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Decrescita felice

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Decrescita felice
L’ Associazione è apartitica ed aconfessionale; essa non ammette discriminazioni di razza, di sesso, di lingua, di religione e di ideologia politica e non persegue alcun fine di lucro soggettivo.
L’Associazione si propone di:

I) ridurre fenomeni quali (a titolo esemplificativo e non esaustivo):
a) lo sfruttamento delle risorse naturali;
b) gli sprechi, le inefficienze e gli usi impropri di energia;
c) la produzione di merci;
d) la mercificazione dei beni;
e) la produzione dei rifiuti;
f) la specializzazione e la frammentazione del lavoro ed in genere delle attività umane;
g) il tempo dedicato al lavoro retribuito;
h) il ruolo dei soggetti economici nella vita e nelle decisioni delle comunità;
i) la separazione della cultura del come (“tecnico-scientifica”) da quella del perchè (“umanistica”);
j) la mercificazione delle idee e dei saperi;
k) l’impatto ambientale dell’agire umano;

II) incrementare fenomeni quali (a titolo esemplificativo e non esaustivo):
A) l’autoproduzione e lo scambio non commerciale di beni e servizi;
B) il ruolo sussidiario della produzione e dello scambio mercantili, quale strumento di soddisfacimento dei bisogni dell’uomo, rispetto ad altre forme di organizzazione della vita delle comunità;
C) la produzione ed il consumo di alimenti biologici;
D) le filiere di produzione e di distribuzione corte e gli acquisti collettivi;
E) la libera circolazione delle idee e dei saperi;
F) l’utilizzo di fonti di energia rinnovabili;
G) la tutela delle diversità (biologiche, culturali, ecc…);
H) l’uso di tecnologie e sistemi produttivi che ottimizzano l’utilizzo delle risorse naturali ed energetiche;
I) la durata della vita utile delle merci;
J) le tecniche e i saperi artigianali;
K) la finanza etica e l’economia no-profit;
L) la responsabilizzazione dei soggetti economici rispetto alla produzione di esternalità negative;
M) l’imprenditorialità attenta alla crescita umana di coloro che lavorano nell’impresa e dei fruitori dei prodotti che l’impresa produce;
N) l’accesso al lavoro, alla vita sociale, alla fruizione di strumenti o servizi da parte di coloro che oggi il mercato esclude;
O) la partecipazione, la convivialità, la fiducia reciproca dell’agire umano nelle comunità di appartenenza;
P) la solidarietà tra i popoli e tra le persone per la costruzione di rapporti basati sul rispetto della persona;
Q) la trasmissione dei saperi e il confronto fra le generazioni;
R) il ruolo della famiglia, comunque composta, come nucleo di base della comunità e luogo naturale di apprendimento dei valori non utilitaristici cui la stessa etimologia del termine (comunità = “cum munus” – “con dono”) fa riferimento;
S) le comunità locali con economie autocentrate.

Per capire cosa sia la decrescita, e come possa costituire il fulcro di un paradigma culturale capace di orientare sia le scelte di politica economica, sia le scelte esistenziali, è necessario in via preliminare fare chiarezza su cosa è la crescita economica. Generalmente si crede che la crescita economica consista nella crescita dei beni materiali e immateriali che un sistema economico e produttivo mette a disposizione di una popolazione nel corso di un anno. In realtà l’indicatore che si utilizza per misurarla, il prodotto interno lordo, si limita a calcolare, e non potrebbe fare diversamente, il valore monetario delle merci, cioè dei prodotti e dei servizi scambiati con denaro. Il concetto di bene e il concetto di merce non sono equivalenti. Non tutti i beni sono merci e non tutte le merci sono beni.
La frutta e la verdura coltivate in un orto familiare per autoconsumo sono beni qualitativamente molto migliori della frutta e della verdura acquistate al supermercato.
Ma non passano attraverso una intermediazione mercantile, per cui non sono merci.

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