del condominio, quali (vere) innovazioni?

Riforma del condominio, quali (vere) innovazioni?

Il 18 giugno entrerà in vigore la legge di riforma. Le novità di maggior interesse per il settore dell’efficienza energetica, delle energie rinnovabili e più in generale dell’impiantistica e delle innovazioni tecnologiche
di Antonella Giraudi – avvocato in Milano

Sgombriamo subito il campo da facili entusiasmi, per lo più immotivati, oltre che da semplificazioni giornalistiche della prima ora. Sebbene tra le novità contenute nel provvedimento vi sia attenzione alle energie rinnovabili e più in generale all’impiantistica e alle innovazioni tecnologiche, vedremo che in alcuni casi i quorum necessari per l’adozione delle delibere sono stati elevati.

Su tematiche come quella – assai amplificata sui media – del distacco dal riscaldamento centralizzato, la nuova normativa nasce già vetusta, costituendo semplicemente la codificazione di principi generali consolidati negli anni dalla giurisprudenza, ormai poco attuali sotto il profilo tecnico. Il legislatore della c.d. “riforma condominiale” appare in questo specifico argomento, oltre che poco al passo coi tempi, in aperta controtendenza con leggi comunitarie, nazionali e regionali. Lo sviluppo tecnologico va in altre direzioni, verso l’efficienza energetica, la contabilizzazione e le rinnovabili.

IL PUNTO DELLA RIFORMA SU CONDOMINIO E IMPIANTI. In materia di contenimento energetico, il legislatore ha definitivamente chiarito la maggioranza necessaria per l’approvazione in assemblea degli interventi ad esso inerenti ed ha rafforzato il diritto del singolo condòmino all’istallazione di impianti non centralizzati per la produzione di energia da fonti rinnovabili al servizio di singole unità immobiliari; in quest’ultimo caso, con la previsione di una specifica procedura di approvazione assembleare e di ripartizione dell’uso della cosa comune di non facile attuazione.

La riforma ha inoltre in parte colmato lacune esistenti nell’ordinamento, recependo istanze evidenziate da tempo come ad esempio quella del Garante della privacy in materia di video-sorveglianza nelle aree condominiali. In questo primo approfondimento ci occuperemo delle modifiche apportate sul tema generale delle innovazioni; sul prossimo fascicolo di questa rivista affronteremo il distacco dall’impianto di riscaldamento centralizzato e l’installazione di impianti per la produzione di energia da fonti rinnovabili.

MODIFICHE ALLA DEFINIZIONE DI PARTI COMUNI

L’articolo 1 della legge n.220 dell’11.12.2012 riscrive l’articolo 1117 c.c. ampliando la definizione delle parti comuni dell’edificio, “oggetto di proprietà comune dei proprietari delle singole unità immobiliari” (e non più “dei diversi piani o porzioni di piani di un edificio”), anche se aventi diritto a godimento periodico (il riferimento è alle multiproprietà). Rispetto alla formulazione originaria, le parti comuni vengono riordinate. E precisamente:

“tutte le parti dell’edificio necessarie all’uso comune”;
“le aree destinate a parcheggio nonché i locali per i servizi in comune”;
“le opere, le installazioni, i manufatti di qualunque genere destinati all’uso comune”.
In particolare, sono ora esplicitati, oltre i pilastri e le travi portanti, le facciate, le aree destinate a parcheggio, i sottotetti purché destinati, per le caratteristiche strutturali e funzionali, all’uso comune, i sistemi centralizzati per il condizionamento dell’aria, per la ricezione radiotelevisiva e per l’accesso ad ogni genere di flusso informativo, anche da satellite o via cavo, e i relativi collegamenti fino al punto di diramazione ai locali di proprietà esclusiva o, in caso di impianti unitari, fino al punto di utenza.

LE INNOVAZIONI. Uno dei campi in cui la nuova legge ha voluto porre ordine è quello delle innovazioni. Le innovazioni agevolate erano da tempo previste in Leggi speciali, ma ora si è modificato l’articolo 1120 del Codice Civile ed esse sono state inserite e raggruppate accanto alle innovazioni che possiamo definire “generali”. Il che, come vedremo più avanti, non costituisce di per sé una facilitazione, perché con la riorganizzazione prevista dalla riforma alcune di queste innovazioni dovranno essere deliberate con quorum più elevati.

Per la definizione di “innovazione” (da non confondersi con interventi di natura conservativa, ordinaria o straordinaria), dovranno continuare ad applicarsi i principi ormai consolidati in giurisprudenza: si tratta cioè di qualsiasi opera nuova che, eccedendo i limiti della conservazione, dell’ordinaria amministrazione o del godimento della cosa comune, ne comporti una totale o parziale modificazione nella forma o nella sostanza.

Deve intendersi, per “innovazione” – avendo riguardo “anche alla effettiva rilevanza ed apprezzabilità della modificazione che essa produce” (Cass. civ., 4 luglio 2012, n. 11177) – l’insieme di modifiche che “determinando l’alterazione dell’entità materiale o il mutamento della destinazione originaria, comportano che le parti comuni, in seguito all’attività o alle opere eseguite, presentino una diversa consistenza materiale ovvero vengano ad essere utilizzate per fini diversi da quelli precedenti” (Cass. civ., 26 maggio 2006, n. 12654).

NUOVE MAGGIORANZE ANCHE PER LE PARABOLE

Viene elevato anche il quorum per le delibere relative all’installazione di antenne paraboliche satellitari centralizzate e impianti in fibra ottica: da 1/3 dei condomini rappresentanti 1/3 dei millesimi (in seconda convocazione) si passa alla maggioranza degli intervenuti in assemblea che rappresentino almeno la metà dei millesimi. È l’effetto della modifica apportata dall’art. 29 della legge L. 11.12.2012 n. 220 all’articolo 2-bis, comma 13, del decreto-legge 23 gennaio 2001, n. 5 (convertito, con modificazioni, dalla legge 20 marzo 2001, n. 66).

È fatto salvo, giusto il disposto del nuovo art. 155 bis delle disposizioni per l’attuazione del codice civile, l’adeguamento degli impianti non centralizzati di cui all’articolo 1122-bis, primo comma (impianti per la ricezione radiotelevisiva e per l’accesso a qualunque altro genere di flusso informativo, anche da satellite o via cavo), già esistenti alla data di entrata in vigore della legge di riforma, che può essere deliberato con la maggioranza, in seconda convocazione, degli intervenuti in assemblea rappresentanti almeno 1/3 del valore dell’edificio.

LE MAGGIORNAZE PER LE INNOVAZIONI "GENERALI". Le innovazioni dirette al miglioramento o all’uso più comodo o al maggior rendimento delle cose comuni possono essere adottate (per il combinato disposto del primo comma dell’art. 1120, comma 1 e del nuovo testo dell’art. 1136, comma 5, c.c.) con un numero di voti che rappresenti la maggioranza degli intervenuti e almeno i due terzi del valore dell’edificio. Rispetto alla norma ante riforma rimane immutato il riferimento ai millesimi di proprietà, ma alla maggioranza dei partecipanti al condominio si sostituisce la semplice maggioranza dei partecipanti all’assemblea.

In pratica, dal 18 giugno 2013 le delibere in esame possono essere assunte con la maggioranza semplice dei condòmini presenti in assemblea, purché questi rappresentino almeno i due terzi del valore dell’edificio, mentre in precedenza era necessaria la maggioranza dei comproprietari rappresentanti i 2/3 dei millesimi.

INNOVAZIONI AGEVOLATE O SPECIALI, ANCHE SU INIZIATIVA DEL SINGOLO CONDOMINO. L’assemblea può deliberare con la maggioranza degli intervenuti e almeno la metà del valore dell’edificio le innovazioni aventi ad oggetto:

• gli interventi volti a migliorare la sicurezza e la salubrità degli edifici e degli impianti;

• l’eliminazione delle barriere architettoniche;

• il contenimento del consumo energetico;

• la produzione di energia mediante l’utilizzo di impianti di cogenerazione, fonti eoliche, solari o comunque rinnovabili;

• la realizzazione dei parcheggi;

• l’installazione di impianti centralizzati per la ricezione radiotelevisiva e per l’accesso a qualunque altro genere di flusso informativo, anche da satellite o via cavo, e i relativi collegamenti fino alla diramazione per le singole utenze.

Per le innovazioni agevolate, il nuovo comma 3 dell’art. 1120 c.c. prevede che l’Amministratore sia tenuto a convocare l’assemblea entro trenta giorni dalla richiesta anche di un solo condomino, interessato all’adozione delle delibera, il quale dovrà espressamente indicare il contenuto specifico e le modalità esecutive dell’intervento proposto (in mancanza l’amministratore dovrà senza indugio invitare il condominio proponente a fornire le integrazioni necessarie). Rimangono vietate, per tutte le tipologie di innovazioni, generali o speciali, quelle che pregiudicano la stabilità, la sicurezza, il decoro degli edifici o l’uso di parti comuni anche da parte di un solo condomino.

IL FONDO SPECIALE OBBLIGATORIO. Deve evidenziarsi che per effetto della modifica apportata all’art. 1135 c.c., in caso di approvazione di opere di manutenzione straordinaria e di innovazioni, sarà obbligatoria dal 18 giugno 2013 la costituzione di un fondo speciale, di importo pari all’ammontare dei lavori. Secondo l’interpretazione ad oggi maggioritaria e preferibile, non è necessario che venga accantonato il fondo prima di deliberare e dar corso ai lavori ma è sufficiente che ne sia deliberata la costituzione contestualmente alla deliberazione sui lavori.

SULLE BARRIERE ARCHITETTONICHE LA CASSAZIONE È PIÙ SENSIBILE DEL LEGISLATORE
La legge di riforma ha inspiegabilmente alzato il quorum deliberativo delle opere volte all’abbattimento delle barriere architettoniche. L’art. 2, comma 1, della L. 13/89 “Disposizioni per favorire il superamento e l’eliminazione delle barriere architettoniche negli edifici privati”, prevedeva, in seconda convocazione, un numero di voti rappresentanti un terzo dei condòmini e almeno un terzo del valore dell’edificio(art.1136secondoe terzo comma). Tale riferimento è ora sostituito dalla maggioranza degli intervenuti e almeno la metà del valore dell’edificio (secondo comma dell’art. 1120 c.c.).
Rispetto alle esigenze dei disabili, la Suprema Corte si è dimostrata, anche recentemente, più sensibile del legislatore. Nella sentenza n. 2156 del 14.2.2012, la Cassazione ha risolto il conflitto tra il Condominio, che aveva agito per contrastare i lavori di realizzazione di un ascensore nel vano scala dell’edificio, ritenuti pregiudizievoli della fruibilità comune e della statica, e i condòmini interessati all’installazione. Gli “ermellini” hanno evidenziato che a fronte del conflitto tra le esigenze dei condòmini disabili abitanti ad un piano alto, praticamente impossibilitati a raggiungere l’abitazione a piedi,e quelle degli altri partecipanti al Condominio, per i quali il pregiudizio derivante dall’installazione dell’ascensore si sarebbe risolto soltanto in un disagio e scomodità conseguente alla relativa restrizione della scala e nella difficoltà in caso di usi eccezionali della stessa, vada adottata una soluzione equilibrata e conforme ai principi costituzionali della tutela della salute (art. 32) e della funzione sociale della proprietà (art. 42). La Cassazione ha pertanto riconosciuto il diritto alle persone versanti in condizioni di minorazione fisica di installare a proprie spese l’ascensore, con conseguente modificazione alla cosa comune.
MAGGIORANZE ULTERIORMENTE AGEVOLATE PER IL RISPARMIO ENERGETICO. In tema di interventi volti al contenimento energetico, la legge di riforma modifica l’art. 26 della L. 9 gennaio 1991 n. 10 risolvendo i dubbi interpretativi ingenerati dai numerosi interventi susseguitisi sulla norma.

La versione vigente fino al 17 giugno 2013, risultante dall’ultima modifica apportata dalla L. 99/2009, dell’art. 26 comma 2 è la seguente:

“Per gli interventi sugli edifici e sugli impianti volti al contenimento del consumo energetico ed all’utilizzazione delle fonti di energia di cui all’art. 1, individuati attraverso un attestato di certificazione energetica o una diagnosi energetica realizzata da un tecnico abilitato, le pertinenti decisioni condominiali sono valide se adottate con la maggioranza semplice delle quote millesimali rappresentate dagli intervenuti in assemblea”. Come sempre accade quando il legislatore non è particolarmente chiaro o sufficientemente tecnico, la norma ha dato adito a contrastanti interpretazioni, sulle quali appare ormai inutile addentrarsi, circa l’individuazione di quale fosse la “maggioranza” sufficiente per tali deliberazioni. Ora la “maggioranza semplice delle quote millesimali rappresentate dagli intervenuti in assemblea”, viene opportunamente sostituita con “la maggioranza degli intervenuti, con un numero di voti che rappresenti almeno un terzo del valore dell’edificio”.

QUANDO PUO’ BASTARE 1/3 DEL VALORE DELL’EDIFICIO (art. 26, comma 2 l.10/91) E QUANDO OCCORRE LA META’ (art. 1120 c.c.). Sorgono però problemi di coordinamento tra l’art. 26 comma 2 L. 10/91 e l’art. 1120 c.c., considerati i diversi quorum ivi previsti: la maggioranza degli intervenuti che rappresenti almeno un terzo, anziché la metà, del valore dell’edificio. Posto che la finalità degli interventi oggetto di delibera è il medesimo (il contenimento del consumo energetico) l’unico discrimine ravvisabile tra le due disposizioni può considerarsi l’esistenza, a monte della delibera, dell’attestato di certificazione energetica o della diagnosi energetica (in via alternativa fra loro) che indichino gli interventi necessari o utili allo scopo.

La ratio dell’art. 26 L. 10/91 appare chiara: la diagnosi energetica, cioè la procedura sistematica volta ad acquisire adeguata conoscenza del profilo di consumo energetico dell’edificio e indicare gli interventi utili e adeguati – effettuata da un tecnico abilitato – è lo strumento che consente di individuare quali siano le inefficienze e le criticità e di intervenire con le soluzioni a minor costo e maggior efficacia in termini di riduzione dei consumi energetici: un adempimento, dunque, dal quale non si può prescindere per le valutazioni necessarie all’assunzione di una delibera in materia.

Per beneficiare della maggioranza speciale, ulteriormente agevolata rispetto a quella dell’art. 1120 c.c., è necessario pertanto che gli interventi siano stati “individuati attraverso un attestato di certificazione energetica o una diagnosi energetica realizzata da un tecnico abilitato”.

Non occorre, invece, che all’atto della delibera sia già esistente il progetto delle opere, corredato dalla relazione tecnica di conformità, di cui all’art. 28 comma 1 della L. 10/91; progetto che necessariamente dovrà essere redatto e depositato in Comune prima dell’inizio dei lavori. Sul punto l’orientamento giurisprudenziale è consolidato e non vi è ragione per discostarsene.

CONTABILIZZAZIONE E TERMOREGOLAZIONE. La maggioranza “agevolata” di un terzo, prevista per gli interventi di risparmio energetico individuati attraverso una diagnosi energetica, non si applica invece per gli interventi relativi alla contabilizzazione e termoregolazione.

Per le innovazioni relative all’adozione di sistemi di termoregolazione e di contabilizzazione del calore e per il conseguente riparto degli oneri di riscaldamento in base al consumo effettivamente registrato, di cui al comma 5 dell’art. 26 L. 10/91, l’ambiguo riferimento previgente alla “maggioranza in deroga agli articoli 1120 e 1136 del codice civile” (anch’esso fonte di dubbi interpretativi) è stato eliminato e sostituito con “le maggioranze previste dal secondo comma dell’art. 1120 del codice civile”, ossia la maggioranza degli intervenuti che rappresentino almeno la metà del valore dell’edificio.

È singolare che tali interventi, assistiti da una presunzione di utilità e già obbligatori per gli edifici esistenti in caso di ristrutturazione o installazione dell’impianto termico ai sensi del D.P.R. 59/2009 (in Lombardia, a seguito della delibera n. 3522 del 23 maggio 2012, l’obbligo generalizzato entrerà in vigore l’1.8.2014), abbisognino di un quorum più ampio rispetto alle opere di cui al comma 2 dell’art. 26 (lo ricordiamo, la maggioranza degli intervenuti che rappresentino almeno un terzo del valore dell’edificio).

C’è da chiedersi se, per superare la discrasia forse involontariamente creata dal legislatore, possa ipotizzarsi che la maggioranza di cui all’art. 26 comma 5 si applichi solo nell’ipotesi in cui l’adozione dei sistemi di contabilizzazione e termoregolazione sia oggetto di autonoma delibera e non anche nei casi in cui tale adozione consegua automaticamente, quale effetto ex lege, alla delibera di cui al comma 2 dell’art. 26 medesimo. Si pensi, ad esempio, ad una delibera avente ad oggetto la sostituzione del generatore di calore, da cui derivi l’obbligo di adozione dei sistemi di termoregolazione.

Ma pur ammettendo una tale ipotesi, resterebbe il fatto che, per il conseguente riparto degli oneri di riscaldamento in base al consumo effettivamente registrato dai contabilizzatori, è necessaria l’approvazione con la maggioranza degli intervenuti e almeno la metà del valore dell’edificio.

Ciò a maggior ragione perché tale delibera andrà necessariamente a modificare i criteri di ripartizione previsti nel regolamento, anche di natura contrattuale.

LA RIPARTIZIONE DELLE SPESE IN BASE AI CONSUMI REGISTRATI. L’art. 26 comma 5 impone che, a seguito dell’adozione dei sistemi di termoregolazione e contabilizzazione del calore, la spesa venga ripartita in base ai consumi effettivamente registrati. Diversamente la finalità della norma sarebbe del tutto frustrata: avrebbe poco senso imporre tali sistemi se poi in Condominio si continuasse a ripartire i costi a millesimi, a metro cubo, per numero di radiatori, ecc., come previsto dal regolamento.

L’eventuale clausola difforme contenuta nel regolamento, anche di natura contrattuale, dovrà considerarsi nulla e sostituita da norma imperativa. Si vedano sul punto l’ordinanza del 30.1.2009 del Tribunale di Milano, sez. Distaccata di Legnano, dott.ssa Fedele e la sentenza del Tribunale di Roma del 29.4.2010 n. 9477, riportate nel box qui sopra.

Se non si adottano i sistemi di termoregolazione e contabilizzazione, quando sono imposti da disposizioni normative, ciascun condòmino potrà ricorrere all’Autorità Giudiziaria ai sensi dell’art. 1105 c.c.

IL CONTENIMENTO ENERGETICO PREVALE SUL REGOLAMENTO CONDOMINIALE
Ordinanza del 30.1.2009 del Tribunale di Milano, sez. Distaccata di Legnano, dott.ssa Fedele:
“l’art. 26 comma 5 L. 10/91 per evidenti connotazioni pubblicistiche che la caratterizzano essendo volta a perseguire l’obiettivo del contenimento energetico, va intesa quale norma imperativa di Legge, comunque sovraordinata ai regolamenti condominiali, sia pure contrattuali”.
Sentenza n. 9477 il Tribunale di Roma 29.4.2010 n. 9477: (…) “nel contrasto tra l’interesse particolare del condomino a non vedere modificare i criteri di riparto previsti dal regolamento o dalla legge e l’interesse generale a favorire il risparmio energetico, il legislatore si è orientato nel senso di attribuire prevalenza all’interesse più aderente al concetto di utilità sociale, giungendo, per tal motivo, a modificare ed abbassare i quorum assembleari per interventi rispetto ai quali, secondo le norme del codice civile, sarebbe stata necessaria la maggioranza qualificata delle innovazioni o, addirittura, l’unanimità. Si è quindi ritenuto che le disposizioni di cui alla legge citata per il loro carattere pubblicistico prevalgono sulla disciplina privatistica, donde l’autonomia negoziale dei privati risulta limitata”.
CRITERI PER UN’EQUA RIPARTIZIONE DELLA SPESA. Questa rivista ha già evidenziato che l’utilizzo del solo criterio del consumo potrebbe creare discriminazioni a scapito di quegli appartamenti che per la loro ubicazione ed esposizione sono più sacrificati degli altri, ragion per cui sarebbe equo introdurre anche alcuni correttivi che tengano conto di tali variabili. Si richiama in proposito l’interessante metodo della ripartizione compensata ideata da A. Mattarelli e S. Piva del Dipartimento di Ingegneria dell’Università di Ferrara (vedi CASA&CLIMA n. 33, ottobre 2011).

Nella deliberazione 2061 della Giunta della Regione Lombardia, all’art. 10.2, si ritrovano indicazioni, sia per i progettisti del sistema di termoregolazione e contabilizzazione, sia per i condòmini, per un contemperamento del criterio del solo consumo: “Nella progettazione del sistema di termoregolazione e contabilizzazione dell’energia termica, il progettista deve tenere conto delle diverse esposizioni delle unità abitative, degli ambienti confinanti in maniera specifica per i primi ed ultimi piani dell’edificio, dell’equilibratura dell’impianto. Tali caratteristiche dovranno essere evidenziate in una specifica relazione da consegnare al committente al fine di definire una equa suddivisione delle spese”. E ancora, sempre nella menzionata deliberazione di Giunta, alcune indicazioni per una corretta suddivisione delle spese: “l’importo complessivo dovrà essere suddiviso in relazione agli effettivi prelievi volontari di energia termica utile e ai costi generali per la manutenzione dell’impianto secondo percentuali concordate. La quota da suddividere in base ai millesimi di proprietà non potrà superare comunque il limite massimo del 50%. È fatta salva la possibilità, per le prime due stagioni termiche successive all’installazione dei suddetti sistemi, che la suddivisione possa avvenire ancora in base solo ai millesimi di proprietà”.
http://www.casaeclima.com/index.php?opt … &Itemid=56

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