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Ancora sui sottotetti

06 Febbraio 2006
Prime osservazioni sulle nuove norme per il recupero dei sottotetti.
Nozione di sottotetto esistente, sistema delle deroghe, poteri dei Comuni, titoli abilitativi.
di Dario HUELLER

3. Poteri e compiti dei Comuni (terza parte)
Sicuramente la parte più innovativa, quanto a contenuti, delle nuove norme sul recupero dei sottotetti è quella che riguarda i poteri e i compiti dei Comuni. Ma è anche la parte che rischia di più delle altre di riprecipitarci a gran velocità nel contenzioso che pensavamo di esserci lasciati alle spalle. Sulla base delle nuove norme, i Comuni possono ( possono, che è diverso da devono) fare tre cose: aumentare il contributo di costruzione fino a un massimo del venti per cento (come ho già avuto modo di dire settimana scorsa l’orientamento dello Sportello Unico del comune di Sesto San Giovanni è, al momento, per non aumentare il contributo di costruzione); individuare gli ambiti territoriali nei quali il reperimento degli spazi per la sosta è obbligatorio (è condizione di ammissibilità degli interventi) e non si può procedere alla monetizzazione (su questo punto l’assessore Pasqualino Di Leva è scettico, e mi ha comunicato, in via del tutto ufficiosa che, la questione verrà discussa nella prossima seduta della Giunta); disporre, anche in aggiunta alle zone C e D già deliberata ai sensi della legge n. 15/1996, l’esclusione dall’applicazione della disciplina del recupero dei sottotetti di altre parti del territorio comunale, di determinate tipologie di edifici e di determinate tipologie di intervento. L’ultima delle tre elencate non è cosa di poco conto, e mette nelle mani dei Comuni un potere estremamente significativo ed incisivo. Si possono infatti escludere parti del territorio comunale, tipologie di edifici e tipologie di intervento, con un effetto che, combinato, potrebbe anche portare all’esclusione non generalizzata, perché sarebbe in quanto tale illegittima, ma quasi generalizzata sì, dell’applicazione delle norme sul recupero dei sottotetti (a Sesto San Giovanni escluderei questo tipo di problema in quanto non esiste un vero e proprio centro storico, come le città storiche italiane, p.es. Roma). Naturalmente, la esclusione, in ciascuna delle sue componenti, deve essere adeguatamente motivata, e deve essere motivata – è così tanto ovvio che conviene dirlo – sulla base di ragionamenti urbanistico-edilizi: ragionamenti, nel senso che sarà necessario apprezzare e valutare le situazioni concrete in riferimento all’interesse pubblico, ragionamenti urbanistico-edilizi, nel senso che l’apprezzamento e la valutazione dovranno trovare un puntuale fondamento negli assetti urbanistici ed edilizi del territorio comunale. Credo però che la formulazione generica della norma regionale ce ne farà vedere di tutti i colori, e che così sarà anche perché i Comuni, se avranno intenzione di limitare il recupero dei sottotetti, lo vorranno e lo dovranno fare in tempi rapidissimi, o rischieranno di chiudere le stalle dopo che i buoi sono scappati. E la fretta non essendo, come si sa, una buona consigliera, farà approvare ai Comuni delibere sicuramente non perfette e difficilmente difendibili in giudizio, costruite sulla base di valutazioni per le quali non c’è stato il tempo invece necessario, e non c’è stato neppure il confronto con i cittadini, gli operatori, i professionisti. Tanto più perché le delibere (che avranno efficacia per cinque anni) sono di competenza del Consiglio Comunale, per il richiamo esplicito a quelle previste dalla legge n. 15/1996 e per la indiscutibile competenza del consiglio sugli indirizzi in materia urbanistico-edilizia. E un consiglio comunale, anche in un comune piccolo o medio, non si convoca e non si riunisce in un attimo. Si può scommettere che tutto ciò, messo insieme, genererà una conflittualità molto intensa, che avrebbe potuto essere evitata, almeno in parte, con un dispositivo normativo un pochino più intelligente e sofisticato, cioè assegnando ai Comuni un termine congruo per l’emanazione delle delibere, trascorso il quale si doveva intendere che i Comuni non avessero intenzione di farle. Si sarebbe perso, diciamo così, qualche mese in più, ma si sarebbe guadagnato in termini di certezza e di minor contenzioso (e comunque, le norme sul recupero dei sottotetti ormai ci sono e i diritti di edificazione che esse attribuiscono non possono essere messi in discussione). Resta il fatto che le delibere, con le loro limitazioni, saranno comunque approvate a una qualche distanza di tempo da quando la nuova legge entrerà in vigore, quando, cioè, alcuni operatori (pochi o tanti, ma si presume tanti) avranno già presentato, del tutto legittimamente, le domande di permesso di costruire, o più verosimilmente le DIA, per il recupero dei sottotetti. E con ciò si riaprirà inevitabilmente il vaso di Pandora, nel senso che si ripeterà pari pari tutta la vicenda che è già stata vissuta al momento dell’entrata in vigore della legge n. 12/2005, con un’altra impennata del contenzioso davanti al T.A.R.
A fronte delle limitazioni e delle esclusioni che interverranno, per effetto delle delibere, sulle domande di permesso di costruire in corso di istruttoria e sulle DIA presentate, ma per le quali non siano ancora trascorsi i trenta giorni, non c’è dubbio che gli interessati si difenderanno, in tutta legittimità, con le unghie e con i denti, perché non è la stessa cosa, dal punto di vista del profitto, costruire una palazzina di due piani con otto appartamenti e costruire una palazzina che, con il sottotetto recuperato, di appartamenti ne ha dodici. In conclusione , dall’applicazione di questa parte della legge dipende in misura notevole il suo successo o il suo insuccesso complessivi, e per questo occorre intelligenza e disponibilità al confronto da parte di tutti. Questa parte della legge, peraltro, se esprime un’attenzione interessante per le autonomie locali, soffre di un limite vistoso: porge ai Comuni un terreno di confronto e di scontro sulla questione dei sottotetti che, in quanto imperniato sulle esclusioni, è un terreno arretrato e pericoloso, per i Comuni e per tutti. La posta in gioco decisiva, sulla questione del recupero dei sottotetti, non è se ammettere il recupero o vietare il recupero, ma come il recupero si fa, perché il recupero dei sottotetti rimane, anche sotto il profilo culturale, un’idea condivisibile e interessante. E che il come sia il problema decisivo lo dimostrano esperienze negative come quella di Milano, dove la polemica è stata la conseguenza soprattutto delle “schifezze” (chiamiamole con il loro nome) che, in termini architettonici ed edilizi, si sono diffuse e hanno proliferato per la città; e di esperienze positive come quella di Vimercate dove, invece e al contrario di Milano, un regolamento edilizio impostato sulla qualità e sulla contestualizzazione degli interventi ha permesso di governare il recupero dei sottotetti senza conflittualità e con risultati interessanti dal punto di vista delle soluzioni architettoniche ( sì, qualche professionista ha osservato che, sulla base di quel regolamento, non sarebbe stato approvato nemmeno un progetto di Le Corbusier ma, come si sa, Le Corbusier non abita e non lavora a Vimercate). Il punto è però che il problema del come (il problema della qualità degli interventi) è totalmente estraneo anche alla nuova legge regionale, che non lo sfiora nemmeno da lontano, dimostrando così poca attenzione per quello che è successo nel recente passato e mettendo in evidenza una insufficienza culturale sconsolante. E’ scontato che una legge regionale non debba impicciarsi di quel che i Comuni devono o possono fare nei loro regolamenti edilizi (e, domani, nei loro Piani delle regole), ma perlomeno indicare il problema, dettare alcuni indirizzi generali, individuare lo strumento normativo dove affrontare il tema, il legislatore lo poteva, e lo doveva, fare. Non lo ha fatto, e così la legge regionale non è soltanto un atto dovuto, ma anche una occasione perduta, che molto difficilmente i Comuni da soli saranno capaci di rimontare.

Credo che la nostra Associazione possa colmare questa lacuna e debba affrontare, con le proprie capacità tecniche ed esperienze maturate nei singoli professionisti, in termini architettonici ed edilizi, un confronto con le Amministrazioni Comunali del Nord Milano. La proposta di un Convegno “mirato” nel mese di maggio potrebbe essere un’ipotesi su cui lavorare tutti insieme, nelle prossime settimane.

In merito alle decisioni di Giunta del Comune di Sesto San Giovanni, vi posso aggiungere quanto i tecnici comunali mi hanno riferito nel corso di questa settimana: <<i progetti edilizi presentati in questi giorni, con Permesso di Costruzione o D.I.A. sono stati sospesi d’ufficio, nell’attesa delle decisioni di Giunta>>. Venerdì mattina mi sono imbattuto, casualmente, con due giovani tecnici, amici, che operano a Sesto. Mi hanno raccontato che a fronte della richiesta di presentazione di una pratica edilizia di recupero di un sottotetto (in zona centrale) il Dirigente dello Sportello Unico per l’edilizia, geometra Nicoletta Sostaro, a seguito di colloquio con i due tecnici ha comunicato loro quanto ho riportato più sopra. I due giovani tecnici mi hanno chiesto un consiglio: <<come possiamo fare per presentare la richiesta e iniziare i lavori? Sai, non è che ci sia molto lavoro, per noi tecnici, a Sesto. Per il nostro cliente è importante investire in questo momento, se dovesse trascorrere troppo tempo, alla fine il nostro cliente lo perdiamo e addio lavoro>>. Devo dire, per onestà intellettuale, di avere consigliato ai due giovani tecnici, amici, ad avere ancora un po’ di pazienza (una settimana circa) dopo la quale, potranno presentare la richiesta edilizia. Quando questa nota sarà pubblicata sul sito, molto probabilmente la determina di Giunta sarà già esecutiva. Nella nota di settimana prossima sarò in grado di comunicarvi, quindi, i nuovi importi sul costo di costruzione, le decisioni prese in merito al reperimento degli spazi per la sosta e in materia di impatto paesistico.

Settimana prossima parleremo dei titoli abilitativi (quarta ed ultima parte).

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