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Una moneta di stato per salvare l’ economia reale

Una moneta di stato per salvare l’ economia reale

Quella che qualcuno ha definito “la più irresponsabile decisione bancaria presa nel mondo avanzato dal 1930” è stata temporaneamente fermata (la tassa sui conti correnti di Cipro). Ma per quanto? Il danno ormai è fatto: la credibilità delle istituzioni europee è clamorosamente incrinata, chissà se in modo irreversibile, e la fiducia dei cittadini europei deve essere ai minimi storici.

Ma pure qui si attendono aggiornamenti al prossimo incidente o alla prossima notizia negativa.

I dubbi ci possono essere solo sulla percezione dei cittadini, mentre ben pochi dubbi possono lasciare i numeri relativi alla situazione della finanza mondiale.

Come ricordato altre volte, il Pil mondiale è circa 60mila miliardi di dollari, ma il nozionale sui derivati Otc è circa 700mila miliardi di dollari.

Una montagna di derivati pari a circa 12 volte il Pil del mondo.

E si tratta comunque di titoli a rischio. Molti di questi sono scommesse sui titoli di Stato, cioè scommesse vinte fino a quando uno Stato non va in default.

Dall’inizio della crisi nell’agosto del 2007 non è cambiato nulla. Sono passato sei anni, una cifra importante in tempi di globalizzazione e alta finanza, ma non è sostanzialmente cambiato nulla.

Non ci sono nuove regole sostanziali: le banche a rischio sono a rischio come prima (quelle che non sono fallite), gli Stati ne hanno salvata qualcuna e quindi gli Stati sono diventati a rischio (pure loro hanno scoperto che mettono i soldi in banca) e il rischio è rimasto li, come una presenza ingombrante e ineliminabile.

E cosa ha prodotto questo cinque anni fa? Ricordate il fallimento della Lehmann Brothers? Dopo una serie di contatti frenetici, le autorità americane decisero di non intervenire, di non rischiare soldi pubblici, di lasciarla fallire anche per non rovinare il buon nome del libero mercato.

Oggi, dopo i numerosi e pesantissimi interventi della Federal Reserve, la banca centrale americana, e della Bce, la foglia di fico del “buon nome del libero mercato” non c’è più. Ma la situazione è identica.

Del resto, se per ogni dollaro che possiedi, ne chiedi in prestito fino a 30 e li investi è sufficiente che il tuo investimento abbia un calo del 4% per aver bruciato più di tutto il denaro in tuo possesso (30 x 0,04 = 1,2).

Questo è quello che è accaduto alla Lehmann, che aveva un leverage (questo è il nome tecnico) di 30 a 1 (aveva prestiti in corso pari a 30 volte il proprio capitale).

E qual è la situazione corrente del sistema bancario europeo? Il leverage delle banche europee è di circa 26 a 1. Capite? 26 a 1!

Capite perché la piccola, insignificante dimensione della finanza cipriota sta facendo tremare l’Europa?

Non perché un buco da 10 miliardi sia un elemento preoccupante, ma perché tutte le banche europee sono nella stessa condizione.

E sono tutte nella stessa condizione di 5­6 anni fa.

Non è cambiato nulla, non sono stati in grado di cambiare nulla. Quello che hanno fatto in questi anni è solo “comprare tempo”, fare nuovi prestiti per rimborsare quelli vecchi e fare finta che tutto va bene.

Con un leverage di 26 a 1 è sufficiente un calo del 4% di tali investimenti per far saltare completamente tutto il sistema bancario. E questo calo ovviamente è già avvenuto: perché allora non è saltato tutto?

Perché la Bce di Draghi ha passato al sistema bancario circa 1000 miliardi di euro in prestito al tasso dell’1%, perché il sistema bancario non avrebbe mai trovato tanti soldi in prestito a un tasso così vantaggioso.

Nuovi prestiti, nuovo debito, nuova droga a un sistema finanziario già drogato dal debito in eccesso.

Quei prestiti, infatti, prima o poi, andranno restituiti. E pure con gli interessi. E dove prenderanno tali interessi. Sì, avete capito, proprio dall’economia reale, cioè dalle nostre tasche.

Ma a volte capita che il tempo non c’è, e non si riesce proprio a comprarne altro (o si potrebbe, ma è divenuto troppo caro). E allora si cercano soluzioni grottesche, come quelle che stanno tentando di applicare a Cipro.

Si tenta (e bisogna vedere se ci si riesce) di applicare un prelievo forzoso sui conti correnti.

Il governo cipriota sta tentando di recuperare in tutti i modi circa 6 miliardi di euro per ottenere un prestito di altri 10 miliardi. Ora, si potrebbero fare diverse ironie sulla lungimiranza di un simile provvedimento.

Ma il dato davvero inquietante è che nessuno si pone davvero le due domande capitali, sul passato e sul futuro di questa situazione. Senza passato, senza futuro, senza storia, si pretende il risultato nell’immediato presente.

Ma senza una valutazione critica del passato e senza un impegno per il futuro, decade pure il criterio della responsabilità. E se decade tale criterio, come si può pretendere oggi un comportamento responsabile?

Se invece passato e futuro sono elementi di cui tenere conto, se dal passato occorre trarre le lezioni per non incorrere negli stessi errori (quindi occorre che la memoria sia una virtù) e per il futuro occorre prendersi la responsabilità di un impegno (quindi occorre che la speranza sia ragionevole e non sia una scommessa), allora può sorgere una posizione che non abbia come prima soluzione il risultato nell’immediato.

Da questa posizione, chi oggi pretende un risultato nell’immediato ha tutto da perdere (nell’immediato).

Chi oggi pretende nell’immediato ciò che sembra dovuto, in realtà sta già distruggendo passato e futuro, sta iniziando la distruzione di una possibile verifica con il passato e la possibilità di un impegno responsabile per il futuro.

Questo è quello che c’è in ballo veramente nella questione cipriota e nelle questioni che la finanza europea sta affrontando in questi anni. Cosa vale approntare una soluzione oggi per le banche cipriote fallite, se non si capisce come si è arrivati a questo punto?

Cosa vale mettere una soluzione temporanea oggi, se non si capisce come potrà avvenire uno sviluppo e un recupero domani?

Queste semplici domande mettono già il dito nella piaga: la banche cipriote non hanno fatto nulla di straordinario, si sono comportate come le altre banche europee, che in fondo si trovano strutturalmente nella stessa situazione.

E per il futuro non c’è nessuna chiara via d’uscita dalla crisi attuale, se non quella già intrapresa da tutte le banche europee, cioè quella di prendere altro denaro in prestito, di fare nuovo debito.

Occorre tornare alla moneta nazionale, alla moneta di Stato, non perché così il debito passi dal sistema bancario allo Stato, ma perché, come già oggi accade con le nuove monetine, la nuova moneta creata dallo Stato in forma di moneta viene messa tra gli attivi del bilancio.

Al contrario, nei bilanci delle banche centrali, tutte le banconote create (così come la moneta elettronica creata) viene posta tra i passivi.

Questa è l’origine perversa di un debito ineliminabile. Occorrerebbe una moneta di Stato, ma non possono permetterglielo: che figura ci farebbero se poi l’economia reale migliora?

Ma non occorre semplicemente che lo Stato si riappropri della propria sovranità monetaria.

Occorre che se ne riappropri tutto il popolo, come coscienza di un bene comune che prima di ogni cosa è nelle mani di ciascuno. Questo è il valore straordinario dei sistemi di Moneta complementare; oltre a quello di rivitalizzare l’economia reale locale.

Oggi abbiamo il contrario: un potere dispotico di decidere quanta moneta creare nelle mani di pochi, i governatori delle banche centrali.

I quali, per Costituzione, insieme al governatore della Bce, non rispondono dei loro atti. Irresponsabili per statuto. Irresponsabili per definizione.
http://www.ilsussidiario.net/News/Econo … a-/376478/

grandeindio:
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