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Euro, …la festa è finita!

Cari amici,

godiamoci l’ ultimo giorno di relativa tranquillità, perchè da domani avremo di che preoccuparci.

Tutto il vociare dei nostri politicanti, che starnazzano in cerca di soluzioni diverse dal mettere seriamente mano al portafogli, non fermerà la mano di chi già sente l’ odore del sangue.

Gli Stati Uniti, quando si sono trovati sull’ orlo del baratro, hanno regalato alle banche ben 700 miliardi di dollari, e da allora il tasso di sconto praticato dalla Fed è vicino allo O.

Quì da noi, a parte le solite grida polemiche di questo e di quel politico, ancora non si sono viste soluzioni pratiche, che in sostanza possono essere solo due:

O la BCE si compra i debiti greci a tasso 0, pagandoli con un emissione di debito sottoscritto da tutti i paesi UE, oppure si lascia la Grecia fuori dall’ Euro.

Non credo proprio che i nostri politicanti europei, oggi, abbiano la forza politica per praticare scelte di questo genere.

Pertanto, cari miei, lunedì l’ Euro subirà l’ ultima spallata a difese ormai quasi sguarnite, e poi ci troveremo in una situazione nuova e inaspettata.

Allora sapremo se l’ Europa è una nazione che ha voglia di crescere politicamente, oppure è solo un’ associazione economica di paesi che non ha alcun desiderio di diventare nazione.

Una cosa è sicura:

Il nostro futuro non riusciremo a costruirlo su questa economia, perchè ormai è diventata succube di una finanza impazzita e senza controllo.

La politica deve tornare a comandare, e per farlo deve trovare il coraggio di superare la logica monetaria di mercato, la quale distorce il valore delle cose e ci costringe dentro una logica inumana.

Dobbiamo avere il coraggio di ammettere che stiamo sbagliando strada, perchè altrimenti continueremo a pagare un prezzo che ormai non ci possiamo più permettere!

Arrivederci a lunedì

Wall Street Italia.com

(WSI) – La crisi dei mercati scatenata dal caso euro e’ “sistemica”: lancia l’allarme, molto tardivo e a questo punto di nessuna credibilita’, il presidente della Banca centrale europea Jean-Claude Trichet ai leader dell’eurozona durante il vertice straordinario tenutosi a Bruxelles, durato 6 ore e conclusosi a tarda notte.

L’ultima trovata, dopo lunghissime trattative, puzza lontano un miglio di mossa disperata: i membri dell’Europa puntano adesso a creare un “fondo di emergenza” detto anche “meccanismo di stabilizzazione europea” per fermare l’effetto contagio che si sta diffondendo come un virus dalla Grecia ai paesi deboli ad alto debito, compreso il nostro. Questo piano pare fin d’ora un’idea risibile, anche non se ne conoscono i dettagli poiche’ questi geni dei nostri burocrati si vedranno ancora durante il weekend, giusto in tempo per approvare il draft prima dell’apertura dei mercati azionari e obbligazionari lunedi’ 10 maggio.

Il presidente francese Nicolas Sarkozy e’ l’unico passato stanotte alle cronache delle grandi agenzie internazionali (ma Berlusconi non era imprenditore, e non dovrebbe capire qualcosa di economia piu’ degli altri?); Sarkozy ha affermato che il blocco europeo difendera’ l’euro “attaccando direttamente gli speculatori, senza pieta’”. “Molto presto sapranno una volta per tutte che cosa abbiamo in programma per loro” ha minacciato il presidente francese. Noi che siamo scettici sappiamo gia’ come reagiranno i mercati: saranno feroci giustamente, bocceranno tutto il bocciabile, la speculazione si accanira’ senza tregua e con cinismo doppio e triplo contro i paesi PIIGS, punendo con violenza i peggiori come si compete per incompetenti e bugiardi (Atene ha raccontato menzogne per anni truccando i bilanci come possiamo essere sicuri che anche Roma non faccia lo stesso? E infatti nessuno lo sa).

Da notare che Sarkozy non ha voluto fornire dettagli su questo fantomatico “piano di emergenza” per non “minacciarne l’efficia” (tradotto in parole povere: non ha voluto scoprire le carte nei confronti della speculazione altrimenti quest’ultima potrebbe “vedere” il bluff in anticipo prima dell’apertura dei mercati).

Comunque tutti e 27 i ministri finanziari dell’ Unione Europea (per l’Italia Giulio Tremonti) si vedranno per un’altra riunione di emergenza domenica pomeriggio per mettere a punto il draft. Nelle sale trading delle banche d’affari aspettano con ansia, come in un video gioco in cui si sa chi vince perche’ si conoscono gia’ tutte le scappatoie e trappole.

Le misure europee, nelle intenzioni, dovrebbero servire per prevenire lo scenario in cui la crisi dei debiti sovrani scuote alle fondamenta la fiducia dei cittadini nell’euro, che ha compiuto 11 anni ma non e’ maturato neanche un po’ per colpa di genitori irresponsabili.

Poi le solite parole di facciata, altre munizioni per le armi di distruzione di massa degli speculatori. “Difenderemo l’euro a qualsiasi costo” ha detto il presidente della Commissione Europea Jose’ Barroso finito il meeting (nota: l’euro questa settimana ha perso -4.3% e -15% da novembre; i titoli di Stato e i CDS europei (credit default swaps) sono saliti venerdi’ ai massimi storici (robe da vera recessione, perdita di fiducia, profonda avversione al rischio percepito).

“Difenderemo l’euro a qualsiasi costo” non e’ certo una cosa intelligente da dire da parte del signor euroburocrate. Non esiste sui mercati finanziari una strategia portata avanti “a qualsiasi costo” in quanto appunto costerebbe troppo perseguirla: ci si dissanguerebbe per motivi “ideologici” mentre la realta’ magari nega brutalmente l’assunto. “You take your loss” dicono saggiamente gli americani in simili casi. Cioe’: prendiamoci questa perdita, mettiamola in bilancio, ok non e’ una bella cosa ma forse e’ meglio far uscire questi cialtroni dei Greci dall’Europa. Ridiamogli pure la dracma, efgaristo’.

E’ l’unica vera doccia fredda o mossa radicale che il mercato amerebbe vedere, poiche’ varrebbe da esempio e stimolo a non fare altrettanto per gli altri irresponsabili PIIGS come noi italiani, gli spagnoli, i portoghesi. Se vogliamo stare al gioco della correttezza fiscale, signor Tremonti, bisogna rispettare le regole senza blaterare ma facendo quadrare i conti. Con le nostre furbizie di sempre, simboleggiate al governo da Berlusconi in persona, ormai non si va piu’ da nessuna parte. La borsa punisce, la creativita’ e fantasia italiane non pagano. Bisogna che i nostri politici capiscano che gli americani sono l’esempio da seguire, Washington e New York si’ che fanno sul serio (a Wall Street una perdita di -9.2% del Dow Jones giovedi’ ha cancellato in mezz’ora $1 trilione di dollari, prima dei recuperare). Anche se sono numeri kolossal, l’Europa e l’Italia devono capire che dobbiamo cominciare a fare sul serio per non incappare nelle stesse punizioni.

Tornando alla riunione di Bruxelles, in precedenza il presidente della Commissione Ue Durao Barroso e il presidente francese Sarkozy avevano espresso insoddisfazione per il testo di dichiarazione che dovrebbe uscire domenica dal vertice. A loro giudizio il messaggio “e’ ancora troppo debole” e “non contiene segnali abbastanza forti per un’azione rapida, cosi’ come richiesto dalla situazione”.

Cio’ lascia presupporre che finalmente potrebbero cominciare a volare gli stracci, in quella patetica parvenza di governo europeo che e’ ormai la UE, proprio grazie ai duri cali di borsa, della moneta, dei titoli di Stato. Nessuno per mesi ha deciso nulla ne’ a Francoforte ne’ a Bruxells. Per fronteggiare la devastante crisi finanziaria scoppiata in America nell’ottobre 2008, Washington ha dibattuto pergiorni al Congresso, anche con aspri litigi tra democratici e repubblicani, ha soppesato e valutato le misure urgenti da prendere, ma alla fine un immane piano di salvataggio da oltre $750 miliardi di dollari e’ stato approvato, allo scopo di evitare all’America la terribile accoppiata crash/recessione.

In Europa all’inizio nessuno aveva capito cosa accadeva, oppure se lo aveva capito per mesi non ha voluto ammettere in pubblico la gravita’ della situazione (debiti pubblici fuori controllo, conti truccati, pesante arretramento delle economie, disoccupazione record, maxi-debiti e asset tossici nel sistema bancario). Adesso la consapevolezza c’e’, ben chiara, e tutti hanno sbattuto contro il muro. Eppure all’UE e alla BCE ancora chiacchierano, ipotizzano, valutano, si riuniscono, pensano di approvare… Ma ci facciano il piacere! A casa tutti, da Trichet in giu’.

Solo per fare un raffronto concreto, valutate la sinteticita’ e consapevolezza di un vero investitore/speculatore di fronte ai drammatici eventi di questi giorni: “O l’Unione Europea si decide a prestare soldi ad Atene ad un tasso dello 0% oppure la Grecia dovra’ ristrutturare il debito“. “L’euro resistera’, ma si va verso un’eurozona piu’ piccola, con i paesi deboli fuori”. Parole di Mohamed El-Erian, un signore che gestisce Pimco, il piu’ grande fondo obbligazionario del mondo con un patrimonio di $1 trilione di dollari.

Parole di verita’, quelle di El-Erian. Esatto: la Federal Reserve americana – nell’iconografia popolare dei trader di Wall Street soprannominata “elicottero Bernanke” (il chairman Fed che da un elicottero sorvola il territorio Usa gettando dall’alto dollari, liquidita’, denaro) – la Fed, dicevamo, nel momento di massima crisi del 2008 e’ intervenuta in modo massiccio, con una forza d’urto immensa, per risollevare un mercato finanziario in coma. Ancora oggi la Banca Centrale degli Stati Uniti 18 mesi dopo presta denaro alle banche Usa ad un tasso compreso tra lo 0.0% e lo 0.25%. Una valanga obbligata di cash per evitare l’apocalisse. E’ chissa’ per quanto tempo durera’.

Da Trichet & Soci, espressione di un’Europa senza volonta’ politica, senza omogenita’ di culture e lingue, che non ha esercito ma solo una moneta che potrebbe anche essere quella di Monopoli e non farebbe gran differenza; da Trichet & C., invece, solo piccoli aborti, mezze frasi, piani stitici, dichiarazioni fuorvianti. Soprattutto: no al denaro a tassi zero e no al riacquisto di bond dei paesi in difficolta’. Il che equivale ad ammettere: misure concrete nada, nein, nulla, rien. Allora scusate, che ci state a fare ai vertici di quest’Europa?

Che senso ha per esempio cari euroburocrati e signori della BCE, continuare a insistere con quell’idiozia del rapporto deficit/pil fissato rigidamente (dal 1999) al 3.0%, quando tutti i paesi si posizioneranno in media al 6.6% nel 2010 e al 6.1% nel 2011? Cambiamolo, questo parametro. Aggiustiamolo alla realta’ di oggi. Bisogna essere flessibili e non ideologici, la rigidita’ e la poca agilita’ ha estinto i dinosauri ma preservato la vita a piccoli volatili, in epoche antiche di sommovimenti violenti.

Se la Grecia, un paese con tanta storia, arte e filosofia si’, ma irrilevante nella geo-politica globale per forza di pil e popolazione (appena 11 milioni di persone di cui 4.5 milioni lavorano nel parassitario settore pubblico in un’economia come quella UE di poco inferiore a quella Usa); se la Grecia oggi e’ in grado di mandare a scatafascio il castello di carte su cui si fonda l’euro, che senso ha mantenere in piedi tutto l’ambaradam? Che senso ha stanziare 140 miliardi di dollari per salvare una nazioncina parte di un blocco economico da $12 trilioni di dollari quando incertezze e rigidita’ di gestione rischiano di affossare gli altri paesi legati da questo patto ormai scellerato? Atene fuori, addio Mikonos, Santorini e l’Acropoli. E il patto Ue, si puo’ anche riscrivere no?

Immaginiamo se la speculazione cominciasse veramente (ma sul serio) ad attaccare gli stati a pil forte e debito fuori-misura: nell’ordine appunto Italia, Spagna, Portogallo, Irlanda, Portogallo, Grecia (l’acronimo dei famosi P.I.I.G.S. di cui parliamo sempre qui su WSI dovrebbero in verita’ essere I.S.I.P.G. ma ovviamente il doppio significato di “maiali” risulta piu’ efficace; vedere a questo proposito un bellissimo grafico del New York Times, proposto da un utente nei Commenti a questo articolo, con le proporzioni numeriche di debiti e intrecci debitori tra i vari paesi europei). Bhe’, come si vede chiaramente dal disegno, fino ad ora non abbiamo bevuto che l’aperitivo di quel che si prospetta per gli speculatori come un lauto pranzo e per noi cittadini come un disastro non solo annunciato ma ineluttabile (mentre il premier pensa di piu’ a come censurare la satira della Dandini in Rai: ma ci faccia il piacere, sig. premier!). Stando cosi’ le cose i signori speculatori mondiali ovunque essi si annidino non sono cattivi, fanno solo il loro mestiere che e’ perfino utile in casi simili, per smascherare ipocrisie e inadeguatezze della “Casta”, che purtroppo si ripercuotono negativamente sullo standard di vita di noi cittadini.

Insomma siamo in balia – detto con molta prudenza e cautela – di una classe dirigente di politici italiani ed europei incompetenti, per non dire collusi e conniventi.

Trichet era il personaggio che due anni fa, nel momento in cui l’euro aveva tassi molto piu’ alti rispetto al dollaro, dichiarava tronfio: “I fondamentali sono solidi, l’economia dell’eurozona e’ solida, noi in Europa e la nostra moneta siamo solidi (s’e’ visto, col senno di poi…). Ebbene i Trichet sono ovunque purtroppo in questa disgraziatissima Europa.

Facciamo un altro rapido esempio terra-terra con uno dei nostri politici.

Ieri su SkyTG24 (l’unica televisione vedibile in Italia per capire come vanno davvero le cose) abbiamo ascoltato una dichiarazione dell’Umberto Bossi, poveretto, che farfugliava col suo idioma strascicato da post-ictus… alcune tesi come dire? leghiste? su economia, debito, mercato.

Diciamo subito la verita’: tali imbecillita’ – di questo si tratta – non dovrebbero essere consentite ad un ministro del governo della Repubblica Italiana nonche’ massimo alleato del presidente del consiglio Silvio Berlusconi nella slabbrata coalizione di centro-destra. Non c’e’ scusante che tenga, neppure la malattia. “Noi italiani siamo fortunati – ha blaterato a fatica il Senatur federalista/secessionista – noi italiani siamo fortunati…. perche’ abbiamo un ministro dell’Economia fantastico come il Tremonti…. lui ci ha curato la tenuta dei conti… ci ha tenuto a galla anche nei momenti difficili… e infatti l’Italia sta meglio degli altri paesi… le banche italiane sono solide… Tremonti e’ come una brava massaia che ha risparmiato per non spendere troppo nei momenti di crisi”. Testuali parole.

Ora dite voi se non e’ giusto, sacrosanto, addirittura liberatorio che gli speculatori – che certo stupidi non sono – non abbiano avuto assolutamente ragione venerdi’ a far schizzare al rialzo il CDS Italia(PREZZI DEI CDS ITALIA PER GLI ABBONATI A INSIDER) – credit default swap, cioe’ lo strumento finanziario utilizzato come copertura assicurativa contro un’eventuale bancarotta del paese – al massimo assoluto di tutti i tempi, praticamente al livello del Kazakistan e subito dopo Portogallo e Spagna. Ecco: la speculazione serve anche a smascherare i cialtroni e furbi a tempo pieno come Bossi, che per le loro trame jurassiche (la Padania? la secessione? il federalismo?) tengono in scacco l’Italia proprio nel momento piu’ drammatico degli 11 anni di vita dell’euro e del paese. “Brava massaia”: certo come no. Ma ci faccia il piacere, Senatur. Studi un po’ di macroeconomia, oppure taccia.

“Questi giocano col fuoco” – come disse giustamente la Emma Marcegaglia venerdi’ in uno dei pochi (forse l’unico) sound-bite degno di nota in tempi recenti; “giocano col fuoco” ma non l’hanno ancora capito. Non sanno nulla, i nostri governanti, per ignoranza, ignavia o perche’ vivono da ricchi blindati nel lusso, scarrozzati da auto-blu’, circondati da scorte e poliziotti, spupazzati in cene, festini, inaugurazioni. “Questi qui” non sono consapevoli che la festa e’ finita, il vento e’ cambiato, la storia e l’economia globale impongono scelte diverse, coraggiose, dolorose, non da Grande Fratello. Classi dirigenti di questa fatta non sono piu’ in grado di governare un paese moderno e vitale che ha bisogno come l’aria di intelligenza, stimoli, progetti, giovani, investimenti, futuro, dinamismo, coraggio, visione. Questa classe dirigente ha fallito, lo sappiamo tutti che non ci porta da nessuna parte e anzi ci fa arretrare.

Il sole 24 ore

Tra la politica e i mercati finanziari di rado si crea una sintonia. Più spesso prevalgono le incomprensioni che possono degenerare in tensioni. Quanto sta accadendo in questi giorni è emblematico: il pollice verso che i mercati hanno alzato contro la Grecia e le analisi diffuse dagli analisti sui rischi di contagio del malessere ellenico ad altri paesi hanno scatenato la reazione dei governi.
È bene dire subito che alcune esasperazioni dei politici, certi toni da «dagli all’untore», in un periodo delicato come quello attuale, sono deprecabili. In un clima così difficile basta poco per innescare moti di piazza e gesti inconsulti: scatenare i Black bloc contro le banche e la finanza non giova a nessuno. Come non è utile creare un humus favorevole a ritorni di fiamma per uno statalismo dirigista di cui, talvolta, si avverte la nostalgia in alcune posizioni politiche. Per esempio, in Italia, della Lega. D’altro canto è abbastanza sorprendente la fretta con cui il mondo, o buona parte di esso, sta cercando di ripristinare la regola aurea messa duramente alla prova dalla crisi del 2008: il mercato ha sempre ragione. La storia dovrebbe avere ormai insegnato che non è vero. Purtroppo, perché sarebbe bello potersi fidare di un comandamento tanto semplice e lineare.

E invece il mercato è fatto di uomini i cui comportamenti sono ispirati a logiche che con il benessere collettivo spesso non hanno nulla a che fare. La stessa scuola economica di Chicago, che tanto ha contribuito alla costruzione del mito dell’infallibilità o dell’efficienza del mercato, si è dovuta ricredere.
In questi mesi gli analisti macroeconomici delle grandi banche si sono esercitati nei più sofisticati esercizi di previsione sul debito pubblico dei vari paesi. Richiamando giustamente l’attenzione sull’elevato livello raggiunto in numerosi casi e sulla necessità di un'”exit strategy”. Sono gli stessi analisti che fino a poco tempo fa raccomandavano ai governi di sostenere l’economia, e di salvare le banche, con il denaro pubblico. Per evitare che la recessione degenerasse in depressione e che l’economia piombasse in una sindrome paragonabile a quella degli anni 30.
Era la ricetta giusta, non c’è dubbio. Ma adesso che i soldi sono stati pompati nel sistema e che i titoli del debito pubblico si sono accumulati nei portafogli degli investitori, quegli analisti si spaventano per l’ammontare dei bond da rinnovare e invocano politiche fiscali tanto restrittive da rendere inevitabile una nuova recessione.
Questo non significa che l’aggiustamento dei conti pubblici non vada fatto. Ci mancherebbe. Il corto circuito tra la politica e i mercati nasce proprio qui: gli operatori vogliono segnali chiari, tempestivi e non occasionali che le riforme si fanno, che le decisioni necessarie saranno prese. Chi governa deve rispondere senza esitazioni.
E bene non dare credito, fino a prova contraria, a colorite teorie cospiratorie, all’esistenza di una cupola della speculazione in cui Soros e altri finanzieri orchestrano i flussi del denaro. Allo stesso tempo non si può non registrare che la grande finanza prima è stata salvata, poi ha ripreso a fare profitti e sta spendendo un sacco di soldi per fare lobby contro le riforme dei mercati, soprattutto negli Usa. Intanto fa paura ai governi con lo spettro del default del debito pubblico.
In questo modo però la grande finanza rischia di far ripiombare il mondo negli anni bui della chiusura delle frontiere ai capitali, frenando anche quella globalizzazione dell’economia reale che tanti benefici ha portato anche nelle aree meno sviluppate del pianeta. Si dirà: «La finanza fa gli interessi dei suoi clienti». Ma è davvero così? Buttare un birillo al giorno e seminare i germi dell’instabilità significa tutelare chi investe? La stessa responsabilità che si invoca in chi fa politica deve essere il primo obbligo di chi fa finanza.

grandeindio:
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