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Assegnazione della casa alla moglie, condominio, spese e assemblea

Quali sono le conseguenze, nei confronti del condominio, del provvedimento del giudice che, dopo la separazione tra i coniugi, assegni l’immobile alla donna (collocataria dei figli), anche se la proprietà è del marito? Chi dovrà partecipare alle assemblee (e, di conseguenza, avrà diritto a essere convocato dall’amministratore) e chi dovrà pagare i relativi oneri condominiali?

A chiarirlo sono due recenti sentenze della Cassazione [1].

In caso di separazione – afferma la Suprema Corte – il responsabile del pagamento delle spese di condominio resta comunque il coniuge titolare dell’immobile. Questo perché le vicende tra marito e moglie riguardano solo i loro rapporti interni e non toccano invece il condominio: per quest’ultimo, l’unico e solo interlocutore (sia sul piano attivo, dei diritti, che passivo, degli obblighi) resta il proprietario dell’appartamento e non colui che ne ha il mero godimento.

Dunque, l’amministratore non ha rapporti diretti con i soggetti che, a qualsiasi titolo, utilizzino le unità immobiliari (come, del resto, in caso di affitto, avviene nei confronti dell’inquilino). Parimenti l’invito di convocazione dell’assemblea deve essere inviato esclusivamente all’intestatario dell’immobile (in caso contrario, la convocazione è annullabile); ed è sempre a quest’ultimo che il “capo condomino” dovrà chiedere la quota delle spese relative alla gestione dei beni comuni.

Risultato: se il proprietario dell’appartamento non paga le spese condominiali, il condominio non potrà girare la richiesta al coniuge assegnatario dell’immobile che non ne sia, anche, proprietario, il quale non deve, neppure, essere convocato in assemblea.

La Cassazione ha infatti ricordato che, in materia condominiale, non vale il principio della cosiddetta “apparenza”: in pratica, l’amministratore deve convocare in assemblea solo il vero proprietario dell’appartamento e non anche colui che si comporti come condomino senza però esserlo (cosiddetto condomino apparente).

Ricordiamo che l’assegnazione della casa coniugale in favore di uno dei due coniugi (di norma, la moglie) può avvenire solo in presenza di tre condizioni:

– che la coppia abbia avuto figli;
– che detti figli siano stati allocati presso il coniuge assegnatario della casa;
– che i figli siano ancora minori o non autosufficienti economicamente.

Di conseguenza può essere revocata l’assegnazione della casa quando la prole smetta di convivere con il genitore collocatario o finché non abbia raggiunto una stabilità economica che consenta loro di vivere autonomamente.

Una cosa, però, sono i rapporti tra i coniugi e il condominio, un’altra quelli interni tra i coniugi (o meglio, gli ex coniugi). Infatti, il giudice della separazione, nell’assegnare la casa al genitore con il quale convivano i figli, potrebbe stabilire che quest’ultimo debba però rifondere, al legittimo proprietario dell’immobile, quanto meno le spese condominiali. Dunque, se è vero che il diritto di godimento dell’appartamento è a titolo gratuito, non è detto però che il beneficiario del tetto non debba contribuire alle spese correlate a tale uso, quali quelle condominiali, che riguardano la manutenzione delle cose comuni, poste a servizio anche della casa familiare: queste ultime – secondo la Cassazione [2] – devono gravare sul coniuge assegnatario.

Resta fermo il fatto che, se il coniuge assegnatario non paga tali spese al proprietario, il condominio potrà agire (con decreto ingiuntivo provvisoriamente esecutivo) solo nei confronti di quest’ultimo e non del primo.

In pratica il coniuge proprietario resta obbligato in prima persona al pagamento a favore del condominio, ma ha sempre il diritto a ottenerne il rimborso dall’altro.

[1] Cass. sent. n. 2616 del 9.02.2005; n. 8824 del 30.04.2015.
[2] Cass. sent. n. 374 del 3.06.1994 e n. 18476 del 19.09.2005.

http://www.laleggepertutti.it/95513_ass … -assemblea

 

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