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Vicini di casa: impara ad apprezzare il condominio

La semplice vicinanza di “sconosciuti familiari” che orbitano intorno al nostro spazio personale infastidisce; basta poco per sentirsi offesi, invasi, prevaricati. E così nascono incomprensioni, antipatie, risentimenti che a volte si trasformano in fissazioni e ossessioni, in motivi di liti esasperate o addirittura violenza, come confermano i dati di cronaca. Ecco perché cambiare il nostro approccio al vicinato potrebbe migliorare l’esistenza

La scienza ha ampiamente dimostrato come il benessere sia legato in modo profondo alla connessione, all’intimità sociale e come coinvolgersi, entrare in relazione con gli altri, sia una nostra esigenza autentica. Ma non sempre riusciamo a realizzare questo bisogno, sfruttando le occasioni sociali che la vita ci presenta.

Siamo spesso diffidenti. Soprattutto verso chi è diverso, estraneo, non ci somiglia. Intolleranti con le persone che ci vivono accanto e che non conosciamo, come il vicino di casa o l’inquilino del piano di sopra, sui quali proiettiamo mille fantasmi. La vicinanza di “sconosciuti familiari” che orbitano intorno al nostro spazio personale infastidisce in modo particolare. Basta poco per sentirsi offesi, invasi, prevaricati, maltrattati.

Per far nascere incomprensioni, antipatie, risentimenti. Che a volte si trasformano in fissazioni e ossessioni, in motivi di liti esasperate e vera sofferenza.

In modo stravagante, in effetti, la convivenza in un condominio realizza forme di intimità tra persone che intime in realtà non sono. La vicinanza fisica e i confini in comune pongono problemi di privacy, di distanza, di “promiscuità” nella vita di tutti i giorni.

Proteste e discussioni partono proprio dalla violazione illegittima di questi confini. Che spesso sono solo mentali, tracciati nel nostro condominio emotivo.

La cronaca ci riporta spesso casi di liti tra abitanti dello stesso stabile, che finiscono in tragedia. Secondo i dati del Ministero della Giustizia, i contrasti da pianerottolo rappresentano una buona parte delle cause civili nel nostro Paese, talvolta origine di processi penali.

Non sempre risolti, tra l’altro. Tempi lunghissimi e costi economici non indifferenti ma anche l’impossibilità di individuare dove stia precisamente e come debba essere gestita la “ragione”, fanno sì che l’intervento del giudice di pace non arrechi sempre pace al condominio.

Molte volte si torna a casa insoddisfatti, ancora più rancorosi, pronti a rifare guerra, cercare giustizia. La logica di fondo è sempre “ho ragione io e torto tu, vinco io e perdi tu”, sembra impossibile una soluzione che soddisfi tutti.

«Le liti nascono quasi sempre per motivi banali come il rumore dei tacchi o dello sciacquone notturno, l’acqua che gocciola dal terrazzo di sopra, una bicicletta parcheggiata nell’androne.

Liti che facilmente degenerano» spiega Francesco Guida della società di amministrazioni condominiali Gestidom srl che opera nel centro di Roma da molti anni. «Riuscire a negoziare, mediare, far capire che si possono trovare soluzioni dove ognuno possa avere qualcosa da guadagnare, non è semplice. Anche rimanere fuori dal litigio per noi amministratori è faticoso, ci sono sempre tentativi di coinvolgimento da parte dei contendenti. Il nostro intervento consiste nel riuscire a individuare risorse e strumenti adeguati dove purtroppo prevalgono ostilità, rancore e disinteresse».

Il condominio, in questo senso, racconta una vulnerabilità sociale. Convivere infatti non è solo occupare lo stesso edificio ma saper intessere e gestire relazioni e legami, e i conflitti che inevitabilmente nascono. Abitare una dimensione collettiva all’interno della quale abbandonare convinzioni e bisogni privati acquisendo una prospettiva plurale. Ragionare come Noi, per quanto risulti impopolare, e non più come Io, passare da Individuo a Comunità.
E soprattutto è un luogo dove privilegiare le relazioni, dare valore ai legami invece di chiudersi nel proprio appartamento e dichiarare guerra agli altri. Opportunità di rapporti, solidarietà, vicinanza.

Anche se è cambiato il concetto di comunità e siamo attratti soprattutto da quelle virtuali, il nostro villaggio globale inizia dalla porta accanto. Non significa instaurare legami profondi con tutti ma andare oltre l’indifferenza educata. Entrare in contatto, accogliere l’altro.

Conoscersi per dissipare convinzioni e preconcetti. Non dovremmo trascurare le sorprendenti risorse che un gruppo può attivare, le possibilità che è in grado di offrire e di quanto possa essere nutriente sentirsene parte.

Di come sia piacevole vivere accanto a persone di cui fidarsi e sulle quali contare. Come il condominio può rappresentare una risorsa, in particolare nei momenti di difficoltà, per sperimentare risposte concrete alle difficoltà pratiche delle famiglie ma anche per trovare sostegno emotivo reciproco, condivisione, confronto e partecipazione.

Invece, nel rapporto di vicinato ci restano familiari offese e ripicche, sembra normale parlarsi tramite avvocato e assurdo offrire aiuto o chiederlo, aprirsi la porta. Ancora di più fare cose insieme, organizzare un incontro, una festa condominiale ad esempio come occasione di scambio, una possibile chiave per spalancare reti di rapporti che vadano al di là della noiosa assemblea di condominio. Ci viene spontaneo inviare denunce per il cane dei vicini che abbaia piuttosto che bussare loro la porta e parlarne.

Chiamare la polizia quando sentiamo aria di festa in casa dell’inquilino del piano di sopra, anziché unirci per un bicchiere di vino. In termini di integrazione sociale e di emancipazione culturale, il condominio è ancora un concetto mentale piccino e ristretto che non siamo riusciti ad espandere.

http://d.repubblica.it/attualita/2015/1 … a-2820422/

 

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