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Esente la prestazione occasionale pagata con voucher

Anche in virtù della Legge Fornero di riforma del mercato del lavoro (L. n. 92/2012), che ha ridefinito il perimetro di utilizzabilità delle prestazioni occasionali di tipo accessorio di cui agli artt. 70 ss. del DLgs. 276/2003, il ricorso a rapporti lavorativi occasionali, con remunerazione tramite il sistema dei “buoni lavoro” o “voucher”, risulta sempre più diffuso sul territorio nazionale: con tale sistema, i committenti, che acquistano i buoni presso le sedi INPS, gli uffici postali, le banche, le tabaccherie o in via telematica, corrispondono ai lavoratori, che potranno poi riscuotere l’importo netto del voucher stesso presso gli uffici postali o nelle altre modalità allo scopo indicate, il compenso per la prestazione lavorativa.

Secondo la nuova formulazione legislativa, per “prestazioni di lavoro accessorio” si intendono le attività lavorative di natura meramente occasionale che non generano, salvo specifiche deroghe, redditi superiori a 5.000 euro nel corso di un anno solare con riferimento alla totalità dei committenti.

Il pagamento viene effettuato tramite l’erogazione dei buoni, che, ordinariamente, hanno un valore nominale di 10 euro.

Come noto, ciascun voucher è comprensivo dei contributi per la Gestione separata INPS (13%), della copertura assicurativa INAIL (7%) e di una quota per le spese del
servizio (5%), residuando, quindi, un valore netto del buono di 7,50 euro.

Passando al trattamento fiscale, va evidenziato come, a parità di servizi resi, rispetto ad altre tipologie di inquadramento del lavoro episodico ancora contemplate dalla disciplina giuslavoristica accanto al lavoro accessorio ex art. 70 del DLgs. 276/2003 – tra cui, per quanto qui interessa, l’ordinario rapporto di lavoro autonomo occasionale ex artt. 2222 ss. c.c. – l’inquadramento giuridico­remunerativo della prestazione nel mondo dei “voucher” riduca il carico fiscale IRPEF del percettore delle somme e consenta comunque, in caso di lavoro utilizzato nel contesto domestico, di conservare i benefici della deducibilità del carico previdenziale rimasto a carico del datore di lavoro.

I proventi da “generico” lavoro autonomo occasionale, ancorché la prestazione fornita sia episodica, saltuaria, non programmata né organizzata, derivano comunque da contratti d’opera ex artt. 2222 ss. c.c..

Sotto il profilo fiscale, essi ricadono nei redditi diversi (art. 67, comma 1, lett. l del TUIR), con imponibile costituito dalla differenza tra l’ammontare dei compensi percepiti nel periodo d’imposta (principio di cassa) e le spese specificamente inerenti alla loro produzione (art. 71, comma 2 del TUIR).

Ai sensi dell’art. 25 del DPR 600/1973, inoltre, il committente, all’atto del pagamento, deve operare, in qualità di sostituto d’imposta, una ritenuta del 20% a titolo d’acconto, se si tratta di lavoratori residenti in Italia (art. 2, commi 2 e 2­bis del TUIR), ovvero una ritenuta del 30% a titolo d’imposta, se si tratta di lavoratori non residenti.

Infine, entro il 28 febbraio dell’anno successivo a quello di corresponsione dei compensi, il committente è tenuto a rilasciare una certificazione riassuntiva degli importi erogati, delle ritenute operate e versate e degli eventuali contributi trattenuti e versati, che il lavoratore utilizzerà per la compilazione della dichiarazione dei redditi (rigo D5 del modello 730 o rigo RL15 del modello UNICO).

Diversamente, il compenso del prestatore che svolga attività occasionali accessorie è esente da IRPEF e da qualsiasi imposizione fiscale e non incide sullo stato di disoccupazione o inoccupazione dell’interessato (art. 72, comma 3 del DLgs. 276/2003).

Conseguentemente, detti proventi, salvo diverse indicazioni del Fisco, non devono essere indicatinella dichiarazione dei redditi.

Appare, inoltre, utile segnalare che, con la circolare n. 19 del 1° giugno 2012, punto 5.3, l’Agenzia delle Entrate ha affermato che le prestazioni occasionali accessorie rese nell’ambito di lavori domestici, pur non riferibili alla legge sul rapporto di lavoro domestico, siano comunque da ricomprendere tra quelle rese dagli addetti ai servizi domestici di cui all’art. 10, comma 2 del TUIR.

Ne consegue che i contributi previdenziali versati attraverso i buoni lavoro per colf, badanti e addetti alla casa possono essere dedotti dal reddito complessivo, per la quota di onere contributivo rimasta a carico e comunque per un importo non superiore a 1.549,37 euro.

Detta quota, è bene ricordarlo, rimane ad integrale carico del committente: al lavoro occasionale accessorio non è, infatti, applicabile il criterio generale di ripartizione del carico previdenziale tra committente e prestatore di lavoro previsto dall’art. 2, comma 30 della L. 335/1995 (istitutiva della Gestione separata INPS) e, quindi, i contributi
previdenziali, pari al 13% del valore nominale del voucher, sono totalmente a carico del committente.

Ai fini della deduzione, egli dovrà conservare la documentazione indicata dall’Agenzia nella circ. citata ed autocertificare che detta documentazione è relativa esclusivamente a prestazioni di lavoro rese da addetti ai servizi domestici.

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