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Privacy con limiti

Privacy con limiti

La privacy entra in condominio, ma non può ostacolare la corretta e trasparente gestione amministrativa della proprietà.

I condomini devono fornire tutti i dati pertinenti e necessari all’amministratore, che può "trattarli" – e quindi farne uso – in modo lecito e senza eccessi, solo per scopi collegati al l’adempimento del proprio incarico, per lo svolgimento delle attività di gestione e di amministrazione delle parti comuni, compresa quella di determinare le posizioni dei singoli proprietari rispetto alle spese deliberate dall’assemblea.

Di certo, comunque, l’amministratore non deve chiedere il consenso del condomino: è la stessa normativa della privacy a escluderlo.

I dati, da un lato servono a eseguire il contratto di mandato tra amministratore e condomini (articolo 12, lettera b, legge 675/96); dall’altro sono raccolti in virtù della norma che impone la presenza di un amministratore quando i condomini sono più di quattro (articolo 12, lettera a, legge 675/96).

E in ogni caso il consenso non è necessario per i dati personali raccolti prima dell’entrata in vigore della legge (8 maggio 1997).

È certo, dunque, che né il regolamento di condominio, né l’assemblea, né l’amministratore di propria iniziativa possono imporre il consenso del condomino al trattamento dei dati.

L’amministratore ha quindi il dovere di richiedere ai partecipanti al condominio i dati personali indispensabili per redigere l’anagrafico, senza però pretendere di acquisire quelli relativi a tutti i residenti, quali i conviventi dei condomini.

Per gli inquilini, l’obbligo del condomino-locatore di fornire i loro dati discende dal principio per cui anch’essi sono tenuti all’osservanza del regolamento di condominio.

I numeri telefonici, invece, possono essere utilizzati solo con il consenso dei diretti interessati oppure se già contenuti in elenchi pubblici.

Per permettere la corretta convocazione delle assemblee, inoltre, il condomino non può rifiutarsi di esibire copia del rogito d’acquisto, ovviamente "depurato" da tutti quei dati – quali il prezzo della compravendita – inutili per la gestione condominiale.

Simile documentazione può peraltro essere messa a disposizione anche degli altri proprietari, che possono richiederla per verificare la regolarità delle convocazioni e delle deliberazioni assembleari.

Né ci si può opporre alla richiesta di fornire i dati riguardanti altri due aspetti: l’effettivo uso della propria unità immobiliare, per valutarne la compatibilità con eventuali limiti previsti nel regolamento, e le modifiche strutturali, per la salvaguardia dell’interesse generale della statica e della sicurezza dell’edificio.

Allo stesso modo, non viola la privacy la norma contenuta nel regolamento di condominio che impone ai condomini di comunicare all’amministratore i cambiamenti del proprio indirizzo nonché i trasferimenti di proprietà dell’immobile.

Il Testo unico sulla privacy, all’articolo 21, stabilisce che i dati dei condomini possono essere comunicati a terzi estranei o diffusi solo con il consenso dell’interessato.

Il divieto vale anche per il portiere, i condomini e per chiunque – per ragioni di ruolo o per caso – venga a conoscenza di un dato personale.

Ma tutto questo non vale nei rapporti tra i singoli condomini, che – ai fini della privacy – sono considerati contitolari del trattamento e, come tali, legittimati a ricevere le comunicazioni dei dati personali riguardanti il condominio e quelli relativi agli altri partecipanti.

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