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Equa riparazione e condominio

Equa riparazione e condominio
In tema di processi troppo lunghi, la legge prevede una specifica forma di risarcimento del danno che può essere domandato anche dall’amministratore di condominio.

Avv. Valentina Papanice scrive…

Una delle ultime sentenze emesse a Sezioni Unite in materia di condominio della Corte di Cassazione (la n. 19663 del 18.09.2014) ha risposto al quesito se i singoli condomini possano agire in giudizio – cioè se hanno la legittimazione ad agire -, per far valere il diritto alla equa riparazione per la durata irragionevole del processo; processo intentato dal condominio, in persona dell’amministratore, e del quale i condomini non siano stati parti.

Ebbene, detta risposta è racchiusa nel seguente enunciato di diritto: Nel caso di giudizio intentato dal condominio e del quale pur trattandosi di diritti connessi alla partecipazione di singoli condomini al condominio, costoro non siano stati parti, spetta esclusivamente al condominio, in persona del suo amministratore, a ciò autorizzato da delibera assembleare, far valere il diritto alla equa riparazione per la durata irragionevole del detto giudizio.

Tale conclusione assume un valore importante nella materia sotto due aspetti fondamentali: primo, viene stabilito che il condominio può agire per ottenere l’indennizzo per la durata irragionevole del processo; secondo, in determinate condizioni non solo il condominio può, ma è l’unico a potere ricorrere: viene cioè esclusa una legittimazione in capo al condomino che non sia stato parte del processo e comunque, anche se sia stato parte, per il periodo precedente alla sua costituzione in giudizio.

Vediamo allora come la Corte sia giunta a tali conclusioni.

Personalità giuridica del condominio e diritti (dei singoli) sulla cosa comune: il contrasto giurisprudenziale

Il diritto ad una equa riparazione per il danno, patrimoniale e non, subito per l’irragionevole durata del processo è previsto dall’art.2 della legge 89/2001, la cosiddetta Legge Pinto.

Il deferimento alle Sezioni Unite era avvenuto per effetto del contrasto tra giudicati che da un lato riconoscevano l’esclusività del diritto in capo ai condomini per il ristoro dei danni patiti a causa dell’eccessiva durata del processo (Cass. 22558/2009, 21322/2011 e 21461/2011), mentre dall’altro lo riconoscevano anche al condominio (Cass. 3396/2005, 24841/2005 e 10084/2008).

Ebbene, secondo un filone giurisprudenziale, il condominio, difettando di personalità giuridica, in quanto unicamente ente di gestione delle cose comuni, non può agire per l’equa riparazione se non con il mandato unanime, trattandosi di questione attinente ai diritti dei singoli.

Viceversa, l’amministratore può agire in virtù della sola delibera assembleare anche non totalitaria a tutela della gestione. Sulla base di tale premessa, il diritto al riconoscimento dell’equo indennizzo, fondato sul patema d’animo, ricadeva unicamente in capo ai condomini.

Imputazione del danno da irragionevole durata del processo e condominio

In contrasto all’orientamento sulla esclusività del diritto in capo al condomino, un altro indirizzo ammetteva la legittimazione del condominio in base alla legge 89/2001. Varie sentenze di legittimità lo ammettono sulla scorta altresì della giurisprudenza della corte EDU secondo cui anche per le persone giuridiche (e, più in generale, per i soggetti collettivi) il danno non patrimoniale, inteso come danno morale soggettivo è […], e non diversamente da quanto avviene per gli individui persone fisiche, conseguenza normale, ancorchè non automatica e necessaria, della violazione del diritto alla ragionevole durata del processo.

Il Giudice di legittimità prosegue con l’evidenziare che il riconoscimento in capo a soggetti collettivi del danno non patrimoniale da irragionevole durata del processo si è andato man mano consolidando nella propria giurisprudenza, portando ad esempio il percorso giurisprudenziale in materia di società.

Equa riparazione e parte processuale

Equa riparazioneOsserva, però, la sentenza in commento, che detto danno non può che essere riconosciuto solo al soggetto che è stato parte processuale nel processo presupposto: non assume dunque sul punto alcun valore la continuità della posizione processuale ai sensi dell’art. 110 c.p.c. (c.d. sostituzione processuale), perchè il riconoscimento del danno avviene solo a beneficio di chi direttamente abbia ricevuto danni dal ritardo del processo.

In sostanza, se nell’azione inizialmente intentata dal condominio si costituisce successivamente un condomino, questi potrà invocare l’equa riparazione solo per il tempo in cui egli direttamente è stato parte del processo, e non anche per il periodo in cui lo è stato il condominio, nella persona dell’amministratore, con l’assunto di essere stato comunque parte, anche se solo in senso sostanziale.

Tale concetto chiede però di ammettere una certa qual forma di imputazione al condominio di interessi e/o diritti, se non proprio una personalità giuridica, che consenta di distinguere il soggetto condominio dal soggetto condomino. Osserva la Corte che anche se non si è giunti all’esplicito riconoscimento della personalità giuridica del condominio nemmeno con la legge di riforma 220/2012, cionondimeno non possono ignorarsi gli elementi che vanno nella direzione della progressiva configurabilità giuridica in capo al condominio di una sia pure attenutata personalità giuridica, e comunque sicuramente, in atto, di una soggettività giuridica autonoma.

Prosegue la corte con l’osservare che dall’impostazione che non riconosce personalità giuridica al condominio discende la qualificazione del rapporto con l’amminisitratore come rapporto di mandato, proprio per la mancanza di soggettività al condominio, che porta a considerare il condomino sempre come potenziale parte del giudizio, anche se rappresentato ex mandato dall’amministratore.

La questione, si rammenta, riguarda le controversie dove si discute di diritti su di un servizio comune, e non della gestione del medesimo; in tale seconda ipotesi non v’è dubbio che la legittimazione spetti al condominio.

Se viceversa si consideri il condominio come centro di imputazione di interessi, diritti e doveri, cui corrisponde una piena capacità processuale, la conclusione cambia.

Allora, secondo la Corte, il condominio ha una sua piena autonomia processuale.

E per questa via la Corte arriva a riconoscere la legittimità solo a chi è stato parte diretta nel processo, in quanto, si aggiunge in sentenza, l’art. 2 è chiaro nel riconoscere l’indennizzo solo a chi è stato parte processuale.

Ne consegue che il singolo condomino non può essere considerato parte qualora sia rappresentato dall’amministratore.

Con la sentenza in commento si giunge dunque, per un verso, ad ammettersi la legittimazione del condominio ad agire in base alla legge, sia pure solo in presenza di mandato assembleare, non sussistendo in capo all’amministratore il potere di intraprendere azioni non conservative quale quella relativa al diritto all’equa riparazione. Per altro verso, deve escludersi che il condomino che non sia stato parte in senso formale nel processo presupposto sia legittimato ad agire per la equa riparazione del danno da irragionevole durata del processo.

Equa riparazione e singolo condomino

Escluso che possa agire direttamente, cosa può fare dunque il condomino che voglia vedersi riconoscere l’indennizzo ex L.89/2001 o meglio, che voglia vederlo riconoscere al condominio?

Innanzitutto dovrà fare in modo che sia convocata un’assemblea, ai sensi dell’art. 66, disp. att. c.c. tramite l’amministratore e, se questi non vi ottempera, direttamente insieme ad almeno un altro condomino, al fine di conferire incarico all’amministratore di intraprendere l’azione giudiziale. Il mancato rispetto del deliberato da parte dell’amministratore potrà essere causa di revoca ex art. 1130, co.14, n. 2.
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