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Tabelle millesimali e riforma del condominio

Tabelle millesimali e riforma del condominio

Maurizio de Tilla (Guida al Diritto)

Le tabelle millesimali costituiscono degli strumenti necessari per il funzionamento del condominio ai fini della ripartizione delle spese. Non costituiscono, però, un requisito necessario per la costituzione del condominio. Le tabelle esprimono il valore proporzionale dei singoli piani o porzioni di piano spettanti in proprietà esclusiva ai singoli condomini. Il riscritto articolo 68 disp. att. c.c. stabilisce che ove non precisato dal titolo ai sensi dell’articolo 1118 c.c., il valore proporzionale di ciascuna unità immobiliare è espresso in millesimi in apposita tabella allegata al regolamento di condominio. Ciò vale sia per l’accertamento (articolo 68 disp. att. c.c.), sia per la revisione o modificazione delle tabelle (articolo 69 disp. att. c.c.), sia per la ripartizione delle spese (articolo 1127 c.c. ), sia per la partecipazione all’assemblea ( articolo 1136 c.c. ).

Il regolamento contrattuale
Le tabelle millesimali costituiscono una sorta di statuto della collettività condominiale, fonte di diritti ed obblighi per i singoli condomini, i quali in base al principio dell’autonomia contrattuale, trattandosi di materia disponibile, possono fissare i criteri di ripartizione delle spese comuni anche diversi da quelli legali, prevedendo ad esempio un concorso paritario ovvero l’esenzione di alcuni condomini (cd. regolamento contrattuale).
Quantunque sia detto diversamente dalla norma citata, le tabelle millesimali possono esistere indipendentemente dal regolamento condominiale. La loro allegazione rappresenta un fatto meramente formale che non muta la natura di entrambi gli atti. Ed infatti i condomini, anche in mancanza del regolamento, sono liberi di accordarsi tra loro ai fini della ripartizione di tutte o alcune delle spese comuni. È comunque necessario che venga rispettata la quota posta a carico di ciascuno in proporzione al valore della rispettiva proprietà esclusiva (Cassazione n. 3245/2009 ).

Il piano di riparto
L’amministratore del condominio, nel redigere il piano di riparto delle spese tra i condomini, deve attenersi alle tabelle approvate e accettate finché queste non siano modificate e non può essere tenuto a esaminare i titoli dei singoli condomini e a valutarli, di sua iniziativa, come eventualmente difformi dalle tabelle, adeguando conseguentemente il riparto delle spese a tale valutazione, coinvolgente la posizione di tutti gli altri condomini. Le tabelle non sono, infatti, attributive della proprietà ma sono atti di mera natura valutativa del patrimonio dei singoli condomini ai limitati effetti della distribuzione tra essi del carico delle spese condominiali e della misura della partecipazione e della formazione assembleare della volontà del condominio (Cassazione 16982/2005 ).

Il godimento dei beni in comunione
La quota di proprietà, quale misura del diritto di ogni condomino, rileva relativamente ai pesi e ai vantaggi della comunione, ma non in ordine al godimento che si presume uguale per tutti, come ribadisce l’ articolo 1102 c.c. con il porre il limite del pari uso per cui nel caso di garage in comunione pro indivisa, non potendosi considerare equivalenti i posti macchina sotto il profilo della comodità di uso, il criterio di utilizzazione va stabilito, salvo accordo fra i condomini, nel rispetto dell’ articolo 1102 c.c. citato, il quale impedisce che alcuni condomini facciano un uso, sotto il profilo qualitativo, diverso rispetto agli altri: da qui l’illegittimità della delibera condominiale impugnata, nel fissare a tempo indeterminato la situazione di vantaggio degli uni e di svantaggio degli altri (Cassazione n. 26226/2006).

Millesimi, solo due eccezioni all’unanimità
La riforma del condominio è intervenuta con il nuovo articolo 69 disp. att. c.c. stabilendo che:
«I valori proporzionali delle singole unità immobiliari espressi nella tabella millesimale di cui all’articolo 68 possono essere rettificati o modificati all’unanimità. Tali valori possono essere rettificati o modificati, anche nell’interesse di un solo condomino, con la maggioranza prevista dall’articolo 1136, secondo comma, c.c., nei seguenti casi:
1) quando risulta che sono conseguenza di un errore;
2) quando, per le mutate condizioni di una parte dell’edificio, in conseguenza di sopraelevazione, di incremento di superfici o di incremento o diminuzione delle unità immobiliari, è alterato per più di un quinto il valore proporzionale dell’unità immobiliare anche di un solo condomino. In tal caso il relativo costo è sostenuto da chi ha dato luogo alla variazione.

Ai soli fini della revisione dei valori proporzionali espressi nella tabella millesimale allegata al regolamento di condominio ai sensi dell’articolo 68, può essere convenuto in giudizio unicamente il condominio in persona dell’amministratore. Questi è tenuto a darne senza indugio notizia all’assemblea dei condomini. L’amministratore che non adempie a quest’obbligo può essere revocato ed è tenuto al risarcimento degli eventuali danni.

La diversa posizione delle Sezioni Unite
La nuova normativa ha modificato sensibilmente la decisione delle Sezioni Unite della Cassazione (sent. 9 agosto 2010 n. 18477). La Cassazione aveva infatti disatteso l’orientamento della giurisprudenza in base al quale per l’approvazione o la revisione delle tabelle millesimali è necessario il consenso di tutti i condomini.
A fondamento della propria decisione le Sezioni Unite avevano richiamato l’opinione giurisprudenziale in base alla quale nel comportamento dei condomini assenti i quali abbiano pagato i contributi condominiali secondo la tabelle approvate a maggioranza è possibile individuare una accettazione delle tabelle stesse, non vertendosi in tema di effetti reali, per cui il consenso alla approvazione delle tabelle, non postulando il requisito di particolari requisiti formali, può ben manifestarsi per facta concludentia.

L’acquiescenza del condomino – Principi analoghi sono stati affermati con riferimento alla modifica delle tabelle millesimali. Si è, infatti, ritenuto che la partecipazione con il voto favorevole alle reiterate delibere adottate dall’assemblea dei condomini di un edificio per ripartire le spese straordinarie secondo un valore delle quote dei singoli condomini diverso da quello espresso nelle tabelle millesimali, o l’acquiescenza rappresentata dalla concreta applicazione delle stesse tabelle per più anni, può assumere il valore di univoco comportamento rivelatore della volontà di parziale modifica delle tabelle millesimali da parte dei condomini che hanno partecipato alle votazioni o che hanno aderito o accettato la differente suddivisione e può dare luogo, quindi, ad una convenzione modificatrice della disciplina sulla ripartizione delle spese condominiali. Secondo le Sezioni Unite, tale convenzione, avendo natura contrattuale e non incidendo su diritti reali, non richiede la forma scritta, ma solo il consenso anche tacito o per facta concludentia, purché inequivoco di tutti i condomini.

Con la richiamata decisione n. 1847/2010 (contraddetta dalla riforma del condominio) le Sezioni Unite hanno sottolineato che non sembrano convincenti gli argomenti addotti per sostenere la tesi della incompetenza della assemblea in ordine alla approvazione delle tabelle millesimali. In ordine all’argomento secondo il quale la determinazione dei valori della proprietà di ciascun condomino e la loro espressione in millesimi è regolata direttamente dalla legge, per cui non rientra nella competenza dell’assemblea, si può obiettare che la legge non regola le concrete modalità di determinazione dei millesimi, ma si limita a stabilire che essi debbono essere espressione del valore di ogni piano o porzione di piano, escludendo l’incidenza di determinati fattori.

Se, quindi, la determinazione dei valori delle singole unità immobiliari e la loro espressione in millesimi fosse effettivamente regolata dalla legge, nel senso di escludere ogni margine di discrezionalità, non si comprenderebbe per quale motivo le tabelle millesimali dovrebbero essere necessariamente approvate all’unanimità o formate in un giudizio da svolgere nel contraddittorio di tutti i condomini.

L’affermazione che la necessità della unanimità dei consensi dipenderebbe dal fatto che la deliberazione di approvazione delle tabelle millesimali costituirebbe un negozio di accertamento del diritto di proprietà sulle singole unità immobiliari e sulle parti comuni è in contrasto con quanto ad altri fini sostenuto nella giurisprudenza di legittimità, e cioè che la tabella millesimale serve solo ad esprimere in precisi termini aritmetici un già preesistente rapporto di valore tra i diritti dei vari condomini, senza incidere in alcun modo su tali diritti.
Quando, poi, i condomini approvano la tabella che ha determinato il valore dei piani o delle porzioni di piano secondo i criteri stabiliti dalla legge non fanno altro che riconoscere l’esattezza delle operazioni di calcolo della proporzione tra il valore della quota e quello del fabbricato.

Il valore di una cosa è quello che è, e il suo accertamento non implica alcuna operazione volitiva, ragion per cui il semplice riconoscimento che le operazioni sono state compiute in conformità al precetto legislativo non può qualificarsi attività negoziale.

Alla luce di quanto esposto le Sezioni Unite della Corte Suprema hanno affermato che le tabelle millesimali non devono essere approvate con il consenso unanime dei condomini, essendo sufficiente la maggioranza qualificata di cui all’ articolo 1136 c.c., 2° co.

La riforma elimina le ipotesi di espropriazione parziale o di innovazione di vasta portata
Con la nuova norma (articolo 69 disp. att. c.c.) le tabelle millesimali possono essere rettificate o modificate solo all’unanimità, salvo limitate e circoscritte ipotesi di revisione: a) nel caso di un errore; b) quando per le mutate condizioni di una parte dell’edificio, in conseguenza di sopraelevazione, di incremento di superfici o di incremento o diminuzione delle unità immobiliari, è alterato per più di un quinto il valore proporzionale dell’unità immobiliare.
Con questa formulazione sono state eliminate le ipotesi di espropriazione parziale o di innovazione di vasta portata.
È evidente che nel caso di ricorrenza di una delle due ipotesi fissate dal nuovo articolo 69 la competenza spetta all’assemblea condominiale che può provvedere alla modifica o rettifica con la maggioranza prevista dall’articolo 1136 secondo comma (maggioranza degli intervenuti e metà del valore dell’edificio).

Infine va chiarito che gli errori rilevanti ai fini della revisione sono quelli obiettivamente verificabili, restando esclusa la rilevanza dei criteri soggettivi nella stima degli elementi necessari per la valutazione.
L’errore non coincide con l’errore vizio del consenso.

Va, infine, rilevato che la giurisprudenza ritiene che le “tabelle di uso o di gestione”, se rispondenti ai criteri legali, possono essere approvate a maggioranza. Riguardo alle “tabelle di gestione” i criteri sono fissati dal codice civile per le scale e gli ascensori, per i lastrici solari di uso o proprietà esclusiva, per il riscaldamento e per la gestione dei citofoni e delle antenne TV. Infine, la nuova normativa ha stabilito che, ai soli fini della revisione, può essere convenuto in giudizio unicamente il condominio in persona dell’amministratore, e non tutti i condomini. Il che rendeva, in precedenza, molto onerosa la revisione giudiziale dei millesimi.
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