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Speciale Rent to buy: inadempimento, conduttore moroso

Speciale Rent to buy: inadempimento, conduttore moroso

Marta Jerovante scrive…

Il D.L. 12 settembre 2014, n. 133 (meglio noto come decreto cd. “Sblocca Italia”) ha introdotto, all’art. 23, un’apposita disciplina in materia di « contratti, diversi dalla locazione finanziaria, che prevedono l’immediata concessione del godimento di un immobile, con diritto per il conduttore di acquistarlo entro un termine determinato imputando al corrispettivo del trasferimento la parte del canone indicata dal contratto» (comma 1, prima parte).

Prioritaria finalità rafforzare la tutela di entrambe le parti contraenti.

Con specifico riferimento all’ipotesi di inadempimento delle parti, il provvedimento in questione sancisce:

la risoluzione del contratto, in caso di mancato pagamento, anche non consecutivo, di un numero minimo di canoni, determinato dalle parti, non inferiore ad un ventesimo del loro numero complessivo (comma 2);
la restituzione della parte dei canoni imputata al corrispettivo, maggiorata degli interessi legali, in caso di risoluzione per inadempimento del concedente (comma 5);
la restituzione dell’immobile e l’integrale acquisizione dei canoni a titolo di indennità, se non è stato diversamente convenuto nel contratto, nell’ipotesi di risoluzione perinadempimento del conduttore (comma 5).

Peraltro, l’ultimo comma appare di particolare rilievo se si considera che una delle maggiori criticità dell’intero impianto è proprio il recupero dell’immobile da parte del proprietario-concedente a fronte di un’alterazione del sinallagma contrattuale.

L’ atto pubblico come titolo esecutivo per le obbligazioni di rilascio Al riguardo, viene in rilievo una questione, ossia la possibilità di riconoscere efficacia di titolo esecutivo all’atto pubblico: si rileva che, «se l’obbligo di rilascio in caso di inadempimento da parte del conduttore è contenuto in un atto pubblico, l’atto stesso potrebbe valere come titolo esecutivo ai sensi dell’art. 474, ultimo comma, cod. proc. civ. e consentire di procedere per liberare i locali senza dover prima agire in giudizio» (Bosso, Rollino, Rent to Buy, Il Sole 24 Ore, 2015).

Si rammenta infatti che, per effetto della legge di riforma del processo civile di cognizione (14 maggio 2005, n. 80), l’atto pubblico costituisce ora titolo esecutivo non più solo per le obbligazioni di pagamento di una somma di danaro ma anche per quelle di consegna o rilascio, purché il diritto consacrato nel titolo risponda ai requisiti della “certezza”, “liquidità” ed “esigibilità”.

Cosa renderebbe però problematica l’attribuzione della valenza di titolo esecutivo per la consegna/rilascio anche all’atto pubblico di rent to buy? La qualificazione, da parte della prevalente dottrina, del rent to buy come una figura autonoma rispetto alla locazione, in ragione della possibilità per le parti di determinare in modo autonomo il contenuto del contratto anche sotto il profilo della durata, e per la mancanza dei presupposti cui è subordinata, per le locazioni ad uso abitativo, la possibilità di ottenere il rilascio dell’immobile alla prima scadenza.

L’ effettività della tutela giurisdizionale

Va da sé che la tutela apprestata a favore del concedente risulti tanto più efficace quanto più la procedura dal medesimo soggetto attivabile sia idonea a condurre speditamente al soddisfacimento della pretesa: in tale prospettiva una recente analisi del Consiglio nazionale del Notariato (Fabiani, Studio n. 283-2015/C, Rent to buy, titolo esecutivo per il rilascio dell’immobile ed effettività della tutela giurisdizionale, 28 maggio 2015) prende in considerazione, da un lato, la possibilità di ricorrere alla cognizione sommaria, e segnatamente al procedimento di convalida di sfratto di cui agli artt. 657 ss. c.p.c., dall’altro, appunto, la configurabilità del contratto di rent to buy redatto nella forma dell’atto pubblico come titolo esecutivo, sia per l’espropriazione forzata sia per l’esecuzione specifica per consegna o rilascio – in tale ipotesi si azzererebbero i tempi della cognizione, sia piena che sommaria.

Riguardo al primo profilo, l’A., richiamando la prevalente impostazione che nega l’applicabilità per analogia del procedimento per convalida di sfratto a tipologie contrattuali differenti dalla locazione, tende invero ad escludere la possibilità di farvi ricorso in materia di rent to buy: come accennato, i primi interventi giurisprudenziali tendono infatti a qualificare il rent to buy come un contratto atipico o come un contratto tipico differente.

Sotto l’esaminato profilo dell’effettività della tutela giurisdizionale l’unica strada percorribile appare allora quella di ammettere che il contratto di rent to buy, redatto nella forma dell’atto pubblico, possa costituire titolo esecutivo, oltre che per l’espropriazione forzata, anche per l’esecuzione specifica per consegna o rilascio: oltre alla necessaria forma dell’atto pubblico – poiché, ove si voglia ricomprendere anche l’obbligo di rilascio, non basterebbe la forma della scrittura privata autenticata –, il pubblico ufficiale rogante dovrà però adottare tutte le accortezze idonee a rendere il contratto, «il più possibile puntuale, evidenziando espressamente gli obblighi di consegna, riconsegna, restituzione, al fine di poter fondare l’azione esecutiva sul titolo negoziale» (Fabiani, Studio n. 283-2015/C, Rent to buy, cit.).

Conduttore moroso e rilascio dell’immobile. Il ricorso alla clausola risolutiva espressa

La determinazione delle quote Nonostante l’intervento normativo di cui al cd. Decreto Sblocca Italia ( D.L. 12 settembre 2014, n. 133, art. 23) miri ad un complessivo incremento di tutela delle parti contraenti un contratto di rent to buy, a queste ultime resta rimessa la regolamentazione di aspetti tutt’altro che secondari, quali la fissazione della durata della fase di godimento, o la determinazione della quota di canone imputabile a corrispettivo della successiva vendita.

Si ricorda infatti che il rent to buy è un programma preparatorio all’acquisto che permette di ottenere subito la disponibilità dell’immobile, dapprima in locazione (rent) e successivamente nella piena proprietà (buy), al completamento del processo di acquisto, che si concluderà entro il termine convenzionalmente fissato ad un prezzo che viene però pattuito e bloccato oggi, al momento della stipulazione del contratto.

Il conduttore-futuro acquirente entra subito nella disponibilità dell’immobile desiderato versando al venditore (costruttore o privato) un acconto che, per ipotesi, ammonta al 6% del prezzo di compravendita, da intendersi pattuito oggi e bloccato per un periodo pari a 3 anni; durante la fase preparatoria il conduttore versa mensilmente al venditore una somma, che viene però solo in parte considerata al pari di un normale canone di locazione – e dunque versata a fondo perduto: nella restante parte, nella misura contrattualmente stabilita, detta somma viene, in sostanza, “salvata” e va a creare un deposito in conto futuro acquisto che, assieme all’acconto iniziale, determinerà l’accantonamento totale, al termine del programma preparatorio all’acquisto, pari, immaginiamo, al 15% del prezzo concordato. In tal modo, al momento del rogito, l’acquirente dovrà saldare solo il restante 85% del prezzo di vendita dell’immobile.

L’ inadempimento del conduttore nel Decreto Sblocca Italia I commi 2 e 5 dell’art. 23 disciplinano specificamente effetti e conseguenze dell’inadempimento delle parti, sancendo: la risoluzione del contratto, in caso di mancato pagamento, anche non consecutivo, di un numero minimo di canoni, determinato dalle parti, non inferiore ad un ventesimo del loro numero complessivo (comma 2); la restituzione della parte dei canoni imputata al corrispettivo, maggiorata degli interessi legali, in caso di risoluzione per inadempimento del concedente (comma 5); la restituzione dell’immobile e l’integrale acquisizione dei canoni a titolo di indennità, se non è stato diversamente convenuto nel contratto, nell’ipotesi di risoluzione per inadempimento del conduttore (comma 5).

Quasi certamente, nell’ipotesi in cui il conduttore non versi i canoni dovuti o non perfezioni l’acquisto entro il termine convenzionalmente fissato, il contratto si risolverà per inadempimento: si può infatti ragionevolmente ritenere che il proprietario-concedente non abbia interesse ad agire ex art. 2392 c.c., al fine di ottenere l’esecuzione in forma specifica, risultando ben difficile che il conduttore moroso di alcuni canoni sia in grado poi di versare la residua somma dovuta per l’acquisto. È infatti più probabile che il concedente agisca per il rilascio dell’immobile, chiedendone la restituzione e trattenendo integralmente i canoni già percepiti a titolo di indennità, senza restituire – salvo differente convenzione – la quota versata dal conduttore quale normale canone di locazione (Bosso, Rollino, Rent to Buy, Il Sole 24 Ore, 2015, 17).

Difficoltà interpretative In assenza di chiari riferimenti normativi, e in considerazione di un pacifico orientamento giurisprudenziale che tende ad escludere la possibilità di applicare analogicamente la procedura di sfratto per morosità al di fuori dell’ambito dei contratti di locazione, da parte di alcuni si sostiene l’esperibilità del giudizio ordinario o, alternativamente, di un procedimento di cognizione sommaria ex art. 702- bis c.p.c.

Si è altresì sostenuto che, se il contratto è stato stipulato in forma di atto pubblico notarile esso, in caso di inadempimento del conduttore, potrà essere utilizzato come titolo esecutivo ex art. 474 c.p.c. (Fabiani, Studio n. 283-2015/C, Rent to buy, titolo esecutivo per il rilascio dell’immobile ed effettività della tutela giurisdizionale, 28 maggio 2015). [ Si veda il nostro Rent to buy: inadempimento e recupero dell’immobile. Il contratto come titolo esecutivo]

L’ inserimento della clausola risolutiva espressa Tuttavia resta controversa l’attribuzione all’atto pubblico di rent to buy dell’efficacia di titolo esecutivo per la consegna/rilascio: il prevalente indirizzo interpretativo configura infatti il rent to buy come un contratto del tutto autonomo e diverso rispetto alla locazione.

Una recente pronuncia resa in sede fallimentare ha ad esempio chiarito che il contratto di rent to buy disciplinato dall’art. 23 decreto cd. “Sblocca Italia” rappresenta un nuovo contrattonon assimilabile al contratto di locazione, e al quale non è di conseguenza applicabile la disciplina in materia di locazioni, con espresso riferimento alla durata minima (Trib. Verona, sez. fall., autoriz., 12 dicembre 2014).

Soccorrerebbe allora l’inserimento nell’atto pubblico di una clausola risolutiva espressa, in virtù della quale il contratto si scioglie automaticamente in caso di morosità: specificamente, in forza della dichiarazione unilaterale del concedente di volersi avvalere dell’effetto risolutivo di diritto di cui all’art. 1456 c.c., si produce la risoluzione, e spetta al conduttore provare, eventualmente in sede di giudizio di opposizione all’esecuzione, che l’inadempimento non è colpevole, nonché contestare in via più generale, nella medesima sede, l’avveramento della clausola risolutiva espressa.

Nell’ ambito della citata analisi del Consiglio nazionale del Notariato si afferma infatti che «in ipotesi di inadempimento del conduttore, se il contratto di rent to buy ha la forma dell’atto pubblico e contiene una clausola risolutiva espressa, nel nostro sistema processuale esiste la possibilità per il proprietario/concedente dell’immobile di agire legittimamente in sede esecutiva per ottenere il rilascio dell’immobile sulla base di un titolo esecutivo stragiudiziale (se del caso, muovendosi in una prospettiva di estremo rigore, ricorrendo anche ad un successivo atto pubblico, complementare rispetto al primo, contenente la dichiarazione del proprietario/concedente dell’immobile di volersi avvalere della clausola risolutiva espressa – cd. titolo esecutivo complesso) e, dunque, senza passare per un preventivo accertamento giurisdizionale (sia esso a cognizione piena o sommaria) del suo diritto» (Fabiani, Studio n. 283-2015/C, Rent to buy, titolo esecutivo per il rilascio dell’immobile cit.).

I “pericoli” del mancato acquisto

Nella prassi contrattuale, la forte crisi che il settore immobiliare sta negli ultimi tempi vivendo – anche a causa, da un lato, della difficoltà sempre più accentuata, per i potenziali acquirenti, di ottenere prestiti bancari e, dall’altro, dell’innalzamento della soglia di liquidità necessaria per affrontare l’acquisto di una casa – ha imposto il ricorso a strumenti alternativi per la compravendita degli immobili. Con la formula contrattuale del rent to buy – introdotta nel nostro ordinamento dall’art. 23, D.L. 12 settembre 2014, n. 133 (decreto cd. “Sblocca Italia”) –, i proprietari mirano dunque ad intercettare un numero più alto di potenziali acquirenti.

Tuttavia, può accadere che il processo di acquisto, destinato a concludersi entro il termine convenzionalmente fissato al momento della stipulazione del contratto di locazione, non si perfezioni per volontà del conduttore. Si può altresì verificare che il conduttore risulti moroso ed il proprietario si ritrovi nella condizione di dover agire giudizialmente per ottenere il rilascio dell’immobile medesimo.

O, ancora, che al bene, durante la fase di mero godimento, siano state apportate migliorie ed addizioni che non possono essere facilmente rimosse e che pregiudicano quindi lo stato manutentivo dell’immobile destinato ad essere immesso nuovamente sul mercato. In ogni caso, l’immobile, all’atto del rilascio, avrà quasi certamente subito un deprezzamento del valore in ragione dell’uso che di esso il precedente conduttore ne avrà fatto.

Un canone più elevato

A fronte del rischio che il conduttore opponga un rifiuto all’acquisto è quindi opportuno che, in fase di determinazione delle quote di canone da imputare rispettivamente in conto vendita e quale canone di locazione, si fissi un importo – di norma più elevato di un normale canone per il godimento dell’immobile – che il proprietario potrà poi trattenere e che possa, da un lato, compensare il minor valore di mercato che avrà l’immobile al momento del rilascio, dall’altro, indennizzare il proprietario per la mancata conclusione di affari: come anticipato, nell’ipotesi di mancato acquisto da parte dell’occupante, l’immobile non potrà più essere offerto come nuovo e il prezzo finale di vendita dovrà essere necessariamente ridotto; d’altro canto, durante il periodo di godimento da parte del conduttore e, soprattutto, nel lasso di tempo che gli deve essere concesso per decidere se procedere o meno all’acquisto, il proprietario non avrà la possibilità di condurre altre trattative per la stipula di un contratto di compravendita o di un altro contratto di rent to buy, con il rischio di probabili ritardi nella definizione di nuovi accordi negoziali.

Le pattuzioni negoziali Non si può poi escludere che, nella prassi, si prevedano acconti di prezzo o anche caparre confirmatorie versati prima della perfezione della vendita (definitiva): quello che però va chiarito è che dette somme devono restare distinte dai canoni di locazione comunque pattuiti, in quanto, a differenza di questi ultimi, sono destinate a confluire nel prezzo complessivo della vendita.

Le parti possono invero regolamentare, nell’esercizio dell’autonomia negoziale, tutta una serie di aspetti, introducendo specifiche previsioni, ad esempio, in materia di facoltà di recesso da parte del conduttore, con relative penali a suo carico, oppure l’obbligo di stipula, per il medesimo soggetto, di una polizza assicurativa a copertura di eventuali danni arrecati all’immobile e come garanzia per l’ipotesi in cui si sottragga all’acquisto.

Le parti possono altresì prevedere che il conduttore esegua, a sue spese e dietro autorizzazione del proprietario-concedente, i lavori di ristrutturazione che dovessero rendersi necessari, con detrazione integrale o parziale del relativo costo dal prezzo di vendita. In tal modo, il concedente non dovrà accollarsi interventi onerosi sull’immobile destinato alla vendita.

Si segnala infine un’ulteriore clausola che le parti potrebbero opportunamente inserire nel testo contrattuale: si tratta dell’«imputazione del pagamento parziale di quanto mensilmente dovuto dal conduttore (anche ai sensi dell’art. 1193 cod. civ.), per evitare che il pagamento parziale venga imputato a canone di godimento piuttosto che ad acconto prezzo (o viceversa); ciò serve a impedire che il conduttore possa preordinare strategie per non portare avanti l’acquisto cercando però di attenuare le conseguenze giuridiche della sua inadempienza e ostacolare la liberazione dell’immobile» (Bosso, Rollino, Rent to Buy, Il Sole 24 Ore, 2015, 17-18).
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